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INTERVISTA

Laudato si’, monsignor Di Donna: “L’educazione alla custodia del Creato tra le priorità della Chiesa”

Alcune proposte lanciate dal vescovo di Acerra dopo il convegno “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”

Laudato si’, monsignor Di Donna: “L’educazione alla custodia del Creato tra le priorità della Chiesa”

A causa di una mancata custodia “le nostre terre, da Nord a Sud, risultano contaminate da diversi fattori, con ampie conseguenze sulla salute, in particolare dei giovani e dei più poveri”. È un passaggio del comunicato finale del convegno, “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”, promosso, sabato 17 aprile, dalle Commissioni episcopali per il servizio della carità e la salute e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dai vescovi della Conferenza episcopale campana, dagli Uffici nazionali per la pastorale della salute e per i problemi sociali e il lavoro, dalla Caritas italiana.

L’incontro, trasmesso in streaming, si è svolto ad Acerra, come “luogo simbolo di tutte le ‘terre dei fuochi’ in Italia”, spiega il vescovo della diocesi campana, mons. Antonio Di Donna, da gennaio presidente della Conferenza episcopale campana.

Dopo aver accolto il grido della terra, dei malati e dei familiari dei morti, le Chiese hanno denunciato la gravità della situazione. Ora come continua il cammino?

Innanzitutto, l’appuntamento del 17 aprile è stato il convegno della Chiesa italiana che si è svolto qui ad Acerra, come luogo simbolo delle terre dei fuochi, perché le Chiese delle nostre zone hanno fatto da apripista nel sollevare il problema ambientale. Il passo successivo è allargare il nostro cammino ad altre Chiese, che hanno nei loro territori altre “terre dei fuochi”, per coordinarci e camminare insieme. In questo ci ha aiutato assolutamente la Laudato si’ di Papa Francesco, che ci ha dato una spinta ed è il nostro punto di riferimento. Anche la Cei, attraverso le due Commissioni episcopali, si è affiancata a noi in questo cammino.

Qual è stata l’esperienza finora in Campania?

Le nove diocesi del territorio compreso tra Napoli e Caserta hanno intrapreso un cammino già da 3-4 anni rispetto al dramma dell’inquinamento e alle sue conseguenze sulla salute e sull’ambiente. La Conferenza episcopale campana nel suo insieme, poi, ha assunto questo cammino svolto dalle diocesi che sono più direttamente interessate dal fenomeno. Ci siamo resi conto, però, che non bastava camminare solo noi vescovi, ma era necessario il coinvolgimento delle nostre comunità, attraverso i parroci. Abbiamo già fatto un incontro con i sacerdoti a Teano un anno fa, prima dell’inizio della pandemia; ne avremmo dovuto fare un secondo ad Aversa lo scorso ottobre, ma all’ultimo momento abbiamo dovuto rimandare l’appuntamento per l’emergenza sanitaria in corso. Il Covid-19, quindi, ha rallentato un po’ il nostro percorso, ma siamo pronti a riprenderlo appena possibile.

Perché è importante coinvolgere le comunità?

Ci siamo resi conto che c’è un deficit di educazione alla questione ambientale tra tutti: clero, fedeli, laici. La Laudato si’ è stata più letta nel mondo cosiddetto laico che non nel nostro mondo. Di qui il coinvolgimento dei sacerdoti per poi arrivare a tutta la comunità. Siamo convinti, infatti, che da questo dramma non se ne esce se non tutti insieme. Ognuno deve fare la sua parte. Innanzitutto, le istituzioni che devono impegnarsi per combattere l’inquinamento, bonificare le aree inquinate, tutelare la salute e il lavoro di chi vive in queste terre. Poi dobbiamo coinvolgere i cittadini. La Laudato si’ è molto ferma su questo punto, chiedendo ai cittadini di spingere e controllare quanto operano i governi nazionali, regionali e comunali, ma soprattutto il livello regionale, che è quello più coinvolto. Ci sono anche movimenti, gruppi e associazioni: qui da noi sono stati molto importanti, in particolare i gruppi spontanei delle mamme sono stati un motore della denuncia. Io invoco da tempo che questi gruppi, movimenti, associazioni si coordinino tra di loro per avere maggior forza mentre oggi sono frammentati. E questo fa perdere forza alle loro richieste. Infine, l’ultimo soggetto coinvolto è la Chiesa: dobbiamo denunciare queste situazioni di sofferenza, ma non possiamo limitarci a questo. Occorre formare le coscienze, ma abbiamo bisogno di capire bene le problematiche dell’inquinamento ambientale e per questo cerchiamo l’aiuto di esperti competenti. Serve poi metterci tutti insieme – Chiesa, istituzioni, specialmente la Regione, cittadini, gruppi, movimenti – intorno a un tavolo per dialogare e cercare insieme soluzioni.

