Dalla Chiesa
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“La Laudato si’ è un invito all’azione, non un documento da studiare”

A cinque anni dall’Enciclica sulla cura della casa comune, l’analisi del direttore di Aggiornamenti Sociali padre Giacomo Costa

Foto d'archivio

Ecologia integrale e cura della casa comune. Sono due delle espressioni che più vengono in mente quando pensiamo alla Laudato si’, la prima vera Enciclica di papa Francesco - la “Lumen fidei” che pure porta la sua firma, è stata in gran parte elaborata da Benedetto XVI - pubblicata il 24 maggio 2015.

“Seppure lentamente e sapendo che il cammino è solo all’inizio, si sta comprendendo e «usando» la Laudato si’ per ciò che è: non un documento da studiare, non una nuova dottrina da imparare. È una prospettiva pastorale che invita tutti - fedeli e non - all’azione condivisa di fronte al grido della terra e dei poveri”: così la presenta padre Giacomo Costa, 53 anni, gesuita, direttore responsabile della rivista Aggiornamenti Sociali- Tra i vari incarichi ricordiamo quello di segretario della commissione per l’Informazione al Sinodo per l’Amazzonia. “L’Enciclica è anzitutto un appello a (re)agire insieme di fronte a una situazione divenuta urgente e preoccupante: la terra, maltrattata e saccheggiata, si lamenta e i suoi gemiti si uniscono a quelli di tutti gli abbandonati del mondo”. 

La conversione ecologica

Come è stata accolta cinque anni fa nella Chiesa?

Credo che quando è stata diffusa, l’Enciclica abbia spiazzato un po’ tutti, dentro e fuori la Chiesa. È un documento che va a toccare in profondità il modo con cui siamo stati abituati a leggere la realtà sociale e a pensare il nostro personale impegno. Un testo che ci chiede una conversione ecologica e che fornisce un nuovo paradigma di giustizia attraverso cui ricomprendere, e possibilmente cambiare, il nostro mondo.

L’impressione è che sia più conosciuta al di fuori della Chiesa piuttosto che nelle parrocchie: è così?

Non sono tanto d’accordo con l’impressione di cui parla: indubbiamente la Laudato si’, e in generale direi tutto il magistero di Francesco, hanno mostrato una grande capacità di interlocuzione con il mondo laico, variamente inteso, che a sua volta ha mostrato grandissimo interesse per l’Enciclica. Questo non significa che sia stata messa da parte in ambito ecclesiale. Se penso alla mia esperienza come direttore di Aggiornamenti Sociali, sono decine, forse centinaia, gli eventi a cui io o altri membri della redazione siamo stati invitati a partecipare: seminari incontri parrocchiali, occasioni formative per specialisti e conferenze a livello divulgativo.

Ha messo più tempo forse ad essere presa in mano e valorizzata dalle istituzioni accademiche e da alcuni responsabili ecclesiali, ma anche in questi casi ho registrato importanti segni di un cammino.

 

Il “Tempo del creato”

e le altre buone pratiche

“Fornire strumenti migliori di comprensione della realtà non è il principale obiettivo dell’Enciclica, che ha una intenzione pratica più che teoretica”, ha scritto su Aggiornamenti Sociali. Può farci qualche esempio di come è stata tradotta nella pratica quotidiana?

Penso a tante iniziative ecclesiali nate in questi anni per la tutela dell’ambiente a livello regionale o nazionale, alla creazione di luoghi e programmi per sperimentare l’ecologia integrale, a iniziative di spiritualità come l’annuale “Tempo del creato”, così come a proposte per una finanza attenta alla transizione energetica.

Anche se il discorso ci porta fuori dai confini italiani, mi piace ricordare altri due esempi molto diversi tra loro: da un lato l’indubbia influenza che la Laudato si’ ha avuto sulla Conferenza sul clima di Parigi, nel 2015, e l’importante accordo che allora venne raggiunto; dall’altro il modo in cui l’Enciclica ha innovato i capisaldi della pietà religiosa, visto che la cura della casa comune è stata inserita tra le opere di misericordia ed è il tema dell’annuale Giornata mondiale di preghiera del 1° settembre. Non si può poi non citare il modo decisivo in cui l’Enciclica ha influenzato il percorso del Sinodo speciale per la regione amazzonica.

 

Il paradigma

dell’ecologia integrale

La ripartenza dopo la pandemia dovrebbe offrire la possibilità di una rigenerazione: può essere il tempo giusto per un rilancio della Laudato si’?

Più che di un rilancio parlerei di nuove occasioni per comprenderla - e viverla - ancora meglio, attraverso un continuo confronto con la realtà. Una di queste occasioni è a dir poco epocale, e mi riferisco ovviamente alla pandemia, in cui (ri)comprendiamo molto bene che cosa significa il paradigma dell’ecologia integrale e drammaticamente tocchiamo con mano che “tutto è connesso” non è uno slogan ma una grande verità.

La pandemia è solo l’esempio di maggiore attualità. In questi anni abbiamo potuto scoprire le tante sfaccettature dei fenomeni del nostro mondo, da quelli a cui la Laudato si’ dedica attenzione, a quelli che nemmeno menziona perché non erano ancora apparsi in scena: i cambiamenti climatici con la mobilitazione dei giovani ispirata dalla figura di Greta Thunberg; i movimenti migratori con il dramma di sfollati e rifugiati; l’economia circolare e la finanza attenta alla sostenibilità; le nuove sfide della dignità del lavoro; la crisi della democrazia di fronte alla minaccia dei sovranismi populisti.

Di fronte a tutti questi fenomeni, il paradigma dell’ecologia integrale si rivela particolarmente appropriato per visualizzare e concettualizzare le modalità con cui si svolgono i processi di globalizzazione, con tutte le loro interconnessioni e trasversalità. Come risulta ancora più evidente di fronte al Coronavirus, i vecchi paradigmi sono ormai superati e inadeguati, e l’Enciclica ce ne offre uno nuovo, di cui abbiamo grande bisogno.

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