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viaggio storico in iraq

Il Papa a Mosul: la fraternità è più forte del fratricidio

Uno dei momenti nevralgici, nel terzo giorno del Papa in Iraq, è la preghiera di suffragio per le vittime della guerra a Mosul, una città devastata dalla furia dell’Is ma che ha cominciato il cammino di ricostruzione anche con esperienze di collaborazione fra cristiani e musulmani

Foto Vatican Media

Tra le macerie, lì dove il sedicente Stato islamico ha seminato l’oscurità della morte e del terrore, il Papa porta la luce della fede e della speranza. In una Mosul in cerca di ricostruzione degli edifici e dei cuori, Francesco invoca il perdono di Dio e la grazia della conversione mentre indica che la strada è quella di attuare il disegno d’amore e di pace che il Signore ha per l’uomo. Un cammino segnato dalla speranza che suscitano le esperienze di collaborazione fraterna fra cristiani e musulmani raccontate nelle testimonianze che precedono il saluto del Papa .

A scandire l’intensità dell’evento la Preghiera e i silenzi nella spianata dove le rovine delle 4 chiese distrutte, già da sole, testimoniano la sofferenza di cristiani e non solo, quando arrivò l’Is. Tra il 2014 e il 2017 a Hosh al-Bieaa, piazza delle 4 chiese - siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-

ortodossa e caldea - questi edifici vennero distrutti dagli attacchi terroristici. Ma ci sono anche i canti e la gioia dei fedeli in una giornata segnata da uno splendido sole, a testimoniare tutta la voglia di ricominciare che si sprigiona. (Ascolta il servizio con la voce del Papa )

Gli anni di violenza del terrorismo verso musulmani, cristiani e yazidi

Mosul è il luogo simbolo del dell’Is che qui instaurò la sua capitale e compì massacri fra il 2014 e il 2017. Da antica città sulla riva occidentale del fiume Tigri di fronte ai resti archeologici di Ninive, da crocevia di etnie e religioni lungo i secoli, in quegli anni si è trasformata in luogo di terrore. Da qui, dalla “città dei profeti” chiamata così per la presenza delle tombe di cinque profeti musulmani, circa mezzo milione di persone, di cui oltre 120.000 cristiani, dovettero fuggire in quegli anni bui e la località fu sottoposta a una sistematica devastazione con la distruzione fra l’altro di chiese, del mausoleo di ‛Awn ad-dīn, di Nabī Yūnis (il mausoleo del profeta Giona), di un tratto murario del sito di Ninive, oltre che di rarissimi manoscritti e di più di 

100.000 libri conservati nella Biblioteca, di reperti archeologici e perfino della moschea di Mūr ad-dīn. Oggi si sta lavorando alla ricostruzione della città, ma anche del tessuto sociale che la abita.

Subito nel suo saluto il Papa ricorda le fin troppo evidenti conseguenze del terrore: “Oggi - dice - eleviamo le nostre voci in preghiera a Dio Onnipotente per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati”: Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, gli yazidi, che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo, e altri – sfollati con la forza o uccisi! Oggi, malgrado tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla con voce più eloquente di quella dell’odio e della violenza; e mai potrà essere soffocata nel sangue versato da coloro che pervertono il nome di Dio percorrendo strade di distruzione.

Un danno incalcolabile il ridursi dei cristiani

Riecheggia, dunque, nelle sue parole quella sottolineatura che la violenza è un tradimento della fede, già evidenziata diverse volte anche in questo viaggio apostolico. Nel suo discorso ricorda le toccanti testimonianze che, prima del suo saluto, hanno rivolto l'arcivescovo di Mosul ed Aqra dei caldei, monsignor Najeeb Michaeel, e padre Raid (Emmanuel) Adel Kallo, parroco dell’Annunciazione a Mosul, che ha raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. “Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per le 

persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle”, rileva il Papa. In effetti, “un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri”, per quanto piccolo, come avviene nei tappeti artistici, dove un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme, sottolinea ancora. Il sacerdote si è anche soffermato sull’esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul, dove ha trovato accoglienza, rispetto, collaborazione. Si tratta, evidenzia il Papa, di “segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto” che fanno “sperare nella riconciliazione e in una nuova vita”. Nelle sue parole anche il richiamo alla testimonianza del signor Gutayba Aagha, musulmano, Capo del Consiglio sociale e culturale per le famiglie di Mosul, che ha ricordato “che la vera identità di questa città è quella della convivenza armoniosa tra persone di origini e culture diverse. Per questo - afferma il Papa -  accolgo con grande favore il Suo invito alla comunità cristiana a tornare a Mosul e ad assumere il ruolo vitale che le è proprio nel processo di risanamento e di rinnovamento”.

Fonte: Vatican News
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