Quali proposte concrete lanciate dopo il convegno?

Stiamo pensando a un osservatorio, inizialmente a livello campano, da allargare alle altre diocesi che sono interessate. Sono 78 le Chiese in Italia sui cui territori insistono i Siti di interesse nazionale o regionale.

L’osservatorio attraverso il contributo di esperti studierà i fenomeni per aiutarci come Chiesa a capire. Quando sono venuto come pastore qui ad Acerra ho avviato quella che io chiamo “operazione verità”, proprio per capire la situazione reale sull’inquinamento nella giungla di dati di cui si servono negazionisti e allarmisti per arrivare a conclusioni opposte. Chi non è addetto ai lavori come noi ha difficoltà a comprendere chi ha ragione. Abbiamo bisogno di dati precisi, tecnici, scientifici che ci dicano come stanno le cose. Rispetto all’ approccio negazionista, alla sottovalutazione o il circoscrivere la terra dei fuochi solo all’area tra Napoli e Caserta, l’approccio della Chiesa è più profondo: conoscere il fenomeno, riconoscendo che il dramma dell’inquinamento ambientale riguarda un Paese intero e che bisogna uscirne insieme. Ma non solo.

Ci dica…

Una seconda iniziativa riguarda la formazione: stiamo pensando a uno strumento snello, una sorta di “sussidio per il catechismo”, perché proprio a partire dai ragazzi del catechismo passi di più l’educazione alla pace, alla giustizia e alla custodia del Creato. Sì,

la custodia del Creato deve entrare nella catechesi, nei cammini di fede, deve aiutare i sacerdoti nella predicazione,

perché c’è un vuoto in questo senso e fare educazione alla custodia del Creato oggi dipende dalla sensibilità delle persone. L’obiettivo è una “traduzione catechistica” della Laudato si’. Anche per il sussidio penso che si partirà dal basso ma dovremo confrontarci anche con le Commissioni della Cei per il servizio della carità e la salute e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e con le altre diocesi che vivono le problematiche ambientali. Ho già contatti con alcuni vescovi molto interessati alla questione. Idee nate in seno alla Conferenza episcopale campana che poi si condivideranno con chi vuole fare questo cammino in un coordinamento: adesso inizia una fase più ordinaria, più sistematica. Il convegno stesso è stato una tappa di questo cammino di comunione tra Chiese sorelle afflitte dal dramma dell’inquinamento ambientale, affinché la Chiesa italiana nel suo insieme metta l’educazione alla custodia del Creato tra le sue priorità. In questo senso non è di secondaria importanza il saluto del card. Bassetti al convegno. Ora si apre un grande cammino, a sei anni dalla Laudato si’ per facilitare la sua ricezione nelle nostre Chiese.

Sono convinto che questa enciclica sia la Rerum Novarum del ventunesimo secolo, coniugando gli aspetti sociali a quelli ambientali.

Un errore che si fa spesso è considerare la Laudato si’ un documento ecologico, come un’enciclica green, invece come spiega lo stesso Papa Francesco è un’enciclica sociale, appartiene al magistero sociale della Chiesa. Nella Laudato si’ ricorrono almeno 50 volte le parole poveri e povertà: il Papa lega il grido della terra e il grido dei poveri. Questione ambientale e sociale vanno insieme, ora si aggiunge l’emergenza sanitaria per il Covid, ma sono tre facce dello stesso prisma.

Si sa qualcosa della visita del Papa ad Acerra?

Restiamo in attesa della sua visita, come ha promesso il Papa stesso il 24 maggio scorso al Regina Coeli, sicuramente sarà dopo la fine della pandemia. Il mio sogno sarebbe far coincidere questa visita con l’anniversario della pubblicazione della Laudato si’, cioè il 24 maggio, ma certamente non quest’anno. Adesso al Senato c’è un disegno di legge che chiede di istituire la Giornata nazionale delle vittime dell’inquinamento ambientale: come giorno viene proposto proprio il 24 maggio. Sarebbe un segno importante perché ci rimanderebbe a dove tutto è partito. Per le nostre Chiese tutto è iniziato dalla sofferenza e dalla morte di bambini e giovani. Se questa iniziativa dovesse passare ci farebbe ricordare di loro, delle vittime, e sarebbe un monito per noi a consegnare alle nuove generazioni un mondo più pulito.

Fonte: Sir
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