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Dignità e diritti

Papa in Perù: a Puerto Maldonado, “La violenza contro gli adolescenti e le donne è un grido che sale al cielo”. Difendere “la vita dei più indifesi”, non sono “museo”

“La violenza contro gli adolescenti e contro le donne è un grido che sale al cielo”, ha denunciato il Papa nell’incontro con i popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado, ieri in Perù. 

Foto agensir.it

“La violenza contro gli adolescenti e contro le donne è un grido che sale al cielo”, ha denunciato il Papa nell’incontro con i popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado, ieri in Perù. “Mi ha sempre addolorato la situazione di coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone”, ha proseguito: “Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: ‘Dov’è tuo fratello?’. Dov’è il tuo fratello schiavo? Non facciamo finta di niente e non guardiamo dall’altra parte. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti!”. Dopo cinque secoli, le parole pronunciate da san Toribio nel III Concilio di Lima – “non solo nei tempi passati sono stati fatti a questi poveri tante offese e violenze con tanti eccessi, ma che anche oggi molti continuano a fare le stesse cose” – “sfortunatamente continuano ad essere attuali”. Per il Papa, “le parole profetiche di quegli uomini di fede sono il grido di questa gente, che molte volte è costretta al silenzio o a cui hanno tolto la parola”. “Quella profezia deve rimanere presente nella nostra Chiesa, che non smetterà mai di alzare la voce per gli scartati e per quelli che soffrono”, ha ammonito Francesco. Di qui “l’opzione primordiale per la vita dei più indifesi”, a partire dai “Popoli Indigeni in Isolamento Volontario” (Piav), “i più vulnerabili tra i vulnerabili”. “Il retaggio di epoche passate li ha obbligati a isolarsi persino dalle loro stesse etnie, iniziando una storia di reclusione nei luoghi più inaccessibili della foresta per poter vivere in libertà”, ha ricordato Francesco: “Continuate a difendere questi fratelli più vulnerabili”, l’appello, perché “la loro presenza ci ricorda che non possiamo disporre dei beni comuni al ritmo dell’avidità del consumo. È necessario che esistano limiti che ci aiutino a difenderci da ogni tentativo di distruzione di massa dell’habitat che ci costituisce”. “Il riconoscimento di questi popoli – che non possono mai essere considerati una minoranza, ma autentici interlocutori – come pure di tutti i popoli originari ci ricorda che non siamo i padroni assoluti del creato”, la tesi di fondo del Papa: di qui l’urgenza di “accogliere l’apporto essenziale che offrono a tutta la società, non fare delle loro culture una idealizzazione di uno stato naturale e neppure una specie di museo di uno stile di vita di un tempo. La loro visione del cosmo, la loro saggezza hanno molto da insegnare a noi che non apparteniamo alla loro cultura. Tutti gli sforzi che facciamo per migliorare la vita dei popoli amazzonici saranno sempre pochi”.

La cultura dei nostri popoli è un segno di vita. L’Amazzonia, oltre ad essere una riserva di biodiversità, è anche una riserva culturale che deve essere preservata di fronte ai nuovi colonialismi”. Ne è convinto il Papa, che nella parte finale del discorso pronunciato al Coliseo Madre de Dios di Puerto Maldonado si è soffermato sulla famiglia, che “è ed è sempre stata l’istituzione sociale che più ha contribuito a mantenere vive le nostre culture”. “In momenti passati di crisi, di fronte ai diversi imperialismi, la famiglia dei popoli originari è stata la migliore difesa della vita”, l’omaggio di Francesco: “Ci è chiesta una speciale cura per non lasciarci catturare da colonialismi ideologici mascherati da progresso che a poco a poco entrano e dilapidano identità culturali e stabiliscono un pensiero uniforme, unico… e debole”. “Ascoltate gli anziani”, il consiglio, perché “dispongono di una saggezza che li pone a contatto con il trascendente e fa loro scoprire l’essenziale della vita”. “La scomparsa di una cultura può essere grave come o più della scomparsa di una specie animale o vegetale”, il grido d’allarme del Papa, “e l’unico modo per far sì che le culture non si perdano è che si mantengano in dinamismo, in costante movimento”. Poi la citazione della testimonianza di Yésica e Héctor: “Vogliamo che i nostri figli studino, ma non vogliamo che la scuola cancelli le nostre tradizioni, le nostre lingue, non vogliamo dimenticarci della nostra saggezza ancestrale!”.

“Aiutate i vostri vescovi, i missionari e le missionarie affinché si uniscano a voi, e in questo modo, dialogando con tutti, possano plasmare una Chiesa con un volto amazzonico e una Chiesa con un volto indigeno”. Con questo invito il Papa ha concluso il suo discorso per l’incontro con i popoli dell’Amazonia a Puerto Maldonado. “Con questo spirito ho convocato il Sinodo per l’Amazzonia nel 2019”, ha proseguito, annunciando a braccio che “la prima riunione presinodale avverrà proprio qui, oggi pomeriggio”. “La scuola e l’educazione dei popoli originari dev’essere una priorità e un impegno dello Stato, impegno integrante e inculturato che assuma, rispetti e integri come un bene di tutta la nazione la loro sapienza ancestrale”, l’appello del Papa, chiedendo ai vescovi che, “come si sta facendo anche nei luoghi più isolati della selva, continuino a promuovere spazi di educazione interculturale e bilingue nelle scuole e negli istituti pedagogici e universitari”. “Molti hanno scritto e parlato su di voi. È bene che adesso siate voi stessi ad autodefinirvi e a mostrarci la vostra identità. Abbiamo bisogno di ascoltarvi”, le parole dedicate da Francesco a “tutti quei giovani dei popoli originari che si sforzano di elaborare, dal proprio punto di vista, una nuova antropologia e lavorano per rileggere la storia dei loro popoli dalla loro prospettiva”. “Non soccombete ai tentativi che ci sono di sradicare la fede cattolica dei vostri popoli”, l’invito ai presenti, insieme alla garanzia che “la Chiesa non è aliena dalla vostra problematica e dalla vostra vita, non vuole essere estranea al vostro modo di vivere e di organizzarvi. Abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese locali amazzoniche”. “Confido nella capacità di resilienza dei popoli e nella vostra capacità di reazione davanti ai difficili momenti  che vi tocca vivere”, l’auspicio finale: “Lo avete dimostrato nei diversi assalti della storia, con i vostri contributi, con la vostra visione differenziata delle relazioni umane, con l’ambiente e con l’esperienza della fede”. L’incontro nel Coliseo Madre de Dios si è concluso con i doni portati dai popoli originari al Papa: tra questi, una corona di piume rosse e gialle e una sorta di “cintura” da incrociare sul petto, tipici dell’abbigliamento di un capo indigeno.

Fonte: Sir
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