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Economia e Terzo settore

La prosperità senza l’inclusione accresce le disuguaglianze

Se ne è discusso venerdì 11 e sabato 12 ottobre durante le "Giornate di Bertinoro per l'Economia civile"

La prosperità senza l’inclusione accresce le disuguaglianze

Venerdì 11 e sabato 12 ottobre si sono svolte le consuete “Giornate di Bertinoro per l’Economia civile”, giunte alla XIX edizione, che ormai sono diventate un appuntamento imperdibile e fondamentale per gli operatori del Terzo settore. Quest’anno il tema era Prosperità inclusiva. Aspirazioni e azioni per dar forma al Futuro e nella due giorni diverse sono state le personalità di spicco che si sono susseguite nei dibattiti e focus di approfondimento davanti a una platea di circa 300 persone.

Paolo Venturi, direttore di Aiccon (centro studi sulla cooperazione e il non profit promosso dall’Università di Bologna), nel suo breve intervento iniziale ha voluto precisare come il tema della prosperità, generalmente, venga separato da quello dell’inclusione. In realtà il tentativo e lo scopo del meeting, svoltosi all’interno delle suggestive stanze della Rocca che domina dall’alto il borgo medievale, sono stati proprio quelli di iniziare un percorso per delineare delle strategie, atte a conciliare i due aspetti.

Subito dopo è stata la volta di Stefano Zamagni, professore all’Università di Bologna e da pochi mesi nominato presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, che ha evidenziato come senz’altro il progresso sia un aspetto importante della società, ma non l’unico. Bisogna anche tenere in debito conto la libertà umana. A questo proposito si può definire civile ogni modello economico e politico che si manifesta inclusivo, dove produzione e distribuzione della ricchezza vanno di pari passo.

È vero, infatti, che l’economia acquista un senso solo se persegue la pubblica felicità ed è questo il motivo che ha spinto l’attuale papa a indire l’evento The Economy of Francesco, che si terrà ad Assisi a marzo 2020 e dove ai giovani sarà chiesto di essere i reali protagonisti per un futuro cambiamento anche in campo economico. Proseguendo nel suo intervento, l’economista riminese, che da sempre ha a cuore i temi di un’economia alternativa rispetto a quella di stampo liberista e individualista, ha ricordato ai presenti ben due anniversari di non poco valore: il primo è che quest’anno ricorrono i 900 anni dalla pubblicazione della Charta caritatis, documento centrale per gli operatori del Terzo settore nel quale trovano la loro ispirazione e la loro essenza. Il motivo di fondo dello scritto è che i rapporti umani e delle varie comunità devono ergersi sul principio della carità che guarda al bene delle anime sia nelle cose divine che umane, compresa la redistribuzione della ricchezza prodotta. Seconda ricorrenza: sempre quest’anno cadono i 250 anni dalla morte del filosofo, economista e sacerdote italiano Antonio Genovesi, promotore dell’economia civile, che si spese per legare la scienza economica ai concetti di pubblica felicità e incivilimento. Per lui ciascun individuo non doveva perseguire, come contrariamente sosteneva Smith, esclusivamente il proprio interesse, ma all’interno del mercato deve valere la legge universale per cui “non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri”. Agganciandosi a questa intuizione, Zamagni ha precisato come appaia inutile studiare in che modo aumentare di un punto o due il Pil quando la questione essenziale è come riuscire a rendere ognuno partecipe del benessere prodotto dalla società. Quest’ultimo è il compito primario di quanti operano nel non profit che devono prendere esempio dall’atteggiamento del castoro, animale che non pensa ad adattarsi all’ambiente circostante, ma si prodiga per cambiarlo così da semplificare la vita anche alle altre specie. È così che il Terzo settore rappresenta il canale che consente di utilizzare e canalizzare il sovrappiù, prodotto dalla società, per la felicità di tutti.

