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Oltre un milione di profughi dal Sud Sudan sono arrivati nel nord dell’Uganda

Ai microfoni di Radio Pacis per favorire l’accoglienza

"Non c’è ministero più bello di quello delle comunicazioni sociali". Lo sostiene padre Tonino Pasolini. A casa dai parenti a Cesena fino a tutto agosto, il missionario comboniano è passato in redazione per riferire della sua avventura con Radio Pacis da lui fondata 14 anni fa, una delle emittenti più ascoltate in Uganda.

Ai microfoni di Radio Pacis per favorire l’accoglienza

"Non c’è ministero più bello di quello delle comunicazioni sociali". Lo sostiene padre Tonino Pasolini. A casa dai parenti a Cesena fino a tutto agosto, il missionario comboniano è passato in redazione per riferire della sua avventura con Radio Pacis da lui fondata 14 anni fa, una delle emittenti più ascoltate in Uganda.

Padre Tonino, classe 1939, ha entusiasmo e passione da vendere. Racconta la sua attività come fosse ai primi mesi in Africa, Invece frequenta quelle terre dal 1966 e dal 2006 è sbarcato nel mondo dei mass media. “Sì, perché - continua - non c’è nulla che incida di più dei mezzi della comunicazione sociale”.

Nella diocesi di Arua, dove il missionario cesenate opera da decenni, in poco più di due anni, sono arrivati un milione e duecentomila rifugiati provenienti dal Sud Sudan. “Questa sorta di invasione pacifica, su poco più di un milione e 660 mila abitanti, ha creato qualche scompenso. Ma la gente del posto ha accolto questi stranieri perché si è ricordata di quando le parti erano invertite”.

I rifugiati e gli ugandesi del nord parlano la stessa lingua e gli stessi dialetti. “I confini furono tracciati in Europa, sulla carta geografica, non tenendo conto della popolazione sul posto. Questo fatto favorisce l’integrazione che comunque, visti i numeri, rimane un problema”.

Radio Pacis, con i suoi tre canali, è un potente mezzo di condivisione, di comunione, di trasmissione di idee. Di confronto, soprattutto. “Ogni settimana ci rechiamo nei villaggi dei rifugiati - prosegue nella narrazione padre Pasolini -. Anzi, non vengono più chiamati campi, ma settlement, insediamenti, perché si vuole dare l’idea che la gente si insedia, si trova a suo agio, si ambienta, in un certo senso. Non più campi profughi, quindi, per un cambio di prospettiva”.

“Percorriamo anche 120-150 chilometri su strade malmesse, piste per lo più, per andare a incontrare questa povera gente - dice ancora il sacerdote -. Parliamo con i responsabili delle varie organizzazioni internazionali. Ascoltiamo. Vogliamo essere voce di chi non ha voce, per far conoscere la situazione anche agli ugandesi che forse non si rendono conto di che succede ai confini col Sud Sudan. In una parola, facciamo sentire le voci di tutti: di chi soffre e di chi è chiamato ad aiutare e sostenere queste persone che hanno perso tutto”.

Radio Pacis trasmette in cinque lingue diverse, con tre palinsesti, uno per ogni frequenza. I giornalisti sono oltre 60. L’emittente viene ricevuta da tanti perché in Uganda la radio è il mezzo più diffuso per comunicare.

“Non c’è energia elettrica, ma i transistor a batteria si trovano ovunque. Ce l’hanno quasi tutti. Ecco perché riusciamo a fare opinione, a incidere nella società, anche grazie alla professionalità che riusciamo a mettere in campo, la migliore del Paese”.

“Abbiamo raggiunto un tale peso politico in Uganda aggiunge il missionario cesenate - che la commissione per la comunicazioni, che agisce su impulso del governo centrale, spesso minaccia di chiuderci le frequenze per ciò che mandiamo in onda. Nonostante questo, noi ci occupiamo di tutto, grazie ai nostri reporter locali che formiamo due volte l’anno con corsi ad hoc e che abbiamo dotato di smartphone”.

Padre Tonino, un prete giornalista che non dimentica di certo anche la parte più strettamente pastorale. “Ho chiesto al vescovo di seguire una parrocchia rimasta senza sacerdote. Me ne ha affidata una con 28 cappelle e circa 50 mila abitanti - conclude padre Pasolini, allargando il suo sorriso -. Da Pasqua fino ai primi di luglio ho celebrato 292 battesimi”.

L’Africa continua a essere una terra sconfinata di missione, come l’operato di padre Pasolini conferma.

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