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Amadori, nuovo stabilimento da 45 milioni di euro

Questa mattina l'incontro con la stampa locale, occasione per fare visitare il nuovo impianto di taglio, un vero e proprio stabilimento di 14 mila metri quadrati su due piani, in cui si possono lavorare 25 tonnellate di carne all’ora.

Amadori, nuovo stabilimento da 45 milioni di euro

Sono sempre grandi numeri quelli in grado di snocciolare all’azienda alimentare Amadori. Il fatturato 2017 sarà sopra il miliardo e 200 milioni di euro, con un margine operativo lordo oltre i 100 milioni, più 20 per cento rispetto al 2016. Sono oltre 7.600 i dipendenti, con 80 nazionalità rappresentate. La quota di mercato è del 30 per cento delle carni avicole. Solo a Cesena, dove l’azienda è nata e si è sviluppata, la Amadori occupa 2.981 dipendenti, cresciuti di 267 unità rispetto all’anno precedente. E poi ancora sei incubatoi, cinque mangimifici, sei stabilimenti di trasformazione, 19 filiali in Italia, tre piattaforme logistiche, 800 allevamenti, 22 mila clienti serviti tre volte a settimana con 500 prodotti e 1.500 referenze diverse.

E non è finita qui, perché l’incontro di questa mattina con la stampa locale ha offerto l’occasione per fare visitare il nuovo impianto di taglio, un vero e proprio stabilimento di 14 mila metri quadrati su due piani, in cui si possono lavorare 25 tonnellate di carne all’ora. Un vero e proprio gioiello industriale dal punto di vista della salute di chi vi opera (420 persone) per le condizioni climatiche, per l’ergonomicità degli impianti, la silenziosità, l’igiene, la pulizia, l’ampiezza degli spazi e dei servizi. Un impianto all’avanguardia, dove si può operare anche con tre turni da sei ore e mezzo ciascuno, inaugurato il 4 settembre scorso e realizzato grazie alla collaborazione dell’Unità Epm (Ergonomia e postura del movimento) del Politecnico di Milano.

“Nella pausa notturna, visto che ora stiamo lavorando su due turni - dice Fabio Simoncini che con Francesca Amadori, responsabile della comunicazione, e il direttore operations Mauro Masini ha accompagnato i giornalisti durante la visita – si lava e si pulisce tutto in maniera maniacale. E questo accade ogni giorno, visto che noi trattiamo un prodotto che finisce sulle tavole. Così come sono importanti i controlli ai raggi x per verificare eventuali residui o quelli al metal detector prima di licenziare la carne per il definitivo confezionamento, ormai quasi ovunque chiesto a peso fisso”, una complicazione ulteriore che le nuove linee produttive riescono ad affrontare.

La nuova linea, dove si lavorano diverse tipologie di carne di pollo proveniente dalla macellazione, ha comportato un investimento di 45 milioni di euro “ma, per stare a passo coi tempi, non investiamo meno di 50 milioni ogni anno”, dicono insieme i figli di Francesco Amadori, Flavio e Denis. “Anche per i prossimi cinque anni sono previsti altri 250 milioni di investimenti, come approvato ieri dal consiglio di amministrazione in cui vengono decise le strategie future che poi i manager hanno il compito di portare avanti”.

A Cesena, la cittadella di Amadori è una sorta di quartier generale, con 250 mila metri quadri, quattro linee produttive, la sede direzionale, gli uffici amministrativi, la ricerca e sviluppo, il controllo di qualità, l’80 per cento di energia autoprodotta e proviene da fonti rinnovabili, una centrale termica, un biodigestore anaerobico e un nuovo depuratore che partirà a marzo in grado di servire 140 mila persone. Un vero e proprio “polo produttivo” che anche dalle università vengono a visitare come “case history”, sottolinea Francesca Amadori, figlia di Flavio.

Oggi il consumatore cerca la carne con un plus – aggiunge Francesca Amadori -. Vuole che sia antibiotic free e guarda con favore al benessere degli animali”. L’azienda cesenate con il pollo campese, allevato a terra, sembra aver imboccato la strada giusta. “In provincia di Foggia – dice Denis Amadori – abbiamo 100 allevamenti di campese che hanno fornito a numerosi agricoltori l’opportunità di rimanere a lavorare in campagna. Sono tutti allevamenti tecnologicamente avanzati e nei prossimi cinque anni arriveranno a 150. Il settore del campese è l’unico che cresce a doppia cifra, anche se per rappresenta solo il 10 per cento del nostro fatturato”.

Sono da poco sul mercato anche alcune zuppe con marchio Amadori. “Si tratta di prodotti nuovi fatti con vegetali e carni bianche, in linea con i desideri dei clienti di oggi, sempre più esigenti”, viene ribadito durante la conferenza stampa. Prodotti che, come tutti gli altri, partono ogni giorno dai vari stabilimenti e in 24 ore arrivano nei punti vendita. “Abbiamo mille mezzi in giro per l’Italia per servire non solo la Grande distribuzione, il 35 per cento dei nostri clienti, ma anche il piccolo negozio di paese che si trova al centro della Sicilia, dove, a volte, consegniamo due casse di merce con appena quattro tipologie diverse di prodotti. Una pazzia necessaria, che compiamo volentieri, per presidiare il territorio dai concorrenti esteri”.

Estero che appare come la nuova frontiera per Amadori. “Salumeria di carni bianche” dice Flavio che commenta anche Fico Eataly World, il più grande parco agroalimentare del mondo inaugurato a Bologna il 15 novembre 2017: “È una bella vetrina. Bisogna pedalare e creare eventi”. Interviene anche la figlia Francesca che aggiunge: “Fico è da riempire di contenuti e di intrattenimenti. Per noi vale come esperimento per lo street food”. E poi chiosa con ammirazione sul conto del nonno Francesco, fondatore dell’azienda assieme al fratello Arnaldo e ora fresco autore del volume autobiografico “Parole di Francesco Amadori” stampato in 1.200 copie già andate a ruba: “Il nonno non ha passato la vita sui campi da golf”.

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