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editoria e tagli

Mazzata sul pluralismo informativo. La proposta dei 5 Stelle per l’azzeramento progressivo dei contributi in tre anni

Totale interruzione del sostegno a partire dal primo gennaio 2022

TESTATE

La scure sull’editoria fa la sua riapparizione al Senato. Accantonato alla Camera l’emendamento del sottosegretario Vito Crimi che attuava il totale azzeramento dei contributi (circa 50 milioni), la nuova proposta - scaduto giovedì alle 20 il termine per gli emendamenti in commissione Bilancio - sarebbe il frutto di un accordo nel governo giallo-verde, e dovrebbe essere formalizzata in aula direttamente dal relatore in commissione Gianmauro Dell’Olio (M5s). Tale proposta manterrebbe lo stesso obiettivo nel titolo («Abolizione finanziamento pubblico all’editoria») con la sola variante di una gradualità nell’entrata in vigore. Che verrebbe così strutturata: riduzione del 20 per cento di tutta la parte di finanziamenti eccedenti i 500mila euro, per il 2019; riduzione del 50 per cento per il 2020, sempre applicata alla quota eccedente il mezzo milione e riduzione del 75 per cento nel 2021, fino alla totale interruzione dei contributi a partire dal primo gennaio 2022. Un appunto a margine di questa proposta terrebbe aperta un’ipotesi 'B', che eleva l’esenzione da mezzo milione al milione, cosicché temporaneamente verrebbe ridotto l’impatto della norma elevando il numero delle aziende che per tre anni sarebbero esentate dai tagli.

Questa proposta leggermente meno impattante sarebbe il frutto delle pressioni della Lega che però, a quanto risulta, avrebbe lasciato per competenza agli alleati la titolarità della decisione finale. In ogni caso la scure si abbatterebbe totalmente per tutti al compimento del terzo anno, cosicché per le aziende destinatarie dei contributi inferiori alla soglia, il taglio arriverebbe in un colpo solo alla fine. Per tutti, in ogni caso, la situazione di precarietà verrebbe a verificarsi sin da subito, con l’entrata in vigore di questa proposta, che verrebbe inserita nel maxiemendamento del governo.

«Siccome non vogliamo determinare la morte delle testate noi abbiamo fatto un piano di decrescita del finanziamento che riguarda il triennio, una riduzione graduale del fondo per l’editoria in tre anni», conferma di fatto la proposta Luigi Di Maio, intervenendo in Vigilanza Rai. L’obiettivo, sostiene, è «disintossicare le testate dai soldi pubblici quindi dalla politica, dando loro il tempo di accelerare l’azione rivolta alla raccolta pubblicitaria». Affermazione, quest’ultima, che genera la reazione indignata e corale delle opposizioni (da Fdi a Leu, passando per Pd e Fi). Mentre la Federazione della Stampa e l’Ordine dei Giornalisti denunciano in una nota congiunta la «volontà di colpire il pluralismo dell’informazione, assestando un colpo mortale a numerose piccole testate». Durissimo il presidente della Federazione liberi editori Roberto Paolo: «Così vengono condannate a morte sicura centinaia di testate locali e alla disoccupazione migliaia di giornalisti, ma anche molte tipografie chiuderanno, Neanche il regime fascista era arrivato a tanto! ». Fra le iniziative in programma un pubblico appello al capo dello Stato da pubblicare sui giornali di domenica.

Avvenire

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