Cesena
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Meno cicogne ma più "cesenati"

La popolazione cesenate cresce nel primo semestre del 2018 e si attesta oltre quota 97mila, nonostante i nuovi nati siano sempre meno e il saldo naturale (differenza fra nascite e decessi) sia negativo. Il merito è del flusso migratorio.

[Foto Mariggiò] In volo sul centro di Cesena, da Corso Cavour verso le colline a sud della città

La popolazione cesenate cresce nel primo semestre del 2018 e si attesta oltre quota 97mila, nonostante i nuovi nati siano sempre meno e il saldo naturale (differenza fra nascite e decessi) sia negativo. Il merito è del flusso migratorio. A darne esito è l’Ufficio statistica del Comune di Cesena, che ha redatto un dossier sull’andamento demografico dei primi sei mesi del 2018.

Per la precisione, a fine giugno Cesena contava 97.216 residenti, 456 cittadini in più rispetto al 31 dicembre 2017. Le donne restano la maggioranza, pari al 51,7 per cento della popolazione totale. A determinare l’aumento demografico è il saldo migratorio positivo (più 720) che compensa, e anzi supera, il valore negativo del saldo naturale (meno 264).

Da sottolineare il calo delle nascite, circa il 10 per cento in meno rispetto al primo semestre del 2017: sono 304 i bambini nati a Cesena nei primi sei mesi dell’anno e, di questi, 57 sono figli di stranieri.

Allo stesso tempo diminuiscono gli emigrati, ma aumentano gli immigrati. I nuovi arrivati sono 1225 e provengono soprattutto da altri Comuni italiani.

Continua a crescere anche la popolazione straniera, che a fine giugno contava 9.405 unità (più 246 rispetto al 31 dicembre 2017). I rumeni costituiscono il gruppo più numeroso, seguiti da albanesi, marocchini, bulgari e nigeriani. L’analisi svela inoltre che la maggior parte (57 per cento) dei residenti stranieri a Cesena è originaria di un Paese europeo.

Sempre di più ma sempre più “snelle” le famiglie: non si ferma la diminuzione del numero medio di persone per famiglia, giunto ormai a quota 2,26. Non solo, più di una famiglia su tre ha un solo componente.

Pressoché invariato il numero di matrimoni, che conferma anche il sorpasso delle nozze con rito civile su quelle con rito religioso.

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