intervento
"Si fa presto a dire clandestino...", l'editoriale del direttore Tarquinio su Avvenire
"Clandestinità, reato ingiusto e dannoso", a commento di dieci anni trascorsi invano
Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, in prima pagina sull'edizione di ieri, è intervenuto con un fondo a proposito del decreto sicurezza bis e del reato di clandestinità.
Ne riportiamo un brano e poi rimandiamo al link del giornale nella sua versione online dove si può leggere l'intero articolo.
Si fa presto a dire “clandestino” a un uomo, “clandestina” a una donna. Ma la clandestinità non è una condizione, è una scelta. Si sceglie di farsi clandestini, si entra in clandestinità. E siamo in tanti a considerare eroi quanti lo fecero e ancora lo fanno, per lottare contro poteri ingiusti o per salvare se stessi da un grande male, nei sistemi totalitari neri e rossi di ieri e nei regimi illiberali e disumani di oggi.
Nessuno mai dovrebbe azzardarsi a decretare la clandestinità di un altro essere umano, a fare dell’aggettivo “clandestino” un nome e una divisa da reietti. Eppure accade. Oltraggiosamente, insensatamente.
Perché torniamo a parlarne oggi? Perché sono passati dieci anni esatti da quando, l’8 agosto 2009, in Italia entrò in vigore il «reato di clandestinità». Un errore grave, e una vergogna. Dieci anni nei quali la vita di nessuno è migliorata e quella di tanti, italiani e stranieri, si è fatta più complicata, più amara, più fuorilegge. È diventato difficilissimo per tutti, anche per persone istruite e preparate, e quasi impossibile per chi è povero, soprattutto se ha la pelle scura e viene dal Sud del mondo, entrare nel nostro Paese lungo vie regolari, alla luce del sole, per lavorare anche solo stagionalmente (sono circa 30mila i permessi concessi, del tutto insufficienti).
Eppure si disse, e si continua a dire e persino a tuonare, quel reato dà risposta a una questione di sicurezza.(...)
Al link sottostante si può leggere l'intero articolo.
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-divisa-dei-reietti
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