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emergenza sanitaria

Coronavirus, partita oggi a Cesena l'Unità speciale di continuità assistenziale

Si affianca al medico di famiglia per la gestione dei pazienti Covid-19 per prevenire le complicanze che portano i pazienti ad accedere in ospedale

(Foto ANSA/SIR)

È partita oggi, a Cesena, l’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) che si affianca al medico di famiglia per la gestione dei pazienti Covid-19.

“Nel territorio della provincia di Forlì-Cesena - afferma il dottor Riccardo Varliero direttore del Dipartimento Cure primarie di Forlì-Cesena - le unità speciali di continuità assistenziale Usca previste al momento sono due, una per l’ambito cesenate che è operativa già da oggi, l’altra per l’ambito forlivese che sarà operativa da lunedì 30 marzo”.

L'Ausl Romagna spiega che il rapido evolversi della situazione epidemiologica legata all’infezione da Covid 19 rende indispensabile mettere in campo una serie di misure per modulare e rendere il più efficace possibile per tutti, la presa in carico e la cura dei pazienti. Tali misure riguardano sia le strutture ospedaliere sia l’assistenza a domicilio, come evidenziato dal commissario ad acta Sergio Venturi. Per il nostro territorio la Direzione sanitaria aziendale ha varato un'“indicazione” per il trattamento dei pazienti a domicilio, molto innovativa e avanzata, tema sul quale si è giunti a un importante accordo coi rappresentanti dei medici di famiglia, ruolo cardine anche in questa situazione.

Nel merito, come spiega il dottor Carlo Biagetti (Malattie infettive dell’ospedale di Rimini), l'Asl Romagna ha attivato un importante progetto mirato al territorio che ha l'obiettivo di identificare ancor più proattivamente i casi sospetti di Covid 19 che sono rimasti a domicilio poiché presentavano sintomi lievi o moderati. Grazie alla collaborazione tra infettivologi, medici di famiglia, farmacisti e Dipartimento di Sanità pubblica, il progetto prevede che il medico di famiglia segnali al Dipartimento di Sanità pubblica il caso sospetto e vengano attivate una serie di azioni coordinate, finalizzate all'isolamento del paziente, al suo trattamento e al suo riconoscimento mediante tampone. Queste azioni hanno l'obiettivo ambizioso di ridurre i casi secondari sul territorio e di prevenire le complicanze che portano i pazienti ad accedere in ospedale.Prevista una stratificazione del rischio dei pazienti che rimangono a domicilio, che vanno da quelli asintomatici a quelli con febbre e iniziali segni di polmonite.

Come riferisce la dottoressa Antonella Dappozzo, direttore del Programma Cure primarie dell’Ausl Romagna, alla presa in carico si aggiunge la creazione di apposite equipe medico-assistenziali, denominate Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) che si affiancheranno al medico di famiglia per la gestione dei pazienti Covid accertati in isolamento domiciliare e di quelli che sono stati dimessi dall'ospedale. Le Usca saranno operative in maniera graduale, a partire dalle aree territoriali più esposte al contagio.

“I pazienti asintomatici, e quelli che non hanno più sintomi, saranno seguiti dal proprio medico di famiglia con monitoraggio telefonico, dopodichè si eseguono due tamponi, a distanza di 24 ore l’uno dall’altro e, se entrambi sono negativi, il paziente è dichiarato guarito – approfondisce il dottor Carlo Biagetti -. I pazienti che hanno sintomi lievi (febbre fino a 37,5 gradi, tosse, mal di gola, dolori articolari) e che non hanno altri fattori di rischio (età avanzata, patologie pregresse, stato di gravidanza), vengono seguiti attraverso sorveglianza attiva, con telefonate quotidiane oltre ovviamente all’assunzione di una terapia di supporto. Qualora vi siano sintomi lievi, ma in presenza di altri fattori di rischio, il medico di famiglia attiva la Usca che, con tutti i dispositivi di protezione individuale, si reca al domicilio del paziente, sia esso sospetto Covid sia esso acclarato come positivo, per monitorarne il decorso”.

“Questa organizzazione, che vede un'importante collaborazione con i medici di famiglia, consente di organizzare al meglio l’assistenza e la cura, graduandola a seconda alle diverse condizioni dei pazienti - aggiunge la dottoressa Dappozzo -. In questo percorso è stata prevista anche la possibilità di prescrivere per i pazienti sintomatici sospetti, che non hanno ancora avuto contatto con le strutture ospedaliere, a cura del medico di famiglia, che più di ogni altro conosce il paziente, uno specifico farmaco antivirale che le evidenze disponibili pongono tra le armi da utilizzare per ridurre l’evoluzione del quadro clinico verso forme gravi. Grazie alla collaborazione della Farmacia ospedaliera e della Croce Rossa i farmaci verranno consegnati direttamente a domicilio dei pazienti. Le Unità speciali di continuità assistenziale rappresentano non solo uno strumento per concretizzare la presa in carico domiciliare del paziente intercettando eventuale aggravamenti, ma insieme alle altre misure (tampone ai pazienti sospetti, misure di isolamento) contribuiscono a contenere la diffusione dell'infezione, vero obiettivo di questa fase epidemiologica”.

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