Cinema
Alain Delon: se n’è andata un’icona del Novecento
Sotto il profilo professionale parliamo di un attore a tutto tondo, che ha conosciuto tutti i ruoli: da ragazzetto irrequieto e violento a cuoco; da attore a produttore e in due occasioni regista
Alain Delon, l’icona maschile per eccellenza, se ne è andato a 88 anni, domenica 18 agosto. Personaggio tutt’uno con l’altro, il sé, anche se Pirandello avrebbe avuto molto da ridire su questa identità. Perché il duro e macho di noir e hard-boiled, l’affascinante e scanzonato di film sentimentali e non, era anche molto altro nella vita.
Nelle sue dichiarazioni ufficiali era infatti possibile trovarlo tutt’uno con il tradizionalista Le Pen, ma anche vicino alle posizioni progressiste della sinistra ambientalista come ebbe a dichiararsi nelle elezioni per il sindaco di Marsiglia.
Sotto il profilo professionale parliamo di un attore a tutto tondo, non solo duro e crudo, ma anche maschio e sciupafemmine. Sfumature che emergono già tutte in “La prima notte di quiete”, film del 1972 con la regia di Valerio Zurlini, uno dei punti di snodo della sua carriera. Delon interpreta un professore di ventura in giro per l’Italia a fare supplenze più o meno brevi. Un proletario senza fissa dimora, spregiato dalla buona borghesia di Rimini che finisce per innamorarsi di una sua studentessa.
Ma nella sua vita non c’è stato solo il cinema. Delon è stato anche, chissà quanto volontariamente, una preziosa cerniera tra cinema e letteratura, grazie a memorabili interpretazioni quale quella del principe Tancredi in “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, tratto dal romanzo di Tomasi di Lampedusa, nel 1963, e quella dell’enigmatico barone di Charlus in “Un amore di Swann”, ispirato alla “Ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust nel 1994.
Non solo attore. Tra il 1950 e il 1980 Delon ha rappresentato il canone della bellezza pura e semplice. Un po’ come, per Marguerite Yourcenar, l’Antinoo dell’imperatore Adriano del secondo secolo della nostra era. Solo che con Delon siamo in territorio abitato, provvisoriamente, da bellissime donne, cantanti (Nico, Dalida) o attrici come Romy Schneider che, fino alla sua scomparsa nel 1982, rimarrà sempre l’immagine femminile della sua vita, nonostante la lunga teoria degli altri amori più o meno matrimoniali.
E qui non si può non pensare alla eccezionalità di ciò che da alcuni viene chiamato “caso”. Nel film “Il Gattopardo”, forse più celebrato, non è infatti compreso un episodio particolare del romanzo, probabilmente il più affascinante; quello relativo al principe Fabrizio Salina che mentre sta morendo, nell’agonia, ha la visione di una giovane donna che si fa largo tra i presenti e che “si scusava e si avvicinava: era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo”.
In questo personaggio qualcuno ha letto l’essenza di quelle stelle da sempre osservate dal principe, altri la Signora che viene a prendere l’anima del protagonista, con un possibile riferimento, al di là delle convinzioni o dei proclami, anche all’icona mariana.
Talvolta il cinema, la letteratura, la vita, l’amore, in personaggi come Delon, divengono un tutt’uno assai arduo da sciogliere e analizzare. Delon resta quindi un’icona del Novecento che ha conosciuto tutti i ruoli, da ragazzetto irrequieto e violento a cuoco; da attore a produttore e in due occasioni regista.
La prima nel 1982 con “Per la pelle di un poliziotto”, un’opera anche in questo caso legata alla letteratura, visto che la pellicola era ispirata al romanzo “Piovono morti”, di Jean-Patrick Manchette, uno dei grandi protagonisti del rilancio del noir in Francia. L’altra, l’anno seguente, con “Braccato”, altro noir in cui a farla da padrone sono la legalità, l’arbitrio, l’onore e la lotta per la sopravvivenza.
Sentimenti che hanno caratterizzato da una parte il ruolo dei suoi personaggi, dall’altra tutta la sua vita … quella di un ragazzino praticamente senza padre alla ricerca dell’affetto perduto.
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