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sisma tre anni dopo

Terremoto a Norcia: la ricostruzione che non c’è. Monsignor Boccardo: “La burocrazia ci affossa”

A tre anni dal sisma del 26 agosto 2016 breve viaggio per capire come procede la ricostruzione, non solo quella delle case ma anche quella dei cuori e delle relazioni umane

Norcia. Foto agensir.it Marco Calvarese

A tre anni dalle prime scosse del terremoto del 26 agosto che colpirono il Centro Italia, a Norcia e nei centri della Valnerina parlano solo i lenzuoli che pendono dai balconi e dalle finestre. “Aprite i cantieri”, “Vivere=ricostruire”, “unica grande opera, ricostruire il Centro Italia terremotato”, “la ricostruzione non parte, presente e futuro rubato”. Una protesta vibrante, ma silenziosa che non risparmia niente e nessuno: “tre governi, tre commissari, solo promesse. Vergogna”.

Monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, lo sa bene e conferma: “Siamo come eravamo tre anni fa perché una vera ricostruzione manca ancora. Abbiamo ricevuto promesse e assicurazioni. Certamente tante cose sono state fatte e risposte sono state date. Purtroppo mancano quelle più solenni, più visibili. Mi riferisco alla ricostruzione delle case, dei luoghi di lavoro, dei monumenti sia civili che religiosi”. Insomma,

mancano segni di speranza concreta”

Ma cosa impedisce questa ricostruzione? “La burocrazia che anziché facilitare i passaggi li moltiplica e dunque li ritarda. Così facendo ci affossa” è la risposta secca dell’arcivescovo che rispolvera, ad hoc, un adagio appreso a Roma: “se vuoi stare a galla devi fare il morto”. Chiaro il riferimento all’enorme mole di “autorizzazioni e timbri” necessari ad aprire cantieri e dare via libera alle opere ma per nulla facili da ottenere da parte degli enti preposti. Questi ultimi per timore di trovarsi invischiati in eventuali guai giudiziari quasi preferiscono restare inerti. Per sbloccare l’impasse l’arcivescovo invoca “linee di azioni chiare e determinate da parte di chi le può dare. Abbiamo bisogno che qualcuno prenda in mano seriamente questa situazione una volta per tutte. Rimbocchiamoci le maniche perché il tempo passa e le speranze si affievoliscono”.

“Mi domando -incalza monsignor Boccardo  – se interessa davvero che questa gente rimanga nelle frazioni e sulle nostre montagne oppure c’è un qualche interesse che finisca tutto? Se così fosse sarebbe tragico. Tuttavia voglio continuare a sperare che non sia troppo tardi per ricominciare in maniera seria”.

E per farlo non basta rialzare muri e case ma “ritrovare una storia, saperla interpretare”. I luoghi questa storia, spiega monsignor Boccardo, “sono anche le tante chiese della Valnerina che erano gli unici punti di riferimento che raccontavano l’identità di queste popolazioni. Venuti meno questi è venuto meno anche il tessuto sociale che ne reggeva la vita quotidiana. Sono consapevole – dichiara l’arcivescovo – che più delle mura e delle case

la sfida grande è quella della ricostruzione delle persone, delle relazioni di fiducia reciproca, di solidarietà e di riconciliazione.

