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Don Amaducci al funerale di Graziadei: "Lui sa meglio di me qual è il mio bene. Quante volte l'ha ripetuto Vincenzo"

"Frutti di bene che il più delle volte non fanno notizia e rimangono nascosti, ma che al momento giusto sanno anche risplendere in tutta la loro bellezza", le parole del sacerdote. Letto un messaggio del vescovo Douglas

Foto di Pier Giorgio Marini

Tantissima gente, tra familiari, amici, parenti e conoscenti, ha preso parte questa mattina nella chiesa di San Pietro alla Messa di esequie per Vincenzo Graziadei deceduto mercoledì scorso dopo una breve malattia (cfr notizia a fianco).

Al termine della Messa è intervenuto don Onerio Manduca, assistente di Comunione e liberazione, che ha ringraziato Vincenzo per i 20 anni di amicizia intensa e per la pazienza con cui l'ha avviato alle conoscenze informatiche. La moglie Alice ha preso la parola per ringraziare tutti per la vicinanza, anche silenziosa, con cui tantissimi hanno seguito Vincenzo e la famiglia in questi mesi della malattia

Pubblichiamo di seguito l'omelia pronunciata dal parroco monsignor Walter Amaducci che all'inizio della celebrazione eucaristica ha letto un messaggio del vescovo Douglas. Con don Walter hanno concelebrato don Onerio Manduca, don Giovanni Savini, don Stefano Pasolini e don Maurizio Macini. 

Anche se la vita di Vincenzo fosse stata molto più lunga e tormentata da problemi e sofferenze ricorrenti, oggi tutto questo ci apparirebbe come il "momentaneo leggero peso della nostra tribolazione", come un granello di sabbia nel profondo dell'oceano, perché "le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne". E lui ora non ha più bisogno di spiegazioni, già immerso nell'evidenza della verità che invece noi dobbiamo continuare a riconoscere, ad accogliere e a vivere. E lo possiamo grazie alla comunione con Cristo, con Lui che è lo splendore della verità e dunque la risposta al bisogno di senso che ci pervade in qualunque cosa facciamo, in qualunque situazione ci troviamo, soprattutto quando ci assalgono quei perché condensati da Gesù nel suo grido rivolto al Padre sulla croce. Non sia turbato il vostro cuore. E gli avrebbero potuto replicare: perché il tuo non lo è? Certo che lo era! E di lì a poco sarebbe diventato sudore di sangue. Ma ad ogni assalto Gesù sapeva replicare, come nelle prime tentazioni, con il suo affidamento al Padre e superare ogni senso di abbandono con un abbandono di segno opposto, totale e pacificante.

In poche righe la lettera agli Ebrei riassume questo dramma di Gesù: "Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito". Venne esaudito? Sì, e ben oltre la sua richiesta: il Padre non gli fece evitare la morte ma gliela fece vincere, con frutti di redenzione per tutti noi: "Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono". Lui sa meglio di me qual è il mio bene. Lui sa meglio di me qual è il mio bene. Quante volte lo ha ripetuto Vincenzo, con un sorriso così rassicurante da far dubitare perfino della piena consapevolezza della sua condizione: e invece la percepiva fino in fondo, nella sua totalità, non rischiarata da una fede aggiunta dall'esterno, ma permeata dall'intimo, come è accaduto di tutta la sua vita. La sua appartenenza ecclesiale, l'esperienza di Comunione e liberazione, la sua operosità nell'associazione Orizzonti, e la creatività della CD.. vertiamo band, una mano tesa che arriva fino in Messico, la discrezione di mille relazione autentiche...

Lui sa meglio di me qual è il mio bene.... e allora anch'io cerco di saperlo e questa si chiama vocazione. La vocazione! Qualche volta decifrarla non è semplice: occorre la fatica previa della ricerca... ma Lui non si nasconde a lungo a chi lo cerca con cuore sincero. Può arrivare un altro tipo di turbamento, quello che provò Maria all'annuncio dell'Angelo presto risolto nell'eccomi fiducioso e fecondo: sì, quell'abbandono che Charles De Foucauld, che il prossimo 15 maggio sarà proclamato santo, tradusse in una preghiera che a prima vista potrebbe spaventare, come l'acqua per chi ancora non sa stare a galla: Padre mio, mi abbandono a Te. Fa’ di me ciò che Ti piace. Qualunque cosa Tu faccia di me Ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto purché la Tua volontà si compia in me ...

"Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla". Lo abbiamo ripetuto più volte. Se il Signore è il mio pastore... allora non manco di nulla! Qualche volta lo cantiamo: Prendimi per mano Dio mio e guidami nel mondo a modo tuo Ci vuole del coraggio a pronunciare queste parole. Possono trasmettere una sorta di inquietudine: Come l'espressione "sono nelle mani Dio" percepita come il culmine dell'insicurezza o della rassegnazione (sei nelle mani di Dio, cioè... sei messo proprio male!). A meno che la parola Padre non torni ad esprimere tutta la sua potenza. Che tratti ha il volto di questo Padre? Chi vede me vede il Padre: lo ha detto Gesù. È il volto di quel Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". Sono i tratti che possiamo contemplare nella più celebre delle Pietà (quella di Michelangelo), il volto di quel figlio abbandonato sulle ginocchia della madre e il volto di quella madre, prestato al suo e nostro Padre.

C'è una nuova parabola per la tua vita Alice, che tu consegni a tutti noi come ulteriore regalo di scorta per la strada che continua: hai tenuto per mano Vincenzo fino al suo ultimo respiro, che tu stessa non riesci a ricordare tanto era diventato impercettibile. Era stato proprio il respiro, negli ultimi tempi, l'espressione della sua serenità o della sua apprensione, era quello il suo grido, che ora sfociava nell'ultimo affidamento. Lo hai accompagnato fino al suo ultimo passo che lasciava un messaggio molto semplice: io il mio compito l'ho svolto, la mia corsa è terminata (come scriveva san Paolo): la tua no, la vostra continua. Riprendiamo allora il nostro cammino, dopo questa sosta un po' scomoda riconosciamolo, come lo è quella di un osservatorio così impervio che si chiama morte: ma un osservatorio che ci dischiude un panorama davvero stupendo, come è quello della vita nella sua interezza, dove l'invisibile non è meno reale di ciò che sta cadendo sotto i nostri sensi.

Qui c'è il corpo di Vincenzo. Ma c'è, altrettanto presente, la sua anima. C'è lui vivo, che grazie alla Comunione dei santi abita l'anima, la mente e il cuore di ciascuno di noi. La nostra preghiera di suffragio, la nostra intercessione è la modalità più efficace di esprimere il nostro affetto, la nostra gratitudine e la gratuità tipica dell'amore cristiano. Siamo grati a Dio per il dono di Vincenzo. Chiediamo con rinnovata fiducia per la sua famiglia, per i suoi amici e per tutti indistintamente la consolazione, la forza e l'ardimento della fede come sguardo che va oltre l'apparenza e l'immediatezza, come capacità di affidamento e docilità ai progetti del Signore, come scelta totale di vita che ci apre alla speranza e opera nella carità, con frutti di bene che il più delle volte non fanno notizia e rimangono nascosti, ma che al momento giusto sanno anche risplendere in tutta la loro bellezza.

Qui sotto riportiamo le parole espresse dal vescovo Douglas in un messaggio che don Walter ha letto all'inizio della Messa.

Ecco il testo:

Gentile signora Alice e carissime Chiara e Francisca, nel giorno in cui si celebrano i funerali del marito e papà Vincenzo nella parrocchia di San Pietro, desidero farvi giungere l'attestazione della mia partecipazione al vostro dolore. So , da quanto mi ha riferito monsignor Walter, che Vincenzo ha vissuto con cristiana ed esemplare rassegnazione ma soprattutto con sicura fede il momento del trapasso e i giorni oscuri che hanno preceduto la sua partenza per il Cielo.

Sono certo che la sua testimonianza costituirà per voi e per tutta la comunità cristiana di San Pietro una preziosa eredità e un conforto capace di sostenere la prova del dolore. 

Mi unisco di quanti oggi si stringono attorno a voi per manifestarvi l'affetto e i sensi della fraternità cristiana.

Con la mia benedizione.

Douglas Regattieri, vescovo

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