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Elezioni regionali 2019: Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Piemonte, Emilia Romagna e Calabria

I sistemi elettorali prevedono tutti l’elezione diretta del presidente a turno unico, ma in ogni regione – e in particolare in Sardegna in virtù dello statuto speciale – sono presenti delle varianti. In una data tra 15 aprile e il 15 giugno saranno eletti i sindaci di quasi quattromila comuni, compresi 26 capoluoghi di provincia, che in cinque casi sono anche capoluoghi di regione: Bari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza

Foto agensir.it

Si parte già a febbraio con le regionali in Abruzzo (il 10) e in Sardegna (il 24). Il 2019 sarà un anno fortemente caratterizzato dagli appuntamenti elettorali. Il voto per il Parlamento europeo (26 maggio) è ovviamente quello che catalizza le maggiori attenzioni, anche per il rilievo che ha assunto in una stagione politica segnata, non solo in Italia, dall’emergere del “sovranismo” e del “populismo”. Ma sono ben sei le elezioni regionali in programma: dopo Abruzzo e Sardegna sarà la volta della Basilicata (a marzo), del Piemonte (insieme alle europee), dell’Emilia Romagna e della Calabria (tra novembre e dicembre).

I sistemi elettorali prevedono tutti l’elezione diretta del presidente a turno unico, ma in ogni regione – e in particolare in Sardegna in virtù dello statuto speciale – sono presenti delle varianti. In una data tra 15 aprile e il 15 giugno, inoltre, saranno eletti i sindaci di quasi quattromila comuni, compresi 26 capoluoghi di provincia, che in cinque casi sono anche capoluoghi di regione: Bari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza.

Ma veniamo alle due scadenze più ravvicinate. In Abruzzo si vota con qualche mese di anticipo rispetto alla scadenza naturale per via delle dimissioni del presidente uscente, Luciano D’Alfonso (Pd), che ha optato per il seggio in Senato dopo le ultime consultazioni politiche. Viene eletto presidente il candidato che ottiene più voti, con un premio di maggioranza per la lista o la coalizione ad esso collegata. È previsto uno sbarramento del 4 per cento per le liste singole (2 per cento per quelle inserite in una coalizione). Il candidato del centro-sinistra è Giovanni Legnini (già vicepresidente del Csm), Sara Marcozzi è in lizza per il Movimento 5 Stelle, il centro-destra (in versione unitaria) presenta Marco Marsilio, Stefano Flajani corre per Casa Pound Italia.

Anche in Sardegna viene eletto presidente il candidato più votato in un unico turno. Il premio di maggioranza in consiglio regionale è modulato in base ai consensi ottenuti e scatta soltanto se il presidente eletto ha riportato almeno il 25% dei voti. E’ in vigore una soglia di sbarramento del 10% per le coalizioni e del 5% per le liste singole. Il centro-sinistra (che esprime il presidente uscente, Francesco Pigliaru) candida Massimo Zedda sotto le insegne di Progressisti di Sardegna, il Movimento 5 stelle punta su Francesco Desogus, il centro-destra (anche qui unitario) ha scelto Christian Solinas, segretario del Partito Sardo d’Azione. Sono candidati anche Andrea Murgia (Autodeterminatzione), Paolo Maninchedda (Partito dei Sardi), Mauro Pili (Sardi Liberi) e Vindice Lecis (R. Comunista, Pci, Sinistra Sarda).

Un piccolo anticipo elettorale, a onor di cronaca, in Sardegna c’è già stato nei giorni scorsi: il 20 gennaio, infatti, si è votato nel collegio di Cagliari 1 per il seggio lasciato vacante alla Camera da Andrea Mura, che si è dimesso dopo essere stato eletto il 4 marzo scorso nelle liste del M5S. Il nuovo deputato è del Pd, Andrea Frailis. Alle urne è andato solo il 15,56 dei 251 mila potenziali elettori.

Fonte: Sir
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