Il terremoto – ripete il presule – per questa terra è stato come una sorta di Alzheimer. I medici dicono che l’Alzheimer faccia dimenticare la storia e misconoscere gli ambienti di vita. Qui sta succedendo la stessa cosa”. Quella che si ha davanti è una corsa contro il tempo: arrivare il prima possibile a ricostruire case e chiese vuole dire mettere in salvo un patrimonio di storia ultrasecolare. Un primo risultato è stato raggiunto. “Nel corso di questi anni – dice l’arcivescovo di Spoleto-Norcia – grazie all’impegno di diverse istituzioni e della Sovrintendenza, opere d’arte come tele e statue sono state recuperate, restaurate e conservate nel deposito del Santo Chiodo che raccoglie oltre 6000 pezzi sottratti al terremoto. Si tratta di un’opera di lungo respiro, ci vorrà del tempo prima di rimettere tutte queste opere al loro posto, ma sono piccoli segni di ricostruzione e speranza che permettono alla gente di pensare che ricominciare qui è possibile”. Un altro risultato risale a poco più di un mese fa. Il 10 luglio scorso il Commissario straordinario Piero Farabollini ha emanato l’ordinanza per far partire i lavori in 600 delle 3.000 chiese danneggiate dal sisma. Di queste 600, 84 appartengono all’arcidiocesi umbra. L’ordinanza stanzia 275 milioni di euro e prevede procedure semplificate per interventi al di sotto della soglia dei 600mila euro di lavori. “Si è aperta una strada che ci permetterà di mettere mano seriamente ad alcuni cantieri per restituire alle comunità qualcuna di queste chiese che – ribadisce monsignor Boccardo – sono espressione della loro identità”.

Icona del terremoto. Tra le chiese da ricostruire però, manca ancora quella di san Benedetto, vera icona del sisma del 2016. Ingabbiata nei ponteggi, come la vicina concattedrale di Santa Maria Argentea, la chiesa di san Benedetto attende di essere ricostruita. Al momento del terremoto molti benefattori, tra cui l’Unione europea, si erano detti pronti a finanziarne la riedificazione.

“Dopo tre anni si sta ancora lavorando allo smaltimento delle macerie – afferma monsignor Boccardo -. Con questi ritmi è lecito pensare che la ricostruzione di questo luogo che è il cuore di Norcia e simbolo dell’Europa sia di là da venire”.

C’è una Commissione – costituita dal Ministero dei beni culturali, dalla Regione Umbra, dall’arcidiocesi di Spoleto-Norcia, proprietaria del complesso e dal Comune di Norcia – che ha definito delle linee guida per la ricostruzione. Ora il Ministero deve elaborare il bando di concorso internazionale per un progetto di ricostruzione che resti fedele alle linee generali della basilica distrutta ma che abbia tutte le garanzie della tecnologia antisismica”.

Chiesa in prima linea. Chi non rallenta e guida questa corsa contro il tempo è la Chiesa locale. “In questi tre anni la Chiesa è stata una presenza. Nessun sacerdote, religioso e religiosa ha abbandonato la propria comunità. Tutti sono rimasti per condividere minuto per minuto la vita della loro gente, dormendo in macchina, nelle tende, in roulotte”. Riaffiorano i ricordi delle scosse e la gara di solidarietà che non si è mai fermata. “Penso ai volontari della Caritas e alla rete di parrocchie, associazioni, movimenti che ancora oggi continuano in qualche modo a farsi carico della nostra situazione. Grazie a Caritas italiana e ad altre Caritas locali abbiamo edificato 4 centri di comunità altri tre sono in costruzione per restituire alla gente luoghi di aggregazione e di ascolto e non solo di culto”. Una presenza destinata ad arricchirsi con il possibile arrivo di una comunità di religiose di diversi Istituti. “Nelle settimane scorse – rivela monsignor Boccardo – ho accolto tre superiore generali di istituti religiosi di ispirazione francescana per proporre la costituzione di una comunità di suore che si stabilisca qui nella zona di Norcia e stia in mezzo alla gente, per accompagnare le persone, per ascoltarle e condividere la loro vita. Spero possano arrivare quanto prima per cominciare questa avventura che può dare grandi frutti”. Un modo concreto per stare ancora più vicino alla popolazione. “Quante volte in questi tre anni abbiamo chiesto di non essere abbandonati? Quante volte ci siamo sentiti dire non vi dimenticheremo? Chi parla più del terremoto oggi?

Vorremmo meno promesse e più fatti concreti.

Ammiro la determinazione della gente della Valnerina che nonostante tutto vuole ricominciare e prova a farlo con le forze e i mezzi che ha”.

Fonte: Sir
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