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Cottarelli a Cesena punta il dito sui mali dell'economia | Gallery

“Un libro amaro come una medicina, primo passo per prendere coscienza dei problemi dell’economia italiana sulla strada della guarigione”. Con queste parole Camillo Acerbi, vicepresidente dell’associazione Zaccagnini, ha aperto ieri pomeriggio la presentazione del volume di Carlo Cottarelli “I sette peccati capitali dell’economia italiana”.

Foto Sandra e Urbano

“Un libro amaro come una medicina, primo passo per prendere coscienza dei problemi dell’economia italiana sulla strada della guarigione”. Con queste parole Camillo Acerbi, vicepresidente dell’associazione Zaccagnini di Cesena, ha aperto la presentazione del volume di Carlo Cottarelli “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, mercoledì pomeriggio nella piazzetta affari di Crédit Agricole (ex Carisp Cesena).

L’incontro, aperto dal presidente della Fondazione Carisp Guido Pedrelli, ha permesso di riflettere in modo semplice sullo stato di salute del nostro Paese, sul difficile rapporto che imprese e cittadini hanno con l’Euro e sulle prospettive economiche future: “Cottarelli spiega l’economia come Alberto Angela spiega Pompei” ha chiosato Pedrelli.

Ma quali sono i sette peccati capitali dell’economia italiana per Cottarelli? Si tratta di mali che affliggono da troppo tempo il Belpaese: evasione fiscale, corruzione, troppa burocrazia, lentezza della giustizia, crollo demografico, incapacità di convivere con l’Euro, divario tra Nord e Sud.

Problemi che l’ex dirigente del Fondo monetario internazionale, oltre che ex commissario alla Spending review del Governo italiano, ritiene un ostacolo alla ripresa economica italiana.

In molti, tra gli imprenditori, rimpiangono le cosiddette “svalutazioni competitive” degli anni ’70 e ’80, quando il Paese aveva un’inflazione vicino al 20 per cento e i costi di produzione più alti si potevano combattere a suon di svalutazioni, utili per fare export, anziché in recuperi di produttività. Mentre i salari venivano tutelati, in qualche modo, dalla “scala mobile”.

Operazioni, queste, possibili solo con una propria moneta e impensabili all’interno dell’Euro. Ma tornare alla Lira, per poter svalutare di nuovo, sarebbe possibile prima ancora che auspicabile? Cottarelli è convinto di no: “Solo la riscrittura del sistema dei pagamenti elettronici, secondi i tecnici, richiederebbe 12 o più mesi. Non si può certo fare in una notte. Uscire dall’Euro sarebbe molto costoso, inoltre i salari nella nuova valuta sarebbero erosi come potere d’acquisto mentre i debiti dei privati rimarrebbero in Euro. Mentre il debito pubblico potrebbe essere convertito dallo Stato nella nuova moneta”. Il tutto in uno scenario d’inflazione da fare impallidire paesi come l’Argentina.

Ma è possibile stimolare la crescita economica rimanendo nella moneta unica europea? Cottarelli è convinto di sì: “a patto di risolvere i peccati capitali che ho elencato”.

Cosa farebbe l’economista se si trovasse al Governo, con la fiducia di una maggioranza stabile? “Per prima cosa aggredirei la burocrazia, chiedendo ad un gruppo di imprenditori di elencare le cose che rendono loro la vita impossibile. La burocrazia ci costa 31 miliardi di euro l’anno, non solo perché le imprese impiegano più persone del dovuto nel seguire le scartoffie, ma anche per i tempi lunghissimi di risposta del settore pubblico e la lentezza estrema dei contenziosi civili”.

Sul fronte della povertà, invece, Cottarelli punta il dito sulle detrazioni a pioggia: “Io, per fare un esempio, sono abbonato alla Metropolitana di Milano, abbonamento che acquisto a prezzo sussidiato. In più, da quest’anno, posso pure detrarre la spesa in sede di dichiarazione dei redditi. Si potrebbe cominciare a evitare di dare soldi indietro a chi, come me, non ne ha bisogno per darli invece ai più bisognosi. In ogni caso, per combattere la povertà un Governo non dovrebbe mai ricorrere al deficit”.

[Foto Sandra e Urbano]

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