Dalla Chiesa
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L'intervista

Cardinal Kasper: “La xenofobia è in stretta contraddizione con la concezione cristiana dell’uomo”

“Anche se minoranza possiamo come cristiani essere forti, a condizione però di non rimanere zitti e avere il coraggio di parlare, non tanto per noi stessi, ma per il bene comune della società. L’Europa ha bisogno di questo collante dell’umanesimo cristiano, altrimenti sprofondiamo in un vuoto pericoloso” 

Cardinal Kasper: “La xenofobia è in stretta contraddizione con la concezione cristiana dell’uomo”

“L’Europa dei padri fondatori era fondata su un umanesimo cristiano che era e deve continuare ad essere il collante dell’Europa oggi. È un collante oggi molto indebolito ma se questo collante non esiste più, l’Europa si trova davanti ad un abisso e questo abisso è la paura”. Parla così dell’Europa il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, in un’intervista al Sir rilasciata a margine dell’Incontro internazionale “Ponti di pace” che si è concluso ieri a Bologna. “La paura è un segno di questo vuoto”, dice il cardinale. “Il segno che non esiste più un fondamento. Penso quindi che abbiamo questa responsabilità come cristiani, rinnovare questa coscienza dell’umanità, del valore della persona umana, creata a immagine di Dio e la coscienza della solidarietà tra le persone”.

Le Chiese e, in genere, i cristiani sono invece molto timidi nel difendere la persona umana. Lei ritiene che la voce delle Chiese cristiane in Europa sia in crisi?

È molto debole al momento. Ma devo anche dire che la voce del Papa è molto forte. E gli sono molto grato per questa voce chiara per i migranti, per tutti coloro che sono poveri, che soffrono. Anche negli episcopati c’è una certa divisione e fra i cristiani che votano anche per partiti di estrema destra. Si capisce perché lo fanno ma non è in armonia con la fede cristiana.

Cosa la preoccupa di più della politica?

La politica oggi è pervasa da un estremo egoismo: America first, Italia first, Germania first…e così via. È un egoismo che dobbiamo superare con una nuova solidarietà tra i Paesi europei, perché questi nazionalismi che oggi si registrano sono un grande pericolo. Io sono cresciuto in tempo di nazionalismo sfrenato. Ero un bambino durante il Terzo Reich. Tutte queste sfide sono connesse oggi tra loro e creano paure e le paure sono sempre delle cattive consigliere.

Questo si vede, in modo particolare, nella gestione dei migranti. C’è polemica tra Francia e Italia, tra un Paese e un altro in Europa e il nodo è sempre l’accoglienza. Lei come vive questi continui litigi?

La migrazione è un segno dei tempi e nessuno oggi può frenare questo fenomeno. Dobbiamo certamente regolarlo ma l’Europa deve essere ospitale con esseri umani che hanno vissuto esperienze molto dure alle loro spalle. Nessuno lascia la propria casa e la propria patria se non ne ha necessità. È una sfida oggi. Questa xenofobia, che oggi si espande, è in stretta contraddizione con la Bibbia e con la concezione cristiana dell’uomo secondo la quale ogni persona ha il suo valore e deve essere accolta in maniera umana.

Qual è il ruolo dei cristiani in Europa?

Dobbiamo ammettere molto chiaramente che siamo ormai divenuti una minoranza in Europa. Ma questa non è una visione pessimista. Una minoranza può essere molto forte se ha un’autocoscienza perché può avere una missione. Questo è importante: dobbiamo scoprire o riscoprire la nostra missione come cristiani in Europa e la nostra responsabilità per tutta la società e per tutta l’Europa. Lo possiamo fare anche come minoranza. La cristianità è in forte cambiamento come lo è l’Europa, il mondo e le Chiese… Anche in Italia la maggioranza della popolazione è battezzata ma non è più praticante. Ciò non toglie che, anche se minoranza, possiamo come cristiani essere forti, a condizione però di non rimanere zitti, ma di avere il coraggio di parlare, non tanto per noi stessi, ma per il bene comune della società. L’Europa ha bisogno di questo collante dell’umanesimo cristiano altrimenti sprofondiamo in un vuoto che è pericoloso perché si apre alla paura.

Lei diceva di essere grato per la parola di papa Francesco ma il Santo Padre è sotto attacco e lo è all’interno della Chiesa. Lei che è stato tanti anni in Vaticano, stretto collaboratore dei Papi, come sta vivendo questo periodo?

È una situazione inedita perché finora il Papa non era attaccabile. Si poteva ovviamente non essere d’accordo. Ma il Papa è il simbolo dell’unità e ha un’autorità non soltanto nella Chiesa: è un’autorità morale nel mondo. Distruggere questa autorità come fanno, è del tutto irresponsabile. E per un vescovo, un cardinale, è impossibile farlo. Penso personalmente che, quando non si è d’accordo, certe volte si può anche tacere. Dobbiamo fermare questa distruzione. La maggioranza dei cristiani, che è in favore del Papa, non deve stare zitta in questa situazione e deve dire: siamo con il Papa, per il Papa. Ma questo manca. La maggioranza è zitta, mentre gli altri parlano ad alta voce e hanno una rete fra di loro, ma non hanno futuro perché sono una minoranza; solo una minoranza che parla ad alta voce.

Come ne uscirà la Chiesa? Questi attacchi stanno mettendo in risalto anche una comunità attraversata dagli scandali? Lei è preoccupato?

La Chiesa è indebolita da questi scandali di abusi. Sono una vergogna. Ma dimostrano che la Chiesa è sempre una Chiesa di peccatori. Se non lo fosse, io come peccatore non potrei mai appartenere a questa Chiesa. Ci vuole la preghiera. Pregare per il Papa, per l’unità della Chiesa, per le nostre società. La preghiera è una forza che abbiamo, è la forza più grande che Dio ci ha dato, insieme alla testimonianza.

Fonte: Sir
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