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Connessioni e la morte di Burkhard Scheffler

Papa Francesco, con lo sguardo puntato sulle periferie del mondo e su chi le abita, ha portato la sua storia alla ribalta internazionale

Roma di notte. Foto d'archivio

Sono tanti, come Burkhard Scheffler, sotto i portici di San Pietro. Li abbiamo visti venerdì sera in un giro improvvisato in centro, una pausa dai lavori del convegno degli Uffici Comunicazioni delle diocesi “Utente e password. Connessioni e profezia”. Burkhard dormiva lì, seguito dall’attività di assistenza del Dicastero per il servizio della carità. Ma venerdì non c’era: il Papa l’ha ricordato domenica scorsa all’Angelus perché era morto venerdì mattina, per il freddo e le precarie condizioni di vita e di salute nelle quali si trovava.

Quanto stride la parola “connessioni” con storie di questo genere. A cosa siamo connessi se persone come Burkhard muoiono di freddo, a Roma, nel 2022? Cellulari sempre all’erta, miriadi di informazioni a portata di clic, su ogni supporto digitale.

Ma queste storie, storie come quella di Burkhard, ce le perdiamo. Non tutti, a dire la verità: papa Francesco, con lo sguardo puntato sulle periferie del mondo e su chi le abita, ha portato la sua storia alla ribalta internazionale.

Questa vicenda è l’emblema di un sistema mediatico che scarta, proprio come scarta il sistema economico. Nulla di diverso: like e numeri vengono prima di uomini e donne. E persone così, per tanti col destino segnato, non fanno notizia.

Un tale sistema, ci hanno spiegato per tre giorni al convegno, sta creando fenomeni crescenti di disconnessione volontaria: basta news, “non sono affidabili, sono politicizzate e poco aderenti alla vita”. Così la pensa qualcuno. Ed è proprio qui che entra in campo la profezia: come è emerso in tanti interventi anche del cammino sinodale, relazioni e persone nella nostra Chiesa devono essere rimesse al centro. È quella la password per arrivare al cuore dell’uomo.

Le strade, in realtà, sono tante: mai come in questo convegno abbiamo sentito parlare dell’uso dei social, non solo i più conosciuti, come piazze e strumenti per raggiungere più persone possibile. La Chiesa non deve aver paura. Certo, non si può andare allo sbaraglio: ogni mezzo ha le sue regole da rispettare.

Ma la notizia, il Vangelo, è troppo affascinante per non comunicarla. E quanti, senza rendersene conto, avvertono il bisogno di poterla conoscere. Al centro devono stare loro, le persone con i loro desideri, pensieri e sogni. Come chiesa e come giornale cerchiamo di farlo ogni giorno, anche condividendo e raccontando storie come quella di Burkhard. Per crescere tutti in umanità.

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