Tra i numerosi relatori, ha portato la sua testimonianza anche Elena Casolari, cofondatrice e presidente esecutivo di Opes impact fund, che si è soffermata sulla finanza inclusiva ovvero su modalità di investimento che guardino alle reali esigenze della società. Altro suggerimento esposto è che il mondo finanziario, ancora prettamente maschile, deve aprirsi a una presenza più consistente delle donne, anche in ruoli guida, e deve considerare maggiormente le minoranze. Successivamente Mauro Magatti, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, ha dichiarato il fatto che, dopo il 2008, lo schema lineare del valore estrattivo, caratterizzato da produzione e consumo, non regge più. Serve una rivisitazione per passare, di conseguenza, a un valore condiviso di tipo circolare in cui ai semplici fattori della produzione e del consumo si aggiungano quelli della formazione personale e della cura del territorio. I temi della cura e della condivisione, che alla lunga si sono eclissati, vanno recuperati poiché da soli, nell’oceano della globalizzazione, non ci si salva e chi lo pensa è un illuso. Gli uomini prima ancora che consumatori sono, infatti, costruttori di relazioni.

Illuminante è stata, poi, la presentazione dello studio a cura di Istat dal titolo Le istituzioni non profit in Italia. Secondo dati risalenti al 2017, nel nostro paese operano 350.492 realtà che danno lavoro a 844.775 dipendenti. Ogni 100 aziende, 8 sono istituzioni non profit. Il giro d’affari del settore si attesta, invece, a 70 miliardi di euro (fonti 2015). Il quadro generale ha marcato come si tratti di un settore in continua crescita.

Annibale D’Elia, direttore Innovazione economica e sostegno all’impresa del Comune di Milano, ha esposto il progetto La scuola dei quartieri, finalizzato a chi vuole assumere un ruolo da protagonista realizzando un progetto, un servizio e un’attività utile per la comunità locale. Il Comune ha deciso di investire in conoscenza, rendendola gratuita e aperta a tutti per la resilienza delle comunità. Il fattore interessante è che non c’è una precisa sede, ma le lezioni si fanno nei centri di lavoro e aggregazione della Città di Milano.

Infine, nella sessione di chiusura, avvenuta sabato 12, Leonardo Becchetti, professore all’Università di Roma Tor Vergata, ha parlato di voto con il portafoglio ossia di un reale cambiamento economico comprando quei beni che sono il frutto di una produzione etica. Ecco perché sono necessari un’adeguata consapevolezza e informazione, un coordinamento delle decisioni e una differenza di prezzo per attuare un concreto mutamento. L’economista ha concluso il suo intervento accennando all’iniziativa Saturdays for future: “E se i giovani di Fridays for future, che si sono mobilitati in tutto il mondo per chiedere agli adulti e alle istituzioni di non rubargli il futuro e di costruire un domani sostenibile per il pianeta, coinvolgessero le proprie famiglie in dei Saturdays for future, dedicati a cambiare le abitudini di spesa?”.

A tirare le somme della due giorni è stato ancora una volta il professor Zamagni che ha avanzato tre veloci, ma profonde, riflessioni: prima di tutto ha ricordato come il Senato della Repubblica, presieduto da Maria Elisabetta Alberti Casellati, abbia istituito un premio dedicato al volontariato e al Terzo settore. Secondo aspetto, oggi la grande scelta da operare è di decidere tra tre tipi di economia possibili e alquanto diversi: liberista, sociale e civile. In ultima istanza due pensieri, uno di Albert Camus che in Taccuini 1942-1951 annotò: “Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna prima che cambi la vita di colui che lo esprime. Che cambi in esempio”; l’altro relativo a Dante che disse: “Noi non potemo avere perfetta vita senza amici”. Due linee guida imprescindibili, alle quali orientare la propria esistenza e il proprio agire, che devono essere rispettate anche nella sfera economica.

 

                                                                                                          

      

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