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Accoglienza ucraini in Italia. Biffoni (Anci): “C’è una generosità diffusa nel Paese, ma tutto dipenderà dai numeri”

“Dobbiamo essere consapevoli che l’Unhcr sostiene che potrebbero essere tra 700mila e 800mila le persone che alla fine di questo dramma potrebbero ritrovarsi in Italia. Per questo ci stiamo strutturando per far sì che il sistema di accoglienza regga l’urto”

Foto Siciliani-Gennari/SIR

A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina la macchina della solidarietà e dell’accoglienza dei Comuni italiani si è subito messa in moto, come sempre succede nelle emergenze. Molti sindaci hanno promosso iniziative o hanno invitato a sostenere quelle già avviate per portare aiuti in Ucraina e nei Paesi confinanti che stanno affrontando la gestione dei flussi di chi fugge dalla guerra. E poi è partita l’accoglienza di quelle persone, circa 80mila finora, che hanno raggiunto l’Italia, trovando accoglienza lungo tutto lo Stivale. Della nuova dimostrazione di solidarietà di cui sono capaci le nostre comunità abbiamo parlato con Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci all’immigrazione.

Come hanno risposto cittadini e territori a questa nuova emergenza?

C’è stata una generosità diffusa nel Paese. Ognuno di noi sindaci potrebbe raccontare di decine di cittadini e famiglie che si sono rese disponibili all’accoglienza. E di associazioni che si sono subito messe in moto per sostenere sia le persone che sono arrivate sul territorio italiano sia i profughi nei Paesi confinanti con l’Ucraina. È nato un percorso di solidarietà fantastica. E, ovviamente, i Comuni come sempre sono in primissima fila perché le persone arrivano nelle città e sui territori andando a raggiungere, in questo caso molto spesso, le comunità che sono già presenti in Italia. Questo ci ha portato a metterci subito in azione per farci trovare pronti di fronte a quella sfida immensa che dovremo giocare nel corso dei prossimi mesi, perché purtroppo non penso cesserà prima.

Come sta procedendo l’accoglienza dei profughi ucraini nei Comuni italiani, piccoli o grandi centri che siano? Sono sorte già criticità?

In questo momento il funzionamento del sistema di accoglienza – suddiviso in tre tronconi: Cas (Centri di accoglienza straordinaria) delle Prefetture, Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) legato alla progettualità dei Comuni, famiglie – ha permesso di gestire il flusso di questi primi profughi, circa 80mila persone, in maniera lineare. Ma dobbiamo essere consapevoli che l’Unhcr sostiene che potrebbero essere tra 700mila e 800mila le persone che alla fine di questo dramma potrebbero ritrovarsi in Italia. Per questo ci stiamo strutturando per far sì che questo sistema regga l’urto, con il coinvolgimento del Terzo settore. A Prato, dove ospitiamo circa 500 profughi, sia nel resto d’Italia la gestione sta andando abbastanza bene, considerando che il 40% circa di arrivi è rappresentato da bambini e minori che necessitano di un accompagnamento ancora più delicato e raffinato rispetto agli adulti. In questo momento particolari tensioni o criticità non ci sono; ma la preoccupazione è legata al capire quanto tiene il sistema dell’accoglienza familiare. Con l’ordinanza 881 del 29 marzo firmata dal capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, è previsto un sostegno alle famiglie ospitanti e questo dovrebbe consentire un consolidamento di questa forma di accoglienza. Ma tutto dipenderà dai numeri, se dovessero esplodere allora bisognerebbe riconsiderare tutto l’impianto dell’ospitalità.

Relativamente all’ordinanza 881 Anci ha manifestato qualche perplessità. Quali aspetti non hanno convinto i sindaci?

Non ci convince molto l’idea dei posti immediatamente applicabili attraverso accordi nazionali con le grandi associazioni del Terzo settore. Sia chiaro, sono bravissimi e il Terzo settore è fondamentale ma, in tutto questo impianto, non capiamo il ruolo dei Comuni e come vengono coinvolti per evitare sbavature o appesantimenti nell’accoglienza sui territori. Ne parleremo con l’ing. Curcio e con il Governo, perché non possiamo permetterci arrivi incontrollati o quantomeno non governati. Questa nostra posizione è risaputa, l’abbiamo espressa più di una volta. Nel frattempo stiamo lavorando perché tutto funzioni al meglio.

Quali “alleanze” vanno rinsaldate tra Istituzioni, società civile, scuola e privati per far fronte a questa nuova situazione?

A fronte di quello che è il potenziale numero di profughi che ci vengono prospettati la “Santa Alleanza” dev’essere del Sistema Paese: ci dev’essere il coinvolgimento delle Regioni, del Sistema sanitario, dei Comuni, del Governo, della Scuola… Non la gestiamo con pezzettini di intervento ma solo ed esclusivamente se mettiamo in fila un sistema che si fa carico immediatamente degli arrivi alla frontiera, fa lo screening sanitario e poi distribuisce sul territorio in base alla disponibilità senza forzare troppo. Si tratta di un lavoro ampio e raffinato, che chiede grandissima capacità di organizzazione e di costante e reciproco riferimento. Non ce la faremo se solo una parte di Paese si impegna in questa emergenza, la sfida è davvero complessa. Anche perché la rotta balcanica e quella mediterranea continuano ad essere aperte. Per questo è fondamentale il Sistema Paese; ognuno per la sua competenza e la sua capacità si fa carico di un pezzo del percorso. Altrimenti ci scapperà di mano.

Giovedì è arrivato il via libera definitivo al decreto Ucraina che ha disposto lo stanziamento di nuove risorse per far fronte alle esigenze di accoglienza dei cittadini ucraini mentre il Viminale ha annunciato la disponibilità di 17 milioni di euro agli enti locali per allestire o rendere più efficienti immobili pubblici destinati, o da destinare, all’accoglienza, migliorandone sia la funzionalità sia l’efficienza energetica. Sono fondi sufficienti? Cos’altro serve?

Per ora va bene. Ma è quasi fisiologico che ci si dovrà rimettere le mani. In questo momento il flusso dei profughi è importante ma potrebbe essere un decimo di quello a regime. Alcuni provvedimenti presi in questi giorni ci convincono molto, su altri abbiamo detto le nostre perplessità. Ma è probabile che si dovranno prendere altre decisioni. L’emergenza non è finita e se le cose in Ucraina continuano così da qui a qualche mese, forse anche solo poche settimane, serviranno di sicuro dei reintegri.

Come Anci, cosa ritenete decisivo perché possa essere un’accoglienza effettiva e positiva?

Sono tre le questioni fondamentali. La prima è che abbiamo chiesto al Governo la totale presa in carico dal punto di vista economico dei minori ucraini. La seconda è relativa al rafforzamento economico dei Servizi sociali dei Comuni perché ci sarà un aggravio dei costi. Poi chiediamo di poter correre di più con i progetti Sai, perché questo ci consentirebbe di strutturare una serie di percorsi di accoglienza gestiti, organizzati e ben radicati sul territorio; nel rispetto della legge, sarebbero necessarie un po’ di deroghe. Infine, ma è quasi scontato, chiediamo un coinvolgimento costante ed effettivo in tutte le scelte che vengono fatte e che riguardano i territori.

Fonte: Sir
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