Cesena
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Teatro

Il fascino oscuro della dittatura

Fino a domenica 25 novembre “1984” al Teatro “Bonci” di Cesena

Fotografia di Guido Mencari

Il romanzo

«Big Brother is watching you», il Grande Fratello ti osserva. Così in “1984” George Orwell immaginò un mondo distopico, in cui il desiderio di dominazione assoluta dell'uomo, tentato dai dittatori del Novecento, era giunto a pieno successo. Nel romanzo, scritto nel 1948 (da qui il titolo, che non vede altro che l'inversione delle due ultime cifre), Orwell rifletteva sulla possibilità per uno Stato totalitario di dominare assolutamente e completamente gli esseri umani. Due dittature erano state appena sconfitte, in Europa; una, in Unione Sovietica, continuava a imperare, e sul mondo era calata quella «cortina di ferro», secondo la definizione di Winston Churchill, che avrebbe retto fino agli anni Ottanta. Il clima in cui Orwell scrisse non era dei migliori, e lo scrittore ebbe la straordinaria intuizione che la tecnologia potesse essere lo strumento migliore per manipolare le menti delle persone, nella forma più subdola di dominio, perché non ci si può ribellare a un potere che non si riesce neanche più a percepire come potere dominante. Lo strumento con cui il Grande Fratello di Orwell domina è la televisione, una forma molto particolare dell'elettrodomestico che ha tanto affascinato l'uomo moderno: una macchina che viene osservata ma che osserva anche lo spettatore. La televisione vera non è riuscita a trasformarsi in qualcosa di simile, ma noi tutti, oggi, ci rendiamo conto che in realtà esiste davvero un tale oggetto, ed è non solo in ogni casa, ma addosso ad ogni persona. Se la rete telematica ha permesso di unire le persone lontane, ha reso e rende possibile studiare documenti conservati in remote biblioteche, apprendere nozioni in modo facile e persino divertente, esiste anche un rovescio della medaglia: da quando i telefoni portatili sono diventati strumenti tecnologici enormemente più complessi, da quando il mondo è stato colonizzato dai social network, presenta un aspetto molto più inquietante. Strumenti efficaci nel manipolare la percezione delle persone, nel fare sembrare reale un pericolo quasi inesistente, straordinari nel saper estrarre dall'utilizzatore tutto il peggio di sé, che si tratti di insultare senza motivo o nel giudicare gli altri con la sicumera della propria intelligenza ritenuta infallibile, «il testimonio consolante della coscienza», avrebbe detto Manzoni. Il mondo descritto da Orwell assomiglia al nostro in modo sempre più inquietante.

 Lo spettacolo

Per vedere uno spettacolo, almeno nell'incipit, pirandelliano, abbiamo dovuto assistere a “1984” con la regia del talentuoso scozzese Matthew Lenton. Se i “Sei personaggi in cerca d'autore” che hanno inaugurato la stagione del “Bonci” tradivano almeno in parte la volontà dell'autore di rompere la quarta parete e far partecipare il pubblico allo spettacolo, questo dramma si apre nel modo più inaspettato. A sipario aperto, con le luci accese, entrano in scena tre attori che annunciano che, contrariamente al solito, il dibattito precederà lo spettacolo, invece di seguirlo. Dopodiché, i tre si seggono, come in un talk-show televisivo, cominciano a ragionare sul rapporto fra la modernità e il testo di Orwell, in attesa di ascoltare le domande del pubblico, a volte le voci si sovrappongono (tanto che una spettatrice chiede loro di parlare uno alla volta, perché altrimenti non si capisce), e solo dopo una decina di minuti, quando le luci cominciano ad abbassarsi, un rumore inquietante comincia a diffondersi, e sullo sfondo le immagini televisive iniziano a distorcersi, comprendiamo che, in realtà, lo spettacolo era già cominciato, e che tutto fa parte del dramma che si va a recitare.

La lode maggiore che si può fare a Lenton è di aver saputo usare in modo estremamente fruttuoso mezzi apparentemente semplici: faretti, neon, un po' di fumo, pochissimi oggetti di scena. Quello che conta è come vengono utilizzati, con straordinaria efficacia. In particolare, la scena della tortura del protagonista, Winston, che crede di essere entrato nella rete dei cospiratori contro il Grande Fratello e in realtà è stato scoperto fin da subito, è di una crudezza e di una tensione di rara “bellezza” teatrale, tanto da costringere qualche spettatore ad uscire. Anche se non si vede nulla o quasi. Le movenze degli attori, la loro gestualità, l'uso del corpo, della voce, tutti questi elementi concorrono a rendere il dramma uno dei più forti che siano passati, negli ultimi anni, sul palcoscenico del “Bonci”. Un'unica nota stonata: per tutto il dramma, noi ascoltiamo la voce del narratore (Nicole Guerzoni) che recita sul palcoscenico, ben riconoscibile per la sua camicia rossa. Nel finale, dopo che Winston (Luca Carboni) ha ceduto alle torture ed è diventato un fedele adepto del Grande Fratello, assistiamo all'irrompere nella sala del teatro di alcuni soldati, che catturano il narratore, o meglio, la narratrice, e la portano via. Bella scena, senza dubbio, ma che pone alcuni problemi di natura drammaturgica. Se la narratrice è nella storia, come fa a conoscere i pensieri dei vari personaggi? Se è fuori della storia, come fanno i soldati a catturarla? Anche se in questo modo il regista vuole dirci che l'opera di riscrittura della storia e della mente operata dal Grande Fratello agisce anche fuori della quarta parete, è sembrata più una trovata per chiudere in modo suggestivo lo spettacolo, che una chiusura coerente con la struttura dell'opera. Opera che, anche in questo allestimento, conferma la sua straordinaria attualità: quando si ricordano gli slogan del Partito, per cui chi controlla il passato controlla il presente, e chi controlla il presente controlla il futuro, non si può che sentire un brivido lungo la schiena, pensando a come i moderni mezzi informatici possono prestare il fianco – e spesso l'hanno fatto – proprio a operazioni del genere. Se si decide che due più due fa cinque e non quattro, se, cioè, l'ideologia ha la meglio sulla realtà, ogni cosa è possibile: e si tratta di possibilità assai inquietanti.

“1984” sarà in scena fino a domenica 25 novembre. La compagnia incontrerà il pubblico sabato 24 alle ore 18 nel foyer del Teatro (ingresso libero); lo spettacolo di domenica (ore 15,30) sarà audiodescritto per i non udenti. Info: www.teatrobonci.it

Il fascino oscuro della dittatura
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