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Papa Francesco

Papa Francesco: alla Cittadella della carità, “tutti abbiamo la stessa carta di identità: vulnerabilità”

Il Papa ha parlato a braccio per circa un quarto d'ora in mezzo a 200 persone tra ospiti, volontari e operatori

Papa Francesco: alla Cittadella della carità, “tutti abbiamo la stessa carta di identità: vulnerabilità”

“Grazie dell’accoglienza, grazie di essere qui, grazie a tutti”. È cominciato così il discorso a braccio del Papa, che ha parlato per circa un quarto d’ora nel salone della Cittadella della Carità, in mezzo a 200 persone tra ospiti, volontari e operatori. “La vulnerabilità ci accomuna tutti”, ha detto Francesco soffermandosi su una parola che l’ha colpito, ascoltando gli interventi che l’hanno preceduto: “Tutti siamo vulnerabili, e per lavorare nella Caritas bisogna riconoscere quella parola, farla calare nel cuore”. “Vulnerabilità”, per il Papa, è “l’incontro di ferite diverse, di debolezze diverse: tutti siamo deboli, tutti siamo vulnerabili. Anche Dio ha voluto farsi vulnerabile per noi, è uno di noi, e ha sofferto: non avere casa dove nascere… Ha sofferto la persecuzione, scappare in un altro Paese, migrare…Ha sofferto la povertà”.

“Dio si è fatto vulnerabile, e per questo noi possiamo parlare con Gesù perché è uno di noi”, ha proseguito Francesco: “Abbiamo la stessa carta di identità: vulnerabili, amati e salvati da Dio”. “Non si può fare l’aiuto ai poveri, non si può avvicinarsi ai poveri dalla distanza”, il monito: “Bisogna toccare, toccare le piaghe, sono le piaghe di Gesù. È misterioso: quando tu tocchi quella piaga, ti accorgi della tua, e questa è la grazia che ci danno i poveri, che ci dà la vulnerabilità dei poveri. Sapere che anche noi siamo vulnerabili. E questo è bellissimo, significa che anche noi abbiamo bisogno di salvezza, di qualcuno che ci dica una parola buona: i volontari, anche i preti, tutti abbiamo bisogno di un fratello, di Gesù, di camminare con Gesù”. “Grazie a tutti per far vedere che abbiamo la stessa carta di identità”, ha concluso il Santo Padre: “Ognuno ha la propria identità, ma il cognome è lo stesso – vulnerabilità – e questo è bello perché significa che abbiamo bisogno di salvezza, bisogno di cure. E la salvezza Dio non la fa con un decreto, la fa camminando con noi, avvicinandoci a noi con Gesù. Questa è la salvezza: intimità itinerante con Gesù. E avanti così!”.

“Il Vangelo va annunciato con la testimonianza, non con gli argomenti, con il proselitismo” ha detto il Papa. “Gesù ci ha lasciato un esempio di testimonianza per i prossimi 40 anni”, ha proseguito riferendosi al 40° anniversario della Caritas romana: “Quell’uomo che non era religioso, che pensava di non essere religioso, e che trova sulla strada uno che era ferito dai ladri e lo prende e se ne prende cura”, il riferimento alla parabola del Buon samaritano. “Gesù non dice parole di quest’uomo – ha fatto notare il Papa – dice soltanto che ne ebbe compassione. È patire con”. “Lo prende, lo porta, parla col locandiere, lo cura, dice: ‘Ma io devo andarmene, dopo due o tre giorni torno’, gli da’ due monete, ‘Se c’è qualcosa di più pagherò di più'”, ha proseguito Francesco nel racconto: “Io penso a quel locandiere, a cosa aveva pensato: ‘Questo è un pazzo'”. “È questa la parola che vorrei dirvi: pazzia”, la consegna del Papa: “Pazzia d’amore, pazzia di condividere la propria vulnerabilità”. “Ma questi preti invece di rimanere in chiesa, di dire messa, di stare tranquilli, sono pazzi!”, l’obiezione citata da Francesco: “Sì, sono pazzi. Questo è il programma: pazzi! E pensare al locandiere: che Dio benedica tutti voi e vi accompagni nel cammino della vita”.

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