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Putin taglia il gas e l’Ue corre ai ripari risparmiando energia. La situazione in Europa

Gazprom chiude i rubinetti e l'Europa cerca di parare il colpo. Taglio dei consumi energetici del 15% da qui al marzo 2023. Tra esenzioni e ricorso alle rinnovabili. Ma riprendono quota anche nucleare e carbone. Viaggio nell'Ue per sapere come rispondono Germania e Spagna, Francia e baltici, fino ai Paesi balcanici. L'aumento della bolletta colpisce senza distinzioni. Forse è giunto il tempo di una vera politica energetica comunitaria

Foto SIR/Marco Calvarese

“Salvare il gas per un inverno sicuro”: Putin e Gazprom minacciano di tagliare ulteriormente le forniture energetiche all’Europa amica dell’Ucraina. E così l’Unione corre ai ripari, decidendo di tagliare i propri consumi di gas del 15% tra agosto e il prossimo 31 marzo. Fare di necessità virtù, sembra il motto che sta alla base della decisione assunta dal Consiglio Ue a fine luglio: un abbozzo di politica energetica comune, senza vincoli né obblighi ma “raccomandazioni” e impegni reciproci. Del resto lo zar del Cremlino non scherza: è un pericolo sul fronte militare tanto su quello dell’energia, per cui occorre sganciarsi il più possibile dalla dipendenza dalla Russia.

Giù i consumi per 45 miliardi di metri cubi. Dal duro negoziato tra i 27, facilitato dalla Commissione europea, dovrebbe emergere un risparmio complessivo, in otto mesi, pari a 45 miliardi di metri cubi di gas naturale. Riconoscendo che la situazione sia diversa da Paese a Paese (per produzione, forniture e consumi), il compromesso è stato raggiunto grazie a una serie di esenzioni e facilitazioni riconosciute ad alcuni Stati. “L’accordo politico raggiunto dal Consiglio a tempo di record garantirà una riduzione ordinata e coordinata del consumo di gas in tutta l’Ue per prepararsi al prossimo inverno”, ha chiarito Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, regista dell’operazione-risparmio. La quale avviene nel quadro di RePowerEu – programma definito in risposta alle difficoltà energetiche mondiali causate dall’invasione russa dell’Ucraina – che prevede tre azioni principali: risparmiare energia (aumentando inoltre l’efficienza energetica), ricorrere alle fonti pulite e rinnovabili (incentivandole anche mediante ricerca e investimenti), diversificare l’approvvigionamento (il capitolo più impegnativo). Von der Leyen ha peraltro spiegato che, in casi di emergenza, si possa ricorre a “riduzioni obbligatorie del consumo di gas negli Stati membri per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e proteggere i propri consumatori, siano essi famiglie o imprese”.

Poi la presidente dell’esecutivo si è sfogata parlando di “ricatto energetico di Putin”.

“L’annuncio di Gazprom che taglierà ulteriormente le consegne di gas in Europa attraverso il Nord Stream 1, senza giustificati motivi tecnici, illustra ulteriormente la natura inaffidabile della Russia come fornitore di energia”. Grazie alla decisione comune assunta a Bruxelles “siamo ora pronti ad affrontare la nostra sicurezza energetica su scala europea, come Unione”.

Esenzioni e alleggerimenti. Detto fatto, occorre rimboccarsi le maniche per raggiungere l’obiettivo del taglio dei consumi. Operazione non semplice, specie per i governanti che, comunque, devono rendere conto ai cittadini-elettori. Compito arduo ad esempio per la Germania, che da sola importa quasi il 40% del gas russo destinato all’Europa. Altri Paesi hanno messo le mani avanti chiedendo, per ragioni interne, esenzioni o alleggerimenti dei tagli, come nel caso della Spagna e dell’Ungheria (il cui governo, in solitudine, ha votato contro il piano). Tre Stati sono completamente esclusi dai tagli: si tratta delle isole, Irlanda, Cipro e Malta, scollegate dall’Ue, i cui eventuali tagli dei consumi non andrebbero a beneficio dei Ventisette. Ugualmente i baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – sono esentati, dipendendo ancora, dai tempi del comunismo, dalla rete elettrica russa (per loro il rischio di rimanere al freddo e al buio dipende dagli umori di Mosca). Un’altra deroga si applica invece ai Paesi che superano l’obiettivo di stoccaggio di gas a livello europeo, fissato all’80% entro il 1° novembre. Una sorta di “premio” che riguarda Danimarca, Polonia, Portogallo e Svezia. A tale soglia sono vicini anche Italia, Belgio, Francia, Repubblica Ceca e la stessa Spagna.

Nucleare, carbone, rinnovabili. A questo punto ogni nazione Ue sta cercando la propria strategia per tagliare il 15% di consumi. La Germania non esclude di ritornare alle forniture di carbone, mentre il cancelliere Olaf Scholz ha affermato: “Potrebbe avere senso prolungare la vita operativa delle ultime tre centrali nucleari in funzione nel nostro Paese”. Nel frattempo si moltiplicano i messaggi al popolo tedesco affinché si limiti il ricorso all’aria condizionata. L’Austria prende la strada delle rinnovabili e incentiva l’installazione di pannelli solari, che in effetti si stanno moltiplicando a Vienna, nelle città e nelle comunità alpine. In Polonia si registra un’impennata della bolletta energetica per le famiglie; sarà difficile convincere Varsavia ad abbandonare le miniere di carbone, come si è tentato di fare negli ultimi mesi allo scopo di limitare l’inquinamento atmosferico. Anche in Spagna si moltiplicano i problemi delle famiglie a saldare le bollette dell’energia, in una situazione già segnata dall’inflazione e dalla corsa dei prezzi.

La Francia conferma il nucleare, che fornisce metà dell’energia del Paese.

Problemi di forniture si palesano, fuori dall’Ue, nei Balcani: tra i primi a lanciare l’allarme, nei giorni scorsi, è stata la Serbia: la siccità prosciuga i laghi artificiali, necessari per alimentare le centrali idroelettriche. Ugualmente accade in Albania, la cui produzione è legata a due sole centrali idroelettriche che sono in affanno. Così il governo di Tirana ha stabilito di ridurre significativamente l’illuminazione pubblica. Poca cosa, ma è un segnale.

La denuncia del segretario Onu. L’allarme-energia non riguarda però solo l’Europa. Mercati turbolenti, inflazione, recessione dietro l’angolo preoccupano ad ogni latitudine. A questo si aggiunga il rincaro dei combustibili fossili, denunciato da Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Dall’aggressione russa, i 28 principali produttori mondiali di gas e petrolio hanno realizzato extra profitti per – si stima – 100 miliardi di dollari nei primi mesi del 2022. “È immorale che le compagnie petrolifere e del gas traggano profitti record da questa crisi energetica che grava sulle spalle delle persone e delle comunità più povere e che ha un costo enorme per il clima”, afferma Guterres.

“I profitti combinati delle maggiori compagnie energetiche nel primo trimestre di quest’anno sfiorano i 100 miliardi di dollari”.

A farne le spese Paesi e consumatori di gran parte del globo. E, con l’inverno, la situazione potrebbe peggiorare. Per questo l’Ue cerca soluzioni alternative. Anche se il vero salto di qualità si avrebbe con una vera, coordinata ed efficace politica energetica comune.

Fonte: Sir
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