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La pandemia affrontata dalle Missioni cattoliche di lingua italiana: un pezzo di patria per gli italiani all’estero

È un periodo non facile questo a causa della pandemia in corso e che coinvolge tutto il mondo. C'è un invito ad essere responsabili: una responsabilità collettiva che dobbiamo far nostra. Gli italiani che vivono all’estero guardano con preoccupazione quello che avviene nei Paesi dove risiedono con uno sguardo al loro paese d’origine, l’Italia

Foto Ansa/SIR

È un periodo non facile questo a causa della pandemia in corso e che coinvolge tutto il mondo. “Non sarà un mese facile, per nessuno di noi, e poi è novembre, un mese triste, la poca luce predispone alla malinconia”, scrive il mensile delle Missioni cattoliche italiane in Germania e Scandinavia, “Corriere d’Italia” commentando il lockdown in vigore, fino alla fine del mese in Germania. Le misure anti-coronavirus, annunciate il 28 ottobre dalla Cancelliera Merkel in concerto con i ministri presidenti dei Bundesländer e che varranno per tutto il mese di novembre, servono a evitare il diffondersi incontrollato del virus che aveva visto un andamento esponenziale dei contagiati. L’invito ad essere responsabili: una responsabilità collettiva che dobbiamo far nostra. Gli italiani che vivono all’estero guardano con preoccupazione quello che avviene nei Paesi dove risiedono con uno sguardo al loro paese d’origine, l’Italia. Le Missioni cattoliche di lingua italiana rappresentano un pezzo di patria per gli italiani all’estero. Esse continuano ad offrire soprattutto in questo periodo di pandemia la possibilità di coltivare ed esprimere la propria Fede secondo le loro tradizioni e origini.“Il nostro compito come Comunità di lingua italiana è quello di continuare a seguire pastoralmente (ma non solo) gli italiani per dare loro un sostegno e l’aiuto spirituale e non lasciarli soli in questo momento di difficoltà”, spiega Silvana Pisaturo, presidente del Consiglio pastorale della Missione cattolica di lingua italiana nel Canton Lucerna in Svizzera: questo tempo del Covid-19 sta incidendo “non solo nella nostra vita quotidiana, ma anche nel nostro modo di vivere”. E la sfida consiste nel trovare nuove forme e/o alternative che faccino “riscoprire il valore del nostro essere e dell’essere Comunità in questo tempo, dove i bisogni fondamentali degli esseri umani sono stati catapultati: il bisogno di sicurezza e protezione, di appartenenza, di affetto e d’identificazione, di successo, il bisogno di realizzazione di sé. Abbiamo perso il controllo della nostra vita e a questa cosa non eravamo pronti. Questo lo si nota ancora di più in Svizzera, paese ricco e di grandi opportunità”.Per chi ha familiari in Italia, il non poter più partire come si faceva prima, il non poter dare un abbraccio di conforto ai propri cari e il non sapere quando ci sarà la prossima possibilità per incontrarsi, aggiunge una amarezza profonda.Nelle persone, alla Mci del Canton di Lucerna, si riscontra “un forte bisogno di ascolto, di raccontarsi, di comunicare per poter elaborare questi sentimenti”.

La situazione in Ungheria è in evoluzione, dice fra Sergio Tellan della Missione cattolica italiana a Budapest. “La situazione non è tranquilla. Fino a qualche mese fa l’Ungheria era stata risparmiata dal contagio, ci si poteva muovere con libertà. Si guardava con una certa apprensione quanto succedeva in Italia. Diverse famiglie italiane sono state contagiate”. La comunità italiana ha ripreso le attività in modo limitato: solo la Messa è consentita, mentre le altre attività di catechesi e formazione sono on-line e si continua a mantenere i contatti telefonicamente e con i nuovi mezzi di comunicazione.

A Londra la situazione dei contagi e delle terapie intensive affollate ha indotto il Governo a decretare per la Metropoli un secondo lockdown che, come ci dice p. Andrea Fulco della Missione cattolica italiana a St. Peter italian Church a Londra, non è percepito come restrizione severa come nel primo. La comunità italiana vive “come se fosse in Italia e quindi si ritira in casa e molti lavorano da casa. La pastorale ha la sua forza nello streaming delle Messe: raggiungiamo non solo i parrocchiani ma chiunque. I media possono esercitare una forza non indifferente anche se ci spogliano della relazione e dei contatti umani”. Il sacerdote svolge regolarmente le catechesi in preparazioni al matrimonio attraverso le piattaforme e anche i catechisti della prima comunione hanno coinvolto non solo i ragazzi ma anche i genitori nel compito educativo di insegnare la dottrina ai figli seguiti on-line dagli stessi catechisti. La Chiesa in questo modo “non è mai chiusa. Oltre ad essere aperta solo per il culto individuale rimane aperta sulle varie ‘onde’”.L’insicurezza della situazione e le chiusure delle frontiere moltiplica il senso di nostalgia e i problemi legati alla lontananza dai propri affetti.

L’obiettivo principale della Missione cattolica italiana a Berna, in Svizzera, è quello di continuare a vivere la dimensione comunitaria in forme diverse. “Serve creatività, per reagire e mantenere il contatto con la gente”. Alla Mci di Wohlen-Lenzburg”, dice suor Cristina Compagno,“non siamo rimasti chiusi ed impauriti” ma “ci siamo messi in gioco, certi che quei cinque pani, donati a Cristo, avrebbero riempito ceste e scacciato la paura ed il timore”. Telefonicamente e quotidianamente “abbiamo raggiunto i fedeli, gli ammalati, i sani, i tristi, e gli impauriti, con una voce, una parola di conforto e di incoraggiamento, con la vicinanza che da cuore a cuore supera anche l’impossibilità di un contatto fisico”. Oggi, lentamente e con cautela, la situazione si va aprendo. Sono riprese le Celebrazioni in presenza del popolo, nel rispetto dei numeri consentiti e delle norme sanitarie, adesso è possibile “guardarsi negli occhi, condividere sorrisi, e soprattutto vivere insieme i Sacramenti, consumare il Corpo e sangue di Cristo, Quel Corpo-Pane donato vivo vero e presente, nell’Eucaristia”.

Fonte: Sir
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