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Incendio ghetto a Matera: monsignor Caiazzo, “stare accanto a chi è nel bisogno e soffre anche più di prima”

Il vescovo ha fatto visita al campo profughi

Incendio ghetto a Matera: monsignor Caiazzo, “stare accanto a chi è nel bisogno e soffre anche più di prima”

Sabato sera il vescovo dell’arcidiocesi di Matera-Irsina si è recato al ghetto “La Felandina”, dove mercoledì scorso, in un incendio, ha perso la vita Petty, ventottenne nigeriana. La donna, madre di due figli, lavorava saltuariamente in campagna, vivendo nella baraccopoli del metapontino, in Basilicata, insieme ad altre 500 persone, di cui 150, come lei, sgomberate in precedenza dal campo di San Ferdinando in Calabria, senza che vi fosse una soluzione abitativa concreta da parte delle istituzioni. Sono stati sequestrati bombole di gas e fornelletti elettrici. La Caritas sta garantendo tre pasti al giorno in una mensa allestita in una scuola al momento chiusa per le vacanze.

“Sto seguendo la vicenda passo passo, parlando con tutte le autorità locali. Il problema va risolto alla radice, disumano – commenta monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo – altrimenti questa gente sarà sempre costretta a vagare in questo modo. Io sono contento della risposta della comunità. Abbiamo chiesto una cucina da campo alla Protezione civile ma per il momento sarà difficile averla. Cucinare per 500 persone, in una mensa scolastica pensata per 50 bambini, solo con dei volontari, è un’impresa. Io sono contento della risposta della comunità. C’è una presa di coscienza di quello che deve essere lo stile della Chiesa, cioè stare accanto a chi è nel bisogno e soffre anche più di prima. Devo ringraziare sacerdoti e volontari della Caritas, che lavorano in sinergia con il Comune. Mi sto informando per sapere se Petty aveva dei figli in Italia. In questo caso ce ne prenderemo cura. Aspetto di sapere quando si potranno celebrare i funerali. Mi è già capitato, con una donna annegata mentre veniva soccorsa in mare. Provò a salvare il suo bambino, che le era caduto dalle braccia, buttandosi lei stessa in acqua. Il marito e l’altro figlio, vivono ancora a Matera. Ci sono circa un centinaio di migranti sostenuti dalla diocesi, senza un centesimo da parte dello Stato”.

Fonte: Sir
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