emergenza sanitaria
Coronavirus. Angelini (Dip. Sanità Pubblica): “A Ravenna meno casi, non perché non li abbiamo cercati”
l numero di tamponi effettuati è simile a quello delle altre province, spiega il direttore della Sanità Pubblica dell'Ausl Romagna. "Attualmente possiamo dire che riusciamo a fare il tampone entro 24 ore dalla segnalazione. E tanti sono negativi"
Si fa presto a dire “test sierologico”. “Oltre al rintraccio dei contatti attraverso i tamponi, sulla base della segnalazione dei medici di medicina generale o del cittadino stesso – spiega la direttrice del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl Romagna Raffaella Angelini – per valutare il grado di coinvolgimento degli operatori sanitari e delle Cra, abbiamo avviato una campagna di test sierologici. E questo per noi significa: somministrare anzitutto il cosiddetto ‘test veloce’ per verificare la presenza o meno degli anticorpi Covid-19 nel sangue. In caso fosse positivo, approfondiamo con un test più accurato e un tampone per testare che l’infezione non sia in atto (il test dice solamente se c’è stata – ndr)”. Un percorso complesso, spiega la dottoressa Angelini, che non ha ancora raggiunto tutti gli operatori sanitari. “Per questo, anche in vista della riapertura delle attività produttive, bisogna evitare che i cittadini vengano ‘illusi’ di un’eventuale immunità con test meno complessi ed è necessario che la somministrazione venga coordinata dalla Regione”.
Ma è anche una questione di soldi e disponibilità? Cioè questi test ci sarebbero per tutti?
In Ausl Romagna non c’è mai stato un problema di budget su questi presidi – chiarisce la dottoressa –. Il problema è piuttosto di disponibilità materiale dei test (reagenti e kit). E su questo si stanno interrogando in Regione e anche a livello nazionale.
Come ci si è mossi nei mesi scorsi per la ricerca di contatti e possibili positività al virus?
Come veniva indicato dalla Regione: secondo tre indicazioni generali: “testing, tracing and treatment”. Cioè “fare test” per individuare la positività, ricercare la diffusione attraverso i contatti delle persone risultate positive e trattando sintomi. Questa resterà la base di lavoro anche nella cosiddetta Fase2.
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