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C'è anche la cesenate "Cassandra, il diritto di parlare" tra le opere d'arte contemporanea acquisite dalla Regione Emilia-Romagna

“Cassandra, il diritto di parlare” racconta di donne rimosse e spezzate attraverso diagnosi deprecabili

Ph Girardi

Non può esserci ripartenza senza cultura. Tra le 36 (su 211 proposte) opere vincitrici del bando, lanciato dall’assessorato regionale alla Cultura, per l'acquisizione di produzioni che andranno a incrementare il patrimonio artistico emiliano-romagnolo, c’è anche “Cassandra, il diritto di parlare” dei cesenati Giacomo Garaffoni, Michele Ambroni e Sofia Rossi. Nata da un’idea dell’autore e performer Giacomo Garaffoni, l’opera in occasione delle Giornate Fai d’autunno è stata allestita nel salone di Palazzo Oir. “Cassandra, il diritto di parlare” è un lavoro sulla censura violenta dell'identità femminile attraverso la negazione del diritto fondamentale alla parola parlata e analizza l'oscura storia delle donne internate in manicomio all'inizio del 900.

“Cassandra, il diritto di parlare” racconta di donne rimosse e spezzate attraverso diagnosi deprecabili. Smorfiose, loquaci, pedanti, petulanti, cattive madri, persone sbagliate. Per la prima volta nella storia della medicina le immagini fotografiche della pazienti diventavano la copertina del loro diario clinico, un marchio del corpo e dell’identità. La figura della Cassandra classica rifiuta Apollo, che la maledice sputandole sulle labbra, condannandola a rimanere inascoltata, interdetta. Così vicina alla caduta sociale in cui sprofondano le internate nei luoghi violenti della psichiatria italiana, in un tempo non così distante. Questo lavoro compatto e austero racchiude la sintesi estrema di un più complesso e strutturato percorso installativo site specific (coprodotto da Comune di Cesena, Fai - fondo per l'ambiente italiano e Ferretti Consulting).

L'opera è composta da un ritratto di donna, recuperato da un archivio manicomiale grazie alla collaborazione con la ricercatrice e autrice Annacarla Valeriano, il volto del soggetto viene replicato più volte e in seguito bruciato sulla parte inferiore del volto in modo da rendere il soggetto privo della bocca, indispensabile per poter parlare. La rimozione imposta attraverso la bruciatura totalmente incontrollata e casuale, rende il soggetto un simbolo. Il non poter aver voce si lega in questo caso al non ascoltare, all’abbandonare e al dimenticare. Come se ogni donna minata nel suo meccanismo del dire (inascoltata quanto Cassandra) e internata venisse privata del tratto dell’identità. Il lavoro si completa con l'esibizione dello scritto in 11 tavole di testo scritte dall’autore Giacomo Garaffoni e rappresentato dal vivo (debutto a palazzo Oir - ottobre 2020). Ogni tavola, viene “marchiata” da un dente macchiato di sangue, simbolo onirico di una veggenza arcaica, legata a oscuri presagi. Gli stessi denti che durante la performance, Cassandra si strappa. Maledetta la sua parola, maledetta la sua bocca, maledetto il suo corpo.

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