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Shoah: Roma, dottorato honoris causa dell’Università La Sapienza a Liliana Segre. “Insegnare ai ragazzi a non odiare”

“Quando sono entrata in Senato l’unica cosa che potevo fare era combattere tutto quello che ha segnato per sempre la mia vita. Non c’è limite all’odio né all’indurre ad odiare. Tantissimi possono essere i modi, le ragioni. È bello insegnare ai ragazzi a non farlo”. Lo ha detto oggi la senatrice a vita Liliana Segre, testimone della Shoah

(Foto: Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

“Quando sono entrata in Senato l’unica cosa che potevo fare era combattere tutto quello che ha segnato per sempre la mia vita. Non c’è limite all’odio né all’indurre ad odiare. Tantissimi possono essere i modi, le ragioni. È bello insegnare ai ragazzi a non farlo”. Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, testimone della Shoah, durante la cerimonia in cui ha ricevuto oggi il dottorato di ricerca honoris causa in Storia dell’Europa all’Università di Roma “La Sapienza”. Un riconoscimento attribuitole nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, svoltasi alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e di molte alte cariche istituzionali.

“La storia sulla pelle”, il tema trattato dalla senatrice Segre nella sua lectio magistralis in cui testimonianze dall’orrore si sono intrecciate con riferimenti valoriali e richiami all’impegno. “Affrontando una giornata come questa, così umanamente e privatamente importante – ha detto – non posso che ricordare tra tanti professori incontrati nella vita, un povero professore francese prigioniero come me che faceva l’operaio schiavo. Lui vedendomi mi chiese che classi avessi fatto perché lui era un docente di storia. Io facevo la seconda media, gli spiegai. Mi disse’: proviamo a essere io e te come eravamo, liberi’. Era un momento assoluto di libertà mentre eravamo vestiti a righe, denutriti. Eravamo liberi come si è liberi con la conoscenza”. Fu lo studio, ha poi spiegato, a ridarle nel dopoguerra la forza di ripartire, di riprendere un posto nel mondo. Un modo per riconnettersi anche alla figura del padre Alberto, deportato assieme a lei ma senza fare ritorno. “L’uomo più importante della mia vita”, ha aggiunto.

Fonte: Sir
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