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Papa Francesco: all’Angelus, “Gesù non teme di abitare una vita trasandata”

Condivisione totale e grande intimità, le parole chiave dei giorni di Natale

Foto archivio agensir.it

“Di fronte alla nostra fragilità, il Signore non si tira indietro. Non rimane nella sua eternità beata e nella sua luce infinita, ma si fa vicino, si fa carne, si cala nelle tenebre, abita terre a Lui estranee”. Lo ha detto papa Francesco, ieri, all’Angelus affacciandosi dalla finestra della biblioteca del Palazzo apostolico vaticano. Rispondendo alla domanda “Perché scende da noi?”, il Pontefice ha spiegato che “lo fa perché non si rassegna al fatto che noi possiamo smarrirci andando lontani da Lui, lontani dall’eternità, lontani dalla luce”. Ecco l’opera di Dio: “venire in mezzo a noi”. “Se noi ci riteniamo indegni, questo non lo ferma, Lui viene – ha aggiunto -. Se lo rifiutiamo, non si stanca di cercarci. Se non siamo pronti e ben disposti ad accoglierlo, preferisce comunque venire. E se noi gli chiudiamo la porta in faccia, Lui aspetta. È proprio il Buon Pastore. E l’immagine più bella del Buon Pastore? Il Verbo che si fa carne per condividere la nostra vita. Gesù è il Buon Pastore che viene a cercarci lì dove noi siamo: nei nostri problemi, nella nostra miseria. Lì viene Lui”.

Soffermandosi sull’atteggiamento umano di “tenerci a distanza da Dio perché pensiamo di non essere degni di Lui per altri motivi”, papa Francesco ha ricordato che “il Natale ci invita a vedere le cose dal suo punto di vista”. “Dio desidera incarnarsi. Se il tuo cuore ti sembra troppo inquinato dal male, ti sembra disordinato, per favore, non chiuderti, non avere paura: Lui viene. Pensa alla stalla di Betlemme. Gesù è nato lì, in quella povertà, per dirti che non teme certo di visitare il tuo cuore, di abitare una vita trasandata. È questa la parola: abitare. Abitare è il verbo che usa oggi il Vangelo per significare questa realtà: esprime una condivisione totale, una grande intimità. E questo Dio vuole: vuole abitare con noi, vuole abitare in noi, non rimanere lontano”.

“Ognuno ha il proprio peccato – chiamiamolo per nome – e Lui non si spaventa dei nostri peccati: è venuto per guarirci”, ha aggiunto Bergoglio. Il Pontefice ha posto ai fedeli una domanda: “Noi vogliamo fargli spazio? A parole sì; nessuno dirà: ‘Io no’; sì. Ma concretamente? Magari ci sono degli aspetti della vita che teniamo per noi, esclusivi, o dei luoghi interiori nei quali abbiamo paura che il Vangelo entri, dove non vogliamo mettere Dio in mezzo. Oggi vi invito alla concretezza”.
L’invito del Papa è quello di fare vedere a Dio il peccato. “Siamo coraggiosi, diciamo: ‘Signore, io sono in questa situazione, non voglio cambiare. Ma tu, per favore, non allontanarti troppo’. Bella preghiera, questa. Siamo sinceri oggi”.

Nelle parole di papa Francesco, la consapevolezza che “in questi giorni natalizi ci farà bene accogliere il Signore proprio lì”. Come? “Ad esempio, sostando davanti al presepe, perché esso mostra Gesù che viene ad abitare tutta la nostra vita concreta, ordinaria, dove non va tutto bene, ci sono tanti problemi – alcuni per colpa nostra, altri per colpa degli altri – e Gesù viene”. “Dio vuole abitare con noi. E attende che gli presentiamo le nostre situazioni, quello che viviamo. Allora, davanti al presepe, parliamo a Gesù delle nostre vicende concrete. Invitiamolo ufficialmente nella nostra vita, soprattutto nelle zone oscure”. “Dio ama abitare nella nostra stalla”, ha concluso.

Fonte: Sir
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