Cesena
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emergenza sanitaria e anziani

Pensieri e preoccupazioni di Claudia Ridolfi, figlia di Marino, ospite della casa di riposo “Nuovo Roverella” di Cesena “In una modalità diversa, ma ci siamo”

Con timore, perché ogni volta può essere l'ultima...

L'esterno del nuovo Roverella

Le difficoltà di queste settimane di dilagante Coronavirus si riflette in misura maggiore sulle situazioni più fragili e deboli. Così, accanto all’intervista alla direttrice del Nuovo Roverella (che i lettori possono cliccare qui a fianco) proponiamo le riflessioni di Claudia Ridolfi, maestra elementare di Sant’Egidio, che risponde al telefono appena dopo un videoincontro con i suoi alunni. La maestra Claudia è figlia di Marino Ridolfi, uno degli ospiti quasi novantenni della casa di riposo Nuovo Roverella.

Il ricovero di un anziano in una struttura è un momento difficile. Un forte dolore che ti separa da chi hai amato e ami tanto.

Siamo riusciti, insieme ai miei fratelli, a mantenere un bel legame affettivo e di presenza con il babbo: abbiamo riscoperto una nuova affettività, fatta di dialoghi, ricordi, di vita che continua. La struttura è stata di grande supporto in ogni bisogno, e la presenza di noi familiari credo abbia aiutato il babbo a mantenere la forza di sentirsi vivo e di continuare ad avere voglia di vivere.

In questo particolare momento di emergenza sanitaria da Coronavirus, mi sono preoccupata, ben consapevole della grande fragilità del babbo. E mi dico: uno che ha vissuto tanto e lottato con le varie patologie, visite e tutto… mi pare una burla morire di un virus. Abbiamo fatto tanto per aiutarlo e salvarlo in diverse situazioni, e poi ti trovi che con un virus se ne può andare subito. Questo mi ha toccato molto sul destino.

Quando hanno annunciato le prime misure di restrizione alle visite in struttura, sono corsa. Avevo mascherina e disinfettante, sono entrata per pochi minuti, l’ho salutato e non gli ho detto della situazione. Per alcuni giorni ci è stata consentita una sola visita al giorno, in zone separate. Vivevo queste visite con una certa sofferenza nel non poter toccare le persone, potersi relazionare con quell’affetto che fa parte della vita. Con timore, ogni volta, che poteva essere l’ultima…

Da alcune settimane non si entra più: alla fatica del distacco si unisce la consapevolezza che non sai se lo vedrai più… E soffro pensando che, essendo lucido di testa, il babbo viva questo momento con senso di abbandono, con il pensiero che i figli non vogliono più andare. Un taglio così improvviso è di difficile comprensione per l’anziano. In struttura c’è tanta assistenza, dedizione, infermieristica e sanitaria. Tutto il necessario perché gli anziani vivano al meglio questo ultimo percorso di vita. Ma sono l’affetto e il cuore che non fanno sentire sola e abbandonata la persona. Quando il tuo corpo non ti concede di fare più niente, quello che rimane è il cuore, l’affetto che può ancora essere coltivato. E’ molto bello vedere nel babbo la consapevolezza che ancora può amare, può parlare, può fare il babbo, il nonno. Ecco, provo sofferenza pensando a lui, che è lucido, che si può sentire abbandonato, solo.

Nel rapporto con la struttura chiedo massima verità. C’è anche preoccupazione che il babbo si possa aggravare nelle sue patologie (cuore, polmone, diabete) e vada sul declino naturale. E noi non lo potremmo accompagnare in questo momento. Se dovesse essere ricoverato, non possiamo andare… e addirittura non sarebbe possibile il funerale. Vivo questo pensiero con fatica, ma anche con accettazione: mio babbo è uomo di fede, ancora oggi mi insegna la via della fede, e pensarlo solo, senza funerale, nel passaggio all’altra vita, mi turba…

Al Nuovo Roverella possiamo telefonare sempre, sono disponibili e comprendono bene il nostro bisogno di tenerci in contatto. Da subito si sono attivati con due tablet per le videochiamate e ogni giorno ne facciamo una. E ogni volta è bellissimo: il babbo ha visto mio figlio Damiano, i nipoti.  E’ un segnale importante, per l’anziano. E’ un palliativo, ma una buona idea: grazie alle videochiamate ci vede, vede i bambini. Comprende la situazione e vede che continuiamo a esserci, nessuno ci ha portato via da lui, e lui non lo hanno portato via da noi. In una modalità diversa, ma ci siamo.

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