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Fake news? Ci crede un italiano su due

Il diffondersi delle cosiddette fake news non è una novità dei nostri giorni: disinformazione, falsità e distorsioni strumentali dei fatti hanno sempre caratterizzato la sfera delle comunicazioni sociali. La diffusione delle nuove tecnologie applicate all’informazione ha però fatto letteralmente esplodere il fenomeno.

Fake news

“Notizie false e giornalismo di pace” è il tema scelto dal Papa per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.
Il titolo è accompagnato da un versetto del vangelo di Giovanni, che da solo vale più di un codice deontologico per i professionisti (e i consumatori) della comunicazione: “La verità vi farà liberi”.
Il diffondersi delle cosiddette fake news non è una novità dei nostri giorni: disinformazione, falsità e distorsioni strumentali dei fatti hanno sempre caratterizzato la sfera delle comunicazioni sociali.
La diffusione delle nuove tecnologie applicate all’informazione ha però fatto letteralmente esplodere il fenomeno, se è vero – come rileva il Rapporto Censis-Ucsi 2017 – che oltre la metà degli internauti del nostro Paese, esattamente il 52,7 per cento, ha dato credito, almeno qualche volta, alle fake news sul web.
La percentuale scende di poco, rimanendo comunque al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9 per cento), ma sale fino al 58,8 per cento tra i più giovani, che dichiarano di averci creduto “spesso” nel 12,3 per cento dei casi.
Cosa pensano gli italiani sulle fake news? Per tre quarti degli intervistati (77,8 per cento) si tratta di un fenomeno pericoloso. Sempre i più istruiti ritengono, con valori superiori alla media della popolazione, che le “bufale” sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1 per cento) e che favoriscono il populismo (69,4 per cento). Diverso, invece, l’approccio dei più giovani (14-29 anni), che giudicano eccessive tali valutazioni e ritengono, nel 44,6 per cento dei casi, che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso il loro potere.
È questa la ragione per cui le smentite degli organi di stampa spesso non riescono a mettere in crisi le false notizie che circolano in rete, specie tra coloro che sono cresciuti con il mito di internet inteso come regno dell’assoluta libertà.
Il Rapporto Censis-Ucsi rivela altri aspetti interessanti del rapporto tra gli italiani e la comunicazione. Colpisce soprattutto un dato: l’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici ha segnato progressivamente un vero e proprio boom (+ 190 per cento, per un valore di poco meno di 6 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+ 45,8 per cento), mentre i servizi di telefonia si assestano verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-14,3 per cento, per un valore però di oltre 16,8 miliardi di euro). In fondo alla classifica c’è la spesa per libri e giornali, che ha subito un crollo verticale: -37,4 per cento.

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