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Viaggio in un Covid hotel di Roma. L’ospitalità come nuova dimensione di assistenza e salute per vincere la paura dell’isolamento

"Il covid è una patologia complessa che coinvolge la persona a 360 gradi", ci racconta il medico responsabile Barillaro a cui fanno eco le parole del medico di riferimento Acampora, "l’isolamento è la cosa che fa soffrire i pazienti più della paura del coronavirus"

Foto SIR/Marco Calvarese

Covid hotel. Siamo in una struttura di Roma gestita dalla Fondazione Policlinico Gemelli, ma potremmo essere in una delle diverse strutture ricettive distribuite nelle diverse regioni dell’Italia, dove viene offerta ospitalità e assistenza per pazienti asintomatici o paucisintomatici autosufficienti, dimessi da ospedali o provenienti dalle loro abitazioni. Un’organizzazione che serve per alleggerire il carico straordinario di lavoro al quale sono costrette le strutture ospedaliere a causa della pandemia di coronavirus Covid-19. In questo hotel della capitale ci sono 80 ospiti, con 10 quotidiane che di solito vengono rimpiazzate, per un totale di 250 pazienti in un mese. La degenza media è di due settimane. Poi c'è chi esce in dieci giorni e chi invece ha bisogno di tutti i 21 giorni, al termine dei quali, seppur ancora positivi al tampone ma senza sintomi quali febbre o difficoltà respiratorie, i pazienti possono interrompere l’isolamento perché non più contagiosi. Tutto viene organizzato attraverso una piattaforma che deve tenere conto delle esigenze di pazienti immunodepressi, anziani ma anche neonati, gestito 24 ore su 24 da personale medico, infermieristico e ausiliario variabile, strutturato in moduli ben precisi in funzione del numero e delle tipologie di ospiti che sono ricoverati all’interno della struttura.

Responsabile del Covid hotel del Gemelli è Christian Barillaro, medico che nasce come Centrale di continuità assistenziale e cure palliative e quindi per questo abituato a gestire la complessità clinica che prevede la condivisione dell’integrazione con il territorio, le dinamiche aziendali, flussi ospedalieri e la continuità della cura.“I Covid hotel sono stati creati per una presa in carico più globale dei bisogni, visto che il covid è una patologia complessa che coinvolge la persona a 360 gradi per la sua dimensione di malattia che colpisce la sfera fisica, psicologica, sociale e spirituale, quindi è una patologia che ha tutta una serie di complicazioni”.Queste le parole di Barillaro che sottolinea come in questa situazione, la componente affettiva ed emozionale sia molto importante anche per i medici, che devono erogare un tipo di assistenza differente da quella che sono abituati a gestire in un ospedale, trovandosi in una struttura alberghiera dove una sala congressi può essere trasformata in una centrale operativa, un ristorante in una centrale di ascolto per lo psicologo e devono essere creati percorsi analoghi a quelli ospedalieri, differenziati per pazienti e personale. “Un Covid hotel è una vera è propria centrale di rete”, la descrizione di Barillaro che la definisce

“una nuova dimensione di assistenza, una nuova dimensione di salute che parte dal concetto di ospitalità”.

“Mi auguro che questa seconda ondata sia l’ultima, perché siamo tutti provati e stanchi”, dichiara il medico responsabile del Covid hotel del Gemelli di Roma che racconta il lavoro straordinario al quale è costretto tutto il sistema sanitario e si augura l’arrivo quanto più veloce del vaccino che potrebbe tranquillizzare la situazione, ma nel frattempo, “tutto dipende da tutti noi, dai nostri modi di comportarci, dalle abitudini che abbiamo assunto e da quanto attenzioniamo il problema. Non possiamo mollare la presa, dobbiamo stare attenti”.

Anche Nicola Acampora, geriatra e medico di riferimento dei pazienti ospitati nella struttura gestita a Roma dalla Fondazione Gemelli, sottolinea come in questo momento sia importante non dimenticare le regole fondamentali che hanno aiutato a difendersi dal contagio del Covid: lavare le mani, mantenere la mascherina, distanziamento sociale ed evitare assembramenti. Il suo compito è quello di accogliere i pazienti, leggere le lettere di dimissioni per chi arriva da un ospedale, conoscere le terapie farmaceutiche che si stanno già seguendo anche per chi arriva dal proprio domicilio, discutere le eventuali rimodulazioni delle terapie per il Covid e per altre patologie pregresse, pianificare i tamponi di controllo e gestire le urgenze. “Se necessario vado nella sala medici dove gli infermieri mi aiutano a vestirmi secondo protocolli ben definiti, e andiamo a fare la visita nella stanza del paziente un po’ più critico”, dichiara Acampora che può essere consultato dai pazienti al telefono, se dovessero sentirsi male o anche per una rivalutazione, per capire se le terapie vanno bene, se compare all’improvviso nuovamente la febbre o per altre esigenze. “Abbiamo diversi pazienti che hanno più di 80 anni che hanno tante malattie, quindi una condizione clinica più delicata, che stando da soli in una stanza, possono andare incontro a complicanze non tanto legate al Covid, quanto ad altre malattie che non riescono più a seguire bene”.

Il medico responsabile del Covid hotel del Gemelli di Roma si occupa anche delle dimissioni, uno dei momenti più belli per chi è costretto a vivere nell’isolamento anche per oltre un mese e che all’uscita non smette di ringraziare chiunque incontri. “La difficoltà più grande è gestire l’isolamento. Restare soli in una stanza, non avere i punti di riferimento soliti, senza familiari, senza supporto per le cose quotidiane”, dichiara Nicola Acampora che aggiunge: “L’isolamento è la cosa che fa soffrire i pazienti più della paura del Coronavirus. Non sapere se quando usciranno saranno riaccolti nella società così come era prima o avranno paura di loro, tante paure, tante perplessità sulle quali purtroppo hanno il tempo di pensare”.

Fonte: Sir
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