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Piccoli editori e giornalisti alla Camera per difendere il pluralismo dell'informazione

Iniziativa alla Camera, ieri pomeriggio, sul pluralismo dell'informazione. Al tavolo i piccoli editori di File (Federazione italiana liberi editori), Alleanza delle Cooperative italiane Comunicazione, Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) e Uspi (Unione stampa periodica Italiana), oltre all'Ordine nazionale dei giornalisti.

Emilio Gelosi, di Legacoop cultura, alla Camera

“Tutti insieme i nostri 190 giornali introducono 100mila notizie ogni settimana, diamo voce e rappresentanza ad oltre 1 milione di persone, diamo lavoro a circa 600 persone. Siamo parte viva della democrazia di questo Paese e siamo convinti che se dovesse scomparire l’insieme di queste testate è come se una parte d’Italia non esistesse più”. Lo ha affermato ieri sera Chiara Genisio, vicepresidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici, intervenendo all’iniziativa “La democrazia si amplifica con le voci del territorio. Pluralismo e giornali una garanzia per il futuro” organizzata nella sala stampa della Camera dei deputati da File, Fisc, Uspi e Alleanza delle cooperative italiane – settore comunicazione.

“Ci sono zone d’Italia – ha proseguito Genisio – in cui siamo l’unica voce a raccontare cosa capita anche solo per poche persone” e i giornali Fisc lo fanno comunicando notizie “con serenità, precisione e completezza, con un linguaggio pacato in modo da favorire una riflessione”. “Sentiamo la responsabilità – ha proseguito la vicepresidente – di essere un presidio autentico di pluralismo” e “viviamo la responsabilità di essere anche giornali etici, attenti al lavoro, rispettosi dell’ambiente”. Per Genisio, “il contributo dello Stato ai giornali locali diventa un moltiplicatore di lavoro e di opportunità ed è una restituzione alla collettività”.

Roberto Paolo, presidente File, ha rilevato che la riforma dell’editoria approvata nel 2016 “ancora non ha spiegato i suoi effetti” visto che “è entrata in vigore compiutamente nel 2018”. Paolo ha ricordato alcuni dati: “Da 400 milioni di euro all’anno, si è passati nel 2017 a 50 milioni o poco più – meno di 1 euro pro-capite per cittadino all’anno – con i quali si mantengono in vita circa 300 testate e si dà lavoro a circa 10mila famiglie tra occupati diretti e indotto”. “Oltre alla perdita di democrazia”, chiudere queste testate “sarebbe un disastro epocale da cui non si tornerebbe indietro”.

Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, ha ricordato come grazie ai fondi per il pluralismo rimangono in vita “testate storiche, un patrimonio di più culture di un’unità nazionale”. E ha sottolineato l’importanza del “mantenimento di tutti queste voci”. Per il presidente dell’Odg, qualunque discussione “su un diritto costituzionale” deve avvenire attraverso “tavolo e dibattito trasparente. Tutto si può migliorare, anche il rigore nell’attribuzione dei fondi per i quali è necessario l’ancoraggio con un equo compenso a chi all’interno di questi giornali opera”.

“Il costo per lo Stato – ha osservato Vittorio Volpi, direttore dell’Uspi – è molto diminuito negli ultimi anni e continua a diminuire. Occorre non solo mantenere il sostegno alla stampa ma finanziare il fondo per i prossimi anni in modo da dare stabilità al settore”. “Non crediamo che 60 milioni di euro per l’editoria – ha concluso – possano compromettere le politiche economiche del governo”.

Alessandro Morelli (Lega), presidente della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera, che ha ribadito infine la posizione del Carroccio sul tema, diversa da quella degli alleati del Movimento 5 stelle: "Siamo assolutamente contrari a ogni tagliola sui fondi - ha spiegato -. Nelle prossime ore e giorni inizieremo l'interlocuzione con il M5s. Incontrerò il sottosegretario Crimi per illustrare la nostra posizione"

Fonte: Sir
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