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emergenza sanitaria e solidarietà

Il ponte Cesena-Sierra Leone al tempo del Coronavirus. L'orto realizzato da Cuni e Zamagni

Il racconto di Giovanni Cuni che assieme all'amico Franco Zamagni ha realizzato un orto da duemila metri quadrati. "Tornare a casa non è stato facile. Staccarsi dal sorriso di quei bambini ci è costata una grande fatica. Un mese con loro è stato incredibile. Al solo pensiero, ancora mi commuovo”

Giovanni Cuni a Franco Zamagni con bambini della Sierra Leone

“La nostra è un’amicizia operativa. Le Ong quando vanno male prendono su e vanno via”. Queste le parole del noto pediatra cesenate Arturo Alberti, fondatore di Avsi e oggi presidente di Orizzonti, pronunciate ieri durante un collegamento, coordinato dal figlio Andrea sulla piattaforma digitale Zoom, con la Sierra Leone. Dall’altra parte dell’etere c’era Daniel con sua moglie Lucy con i quali un nutrito gruppo di cesenati è legato da lungo tempo.

“Durante questa pandemia – ha raccontato Daniel – i bambini non vanno a scuola. Studiano da casa come possono e giocano. Anche qui ci sono casi di contagio e si contano i primi morti. Tutti gli ospedali hanno diminuito l'operatività e spesso rifiutano i malati. La situazione è simile a quella che capitò ai tempi dell’epidemia di Ebola. Mi ricordo che in quella occasione morì la moglie di mio cugino che doveva partorire. Tutti e due: lei e il figlio che stava per dare alla luce”.

“Qua siamo in uno dei Paesi più poveri al mondo. Dipendiamo dall’estero per l’80 per cento di ciò che abbiamo. Ora, con i confini chiusi, siamo tutti in difficoltà. Grazie all’orto che hanno avviato Giovanni e Franco (vedi più sotto, ndr) riusciamo a ricavare qualcosa per noi. Anche la gelateria aperta qualche tempo fa ora è in crisi e noi non dormiamo di notte pensando di dover lasciare a casa qualcuno. Per ora abbiamo ridotto l’orario da otto a quattro ore al giorno. Per noi è già un fatto grave. Ma se gli eventi dovessero andare avanti così, saremo costretti a licenziare qualcuno”.

“I prezzi, vista la pandemia, sono aumentati del 30-40 per cento. Noi siamo fortunati. Abbiamo amici come voi in Italia su cui contare. Qua il lavoro dà anche la dignità. Con quello che abbiamo impiantato in questi anni, anche grazie a voi, siamo riusciti a togliere diverse ragazze dal giro della prostituzione e a molti giovani abbiamo insegnato un mestiere”.

A seguire l’incontro in chat ieri c’era anche Giovanni Cuni che assieme all’amico Franco Zamagni da un paio di mesi è rientrato dall’Africa. Nel piccolo Paese africano, dagli amici Daniel e Lucy hanno avviato un orto (foto qui sotto). “Alcuni anni fa avevamo dato vita a un progetto simile – racconta Cuni – in un villaggio vicino a Freetown. Avevamo già l’attrezzatura disponibile quindi, che abbiamo spostato per realizzare l’orto, compresi macchinari e trattori. Per potere avere l’irrigazione a pioggia, abbiamo fatto realizzare un pozzo artesiano profondo 90 metri con una cisterna da 50 quintali posta a sette metri di altezza. Aprire la saracinesca e vedere l’acqua scendere è stato uno spettacolo”.

giovanni cuni in sierra leone.3

“Con Zamagni ci siamo fermati un mese – aggiunge Cuni -. Lo scorso anno, con una precedente visita di sopralluogo, ci eravamo resi conto di quel che si sarebbe potuto realizzare. Abbiamo predisposto un progetto che ora abbiamo concretizzato. Adesso tre giovani molto in gamba ed entusiasti portano avanti quello che noi abbiamo avviato. L’orto si estende su una superficie di duemila metri quadrati. Abbiamo installato le tende frangisole. Un impianto fotovoltaico alimenta l’energia necessaria. Abbiamo scavato i fossati per incanalare le forti piogge che lì si abbattono in maniera violenta. Abbiamo indicato i concimi da utilizzare e lasciato un libro di nostri consigli cui ispirarsi. E poi ci siamo sempre disponibili per le telefonate e i messaggi in chat”.

La missione non è finita qui. “Coronavirus permettendo, torneremo fra settembre e ottobre per verificare se è possibile impostare un nuovo orto su altri tremila metri disponibili – conclude Cuni -. Con quei terreni e con quelle temperature, ogni tre mesi si fa un coltura nuova. Spinaci e ravanelli sono pronti in dieci giorni. Adesso vorremmo provare con le arachidi e i fagioli. Siamo a metà del guado. Anche perché tornare a casa non è stato facile. Staccarsi dal sorriso di quei bambini ci è costata una grande fatica. Un mese con loro è stato incredibile. Al solo pensiero, ancora mi commuovo”.

giovanni cuni in sierra leone.2
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