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Tutti fermi in deflazione, il nuovo lavoro non cresce

Lo stravolgimento della pandemia, con la preoccupante evoluzione delle ultime settimane, costringe famiglie e imprenditori in un clima di attesa che frena le nuove iniziative. In un contesto di deflazione, con produzioni e consumi congelati, le imprese hanno margini ridotti e tenderanno a non assumere nuovi lavoratori e a ridurre gli esistenti

Foto agensir.it

A chi non fa piacere comprare prodotti e servizi a un prezzo inferiore? La progressiva riduzione, registrata dall’Istat, segnala a luglio un calo dello 0,4% annuale del costo della vita (almeno quello sintetizzato in un paniere di prodotti aggiornato dall’Istituto di statistica) che rafforza il potere d’acquisto di chi può contare su entrate regolari. Ma non tutti hanno flussi stabili (stipendio, pensione, piccole rendite) e

nell’economia devastata dal Covid le posizioni meno garantite sono diventate più deboli, prevale il sussidio e calano le entrate da lavoro vero. L’occupazione non cresce e tende a calare. L’arretramento prolungato dei prezzi, in economia, non è una buona notizia perché segnala non una maggiore concorrenza quanto la tendenza a procrastinare ogni acquisto o investimento. È la deflazione. Che è il contrario dell’inflazione e non solo perché i prezzi scendono invece di salire.

La deflazione cambia l’atteggiamento delle famiglie e delle imprese,

si ritiene – dati alla mano – che quell’elettrodomestico o quella fornitura potrà essere acquistata più avanti a un prezzo inferiore. E quindi si rinvia.
In periodi di inflazione, con i prezzi crescenti, si tende invece ad acquistare perché – dati alla mano – quell’elettrodomestico o quella fornitura di materiali costerà di più. Meglio muoversi subito.

In un contesto di deflazione, con produzioni e consumi congelati, le imprese hanno margini ridotti e tenderanno a non assumere nuovi lavoratori e a ridurre gli esistenti.

Si rinuncia al ricambio fra lavoratori in uscita e nuove leve. Vengono frenati ampliamenti, ricerca e il lancio di nuovi prodotti. Gli stessi lavoratori e le loro organizzazioni sindacali faticano a rinnovare accordi e non a caso molti contratti nazionali di lavoro sono scaduti senza rinnovo.
Gli economisti ritengono che una piccola percentuale di inflazione “buona” (non quella che deriva, ad esempio, da fiammate del petrolio) sia funzionale alla crescita perché aiuta gli investimenti e i consumi. Chi si indebita per un mutuo e per avviare un’attività restituirà negli anni un ammontare meno pesante per la leggera erosione del valore del denaro e auspicabilmente per le maggiori entrate consentite da un’economia che gira.

Lo stravolgimento della pandemia, con la preoccupante evoluzione delle ultime settimane, costringe famiglie e imprenditori in un clima di attesa che frena le nuove iniziative. Secondo la Bce (Banca centrale europea) vivremo un paio d’anni a ridosso della deflazione, i rimbalzi dell’economia ci saranno e subiranno gli alti e bassi del virus.

Tutte le istituzioni e i governi stanno assicurando flussi di denaro pubblico per evitare il blocco delle economie e per riavviare le attività. Resteranno bassi i tassi di interesse pagati da chiede in prestito denaro. Il Pil italiano (prodotto interno lordo, il valore creato in un anno in un Paese) calerà nel 2020 di un 8-10% in un’Europa in arretramento. Le ore lavorate – secondo la Banca d’Italia – si ridurranno di almeno un 10%. Ed è uno dei macrodati più amari.

Fonte: Sir
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