Cesena
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recensione

Un circo che lascia un po' perplessi

“Commedia della vanità” di Elias Canetti al “Bonci” di Cesena fino a domenica 12 gennaio

Una scena

È in scena al Teatro “Bonci” di Cesena, da giovedì 9 a domenica 12 gennaio, la produzione Ert di “Commedia della vanità”, dramma non fra i più rappresentati di Elias Canetti, premio Nobel per la letteratura 1981. Il testo è del 1934, non è fra i più famosi dello scrittore: molto più note sono le opere narrative, da “Auto da fè” all’autobiografia in tre volumi (“La lingua salvata”, “Il frutto del fuoco”, “Il gioco degli occhi”). Come ha rivendicato il regista, Claudio Longhi, che è anche direttore di Ert, la scelta è caduta su questa opera per la continuità con i progetti degli ultimi anni: “La resistibile ascesa di Arturo Ui” di Bertolt Brecht (2011), “Il ratto d’Europa” (2013) e “Istruzioni per non morire in pace” di Paolo Di Paolo (2016). Cosa hanno in comune testi così differenti «L’indagine sull’identità europea, sull’esplosione dell’idea di Europa nei primi anni del Novecento (e nel nostro presente) e sui rischi di sbandamento dittatoriale tramati nella storia del nostro vecchio continente». In sintesi, quella che si vuole raccontare attraverso il teatro è una analisi politica della realtà che viviamo, attraverso lo specchio di opere teatrali che sembrano parlare di decenni fa, e che in realtà sono di stretta attualità.

Come Carlo Emilio Gadda in “Eros e Priapo”, Canetti con questa commedia fornisce una analisi delle pulsioni erotiche che alimentano il culto del potere.

Lo spettacolo è assai lungo, quasi quattro ore, ma accorciato rispetto al testo originale, che sarebbe durato ben sette ore.

Tutto lo spettacolo è ambientato in un circo: sostiene Claudio Longhi che «proponendo al suo pubblico sequenze di azioni rischiose, il circo intrattiene un dialogo continuo con la morte. Il circo consente inoltre di dar sfogo al grottesco che cova nel testo, dando corpo allo spirito di ribaltamento carnevalesco proprio di questa drammaturgia così violentemente sinistra».

Al termine della visione dello spettacolo, il cronista teatrale resta perplesso: da una parte è comprensibile la scelta registica del circo, perché rappresenta un mondo a parte rispetto alla normalità borghese, e permette di estraniare lo spettatore dalla sua realtà; dall'altra, però, ci si può chiedere perché andare a scegliere un testo così complesso e, occorre riconoscerlo, non così straordinario, rispetto a tante opere del XX secolo che potrebbero illustrare il rapporto fra massa e potere. Perché, ad esempio, non commissionare ad un autore di oggi un testo nuovo, che prenda spunto direttamente, e non per interposta persona registica, dalle situazioni del mondo contemporaneo? L'allestimento è suggestivo, non c'è che dire: la grande pedana circense nel mezzo della platea del “Bonci” fa una bellissima figura, così come le trovate delle luci, la mobilità degli attori, lo studio sulla emissione della voce, di altissimo livello. La sensazione, però, già all'inizio dello spettacolo e poi man mano che la vicenda si snoda durante le quattro ore di allestimento, è che qualcosa non funzioni. Non funzionano molto bene le voci degli attori in platea, che giungono spesso confuse e incomprensibili, non funzionano le musiche, eseguite dal vivo, che sovrastano spesso e volentieri le voci degli interpreti, non funziona, infine, l'idea circense, perché lo spunto, valido e ben sfruttato nel primo atto, latita negli altri due, spingendo a chiedersi se fosse davvero necessario predisporre una scenografia così complessa per poi usarla solo parzialmente per due terzi dello spettacolo. Ma, ancora di più, è proprio il testo a funzionare poco, con tutto il rispetto per l'opera giovanile di un premio Nobel: l'idea della società che vieta gli specchi perché attraverso l'assenza degli specchi l'umanità perde la possibilità di vedersi, quindi perde la propria identità, sa di stiracchiato, di forzato, forse persino di velleitario, e il dramma non giunge a quei livelli di potenza espressiva che sono stati alla portata di altri scrittori che si sono cimentati con i temi più oscuri del XX secolo.

Di fronte a un pubblico che, non molto numeroso all'inizio dello spettacolo di giovedì, è andato scemando di atto in atto fino ad essere molto ridotto all'inizio dell'ultimo atto, bisogna anche chiedersi se proporre spettacoli di simile durata sia una scelta apprezzabile per spettatori che lavorano e che quindi non possono fare così tardi la notte, particolarmente in giorni feriali.

Sabato 11 gennaio, alle 18, nel foyer del Teatro “Bonci” avrà luogo l'incontro con Claudio Longhi e la compagnia intorno allo spettacolo. Ingresso libero.

Domenica 12 gennaio: spettacolo audiodescritto per non vedenti e ipovedenti nell’ambito del progetto "Un invito al Teatro - No limits". Per informazioni e prenotazioni è possibile contattare il Centro Diego Fabbri di Forlì (info@centrodiegofabbri.it - tel. 0543 30244). Informazioni:tel. 0547-355959, info@teatrobonci.it

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