Ore 15:17 - Attacco al treno
Clint Eastwood pian piano si sta spostando verso un orizzonte sempre più plastico, fatto di valori burberi e sorrisi neghittosi. Dovrebbe continuare a fare cinema, misurarsi con l’arte, valori più alti. E invece rinchiude la sua poetica in un manifesto politico ristretto e angusto.
È vero: Eastwood ha sempre esaltato la bandiera a stelle e strisce, ma questa volta il suo film diviene patriottismo allo stato puro, un vero comizio urlato a squarciagola nelle sale.
La trama: è il treno Thalys n. 9364 del 21 agosto 2015, partito da Amsterdam e diretto a Parigi. Un caldo giorno estivo. Poco dopo la partenza del treno veloce da Bruxelles, appena giunto in territorio francese, un terrorista belga di origine marocchina, Ayoub El Khazzani, entrò in bagno per sfoderare il suo Kalashnikov e compiere una strage.
Fu solo un difetto nell’arma a evitare una vera carneficina, oltre al pronto intervento per neutralizzare l’assalitore di tre marine americani in licenza, Anthony Sadler, Alex Skarlatos e Spencer Stone. A questi ultimi venne conferita la prestigiosa Légion d’Honneur, e una terribile strage fu evitata, senza poter purtroppo impedire quello accaduto meno di tre mesi dopo fra St.Denis, vari locali di Parigi e il Bataclan...
Eastwood parte ancora da una storia vera, come in “Sully”, una situazione in fondo poco originale cinematograficamente, per renderla una metafora dell’America. Per farlo ha adattato il libro scritto dagli eroici protagonisti della vicenda; non solo, li ha anche voluti per interpretare loro stessi, prendendosi un altro notevole rischio.
Poteva essere lo spunto per trattare del terrorismo, per affondare lo sguardo su un male del mondo moderno. Invece Eastwood, repubblicano nell’anima e uno dei pochi sostenitori di Trump a Hollywood, ne fa un pretesto per giustificare la presenza dell’esercito Usa in tutto il mondo. Gli americani sono gli unici salvatori, i cani da guardia a cui anche l’Europa si deve inchinare, e non basta l’ironia di una guida turistica a Berlino per risollevare gli animi. Soprattutto quando si vedono bambini di dieci anni parlare di integrazione con i loro coetanei, si lamentano della società poco accogliente e trovano la soluzione nelle mimetiche e nelle armi.
Si parla di perdono, dopo aver abbattuto il nemico, e si prega con in mano il rosario e un caricatore. Non si sa mai. Il sogno americano Easwood lo aveva già sepolto ne “Gli Spietati”, ma anche in “Gran Torino” e “American sniper”, solo per dirne qualcuno.
Lo aveva fatto bene, e bastava un film come “Sully” per ritirare fuori dal cassetto ciò che poteva essere salvato, in un discorso critico e prudente. Riesumarlo adesso e in questo modo, usando il terrorismo come un pretesto, più che accanimento terapeutico assomiglia a un’operazione degna di “Braindead” di Peter Jackson.
Diretto da: Clint Eastwood
In programmazione: Uci Cinema (Savignano sul Rubicone)