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Dopo il crollo del ponte. Mohamed Dachan (Ucoii): “A Genova abbiamo visto l’Italia gentile che andrà avanti”

Parla Mohamed Dachan, che ai funerali di Genova ha letto il messaggio di preghiera e solidarietà a nome delle comunità islamiche italiane. “Abbiamo visto - dice - il volto vero dell’Italia. Nessuno può dire, per una persona che sbaglia, che l’Italia è razzista, che non vuole il dialogo, che ci rifiuta. Quello che abbiamo visto a Genova e poi dopo, è l’espressione dei valori in cui credono gli italiani e grazie ai quali l’Italia andrà avanti”

Foto AFP/SIR

“Qualsiasi articolo, qualsiasi parola non riescono a definire quello che abbiamo visto a Genova. Ho fatto un giro tra le bare e tra i parenti che erano attorno. C’era tanta tristezza ma quando passavamo, la gente ci sorrideva, chi era seduto si alzava per accoglierci, i parenti delle vittime ci accoglievano con un sorriso. Erano persone sicuramente schiacciate dal dolore ma ancora vive. Persone educate che trovavano la forza di fare un sorriso a chi li stava visitando. Un’esperienza unica”. Ha ancora l’emozione nella voce Mohamed Dachan, mentre racconta al telefono l’atmosfera vissuta a Genova nel giorno dei funerali delle vittime. E’ stato lui, presidente emerito dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii), a leggere il messaggio di solidarietà e preghiera per le vittime. “Siamo vicini a tutti voi”, ha detto: “Genova: saprà rialzarsi con fierezza”.

Dottor Dachan, il messaggio che ha letto è stato più volte interrotto dagli applausi. Vi aspettavate tanta accoglienza?
Noi siamo andati a Genova per pregare e per esprimere la nostra solidarietà. Siamo usciti con la sensazione che siano state invece quelle persone a incoraggiarci ad andare avanti sulla strada del dialogo e della preghiera.

La gente di Genova ci ha cambiato, in quella giornata.

Ad ogni passaggio di incoraggiamento contenuto nel nostro messaggio, la gente applaudiva. Non riusciamo ancora a parlare di quello che è successo perché non riusciamo a dare il vero valore a quello che abbiamo visto e vissuto.

Che Italia ha visto?
Quando siamo arrivati a Genova, uscendo dall’autostrada, c’erano vigili urbani, polizia e carabinieri che davano indicazioni con grandissima gentilezza, consona al dolore che la città stava vivendo. Quando siamo entrati nel parcheggio della fiera, abbiamo ritrovato nella gente e, tra gli organizzatori, la stessa gentilezza e la stessa educazione. Quando siamo usciti, la gente ci ha applaudito fino alla porta di uscita. Questa gente alla quale noi volevamo portare solidarietà, ci incoraggiava. Erano loro a darci forza. A Genova, abbiamo visto l’Italia in miniatura e l’abbiamo ritrovata nella giornata successiva ai funerali nelle migliaia e migliaia di visualizzazioni e consensi al messaggio che abbiamo letto ed è stato rilanciato sui social. I commenti positivi superano il 70% quelli negativi. In centinaia ci hanno scritto in privato. Mi ha chiesto che Italia ho visto e le rispondo: abbiamo visto il volto vero dell’Italia. Nessuno può dire, per una persona che sbaglia, che l’Italia è razzista, che non vuole il dialogo, che ci rifiuta.

Quello che abbiamo visto a Genova e poi dopo, è l’espressione dei valori in cui credono gli italiani e grazie ai quali l’Italia andrà avanti.

Alla luce della sua storia di siriano di Aleppo e alla luce della fede islamica, come si può risorgere da un dolore così grande?
Dio ci ha dato diversi doni. Ma due cose non possono non esserci: il dolore e la tristezza. Dolore e tristezza rimarranno sempre nella vita. Però c’è la speranza e c’è, come ho detto a Genova, Dio che è Misericordia e nella sua infinita Misericordia accoglie le sue creature. Qualcuno mi ha chiesto: perché ancora scavano? Perché i parenti dei dispersi non smetteranno mai di cercarli e rimarranno lì finché non li troveranno.

Quello scavare tra le macerie è il simbolo della speranza.

Con quali sentimenti ha lasciato Genova?

Il primo è una preghiera affinché Dio guarisca i feriti. L’altro pensiero che lego in particolare alla Siria, è per gli sfollati.

La loro situazione mi addolora profondamente il cuore. Nella casa è custodita tutta la vita di una persona, di una famiglia. La casa con i suoi mobili, i suoi oggetti, i suoi quadri. La nostra vita è la nostra casa. Penso ai bambini che escono dal loro nido. Penso alle donne e alla loro intimità. Infine il mio pensiero va ai familiari delle vittime. Forse ancora non si rendono conto di aver perso qualcuno. Cominceranno a sentire la perdita, settimana dopo settimana, quando non vedranno più il familiare perso. Quando l’abitudine della loro vita viene cambiata per sempre. Quando cominceranno ad aspettare che, da un momento all’altro, tornino i loro cari, il padre o il figlio, ma poi si renderanno conto che non verranno mai più. La vera perdita di una persona si comincia a sentire dopo.

Lei però diceva che la Genova ferita troverà la “fierezza” di rialzarsi. Come riuscirà a farlo?
Quello che abbiamo visto nella gente di Genova ci dà la certezza e non solo la speranza che riusciranno a fare ciò che ritengono opportuno per far rialzare la città. Genova non è una città italiana, non è una città che appartiene solo all’Italia. È porto sull’Europa, via di accesso per la Germania, la Francia, la Svizzera, per il Nord Europa.

Spero, allora, che tutta la comunità europea aiuti Genova a rialzarsi.

Fonte: Sir
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Dopo il crollo del ponte. Mohamed Dachan (Ucoii): “A Genova abbiamo visto l’Italia gentile che andrà avanti”
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