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Sacerdoti. Don Patriciello: “Mia madre mi ha trasmesso una teologia ‘familiare’”

“Poco prima di morire mi disse che non ci saremmo dovuti preoccupare di andare al camposanto e portare dei fiori. Ma mi chiese di far celebrare delle messe in suffragio della sua anima. Mi ha ricordato il dialogo tra Santa Monica e Sant’Agostino a Ostia, eppure lei, semianalfabeta, non aveva certo letto le Confessioni”, racconta il parroco di Caivano

Foto SIR/Marco Calvarese

A fine agosto, rispettivamente il 27 e il 28, ricorre la memoria liturgica di Santa Monica e Sant’Agostino, madre e figlio, nella vita. La prima ebbe un ruolo determinante nella conversione del secondo. “Mi hai generato due volte”, disse un giorno il figlio alla madre: alla vita e alla fede. Al di là del caso dei due Santi, quanto le mamme hanno un influsso sul sacerdozio dei figli? Ne abbiamo parlato con don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano.

Quanto è importante una mamma nella vita di un figlio sacerdote?

Prima di parlare della mamma, partirei dalla famiglia. Da credente mi sono posto tante volte la domanda: il Padreterno non ci poteva creare tutti quanti singolarmente, ogni volta direttamente dalle sue mani? Ma non ha voluto fare questo, ha voluto che noi nascessimo attraverso l’unione di due persone. Il Padreterno non potrebbe arrivare nel cuore delle persone al di là della Chiesa, dei sacramenti, dell’Eucaristia? Certamente sì, Dio può fare quello che vuole, ma non ha voluto così. Noi nasciamo in una famiglia, nella quale c’è un grandissimo amore e anche egoismo. L’amore dei genitori verso i figli si amalgama, è un impasto di amore immenso ma anche di grande egoismo. “Io ti voglio bene, ma tu sei mio figlio”. La famiglia come tutte le realtà umane porta, per noi cristiani, tutti i segni del peccato originale. Però, in famiglia impariamo le cose fondamentali, che tornano sempre in tutta la vita.

Quanto ha contato allora la sua famiglia nella sua crescita prima come uomo e poi come sacerdote?

Mia madre e mio padre mi hanno trasmesso i loro valori, nei quali hanno creduto. La mia mamma era una donna di fede, mio padre un credente ma non praticante. Doveva portare il pane a casa, era una persona onestissima, un gran lavoratore. Non l’ho mai visto a letto, se non per dormire di notte.

Qual era il rapporto di sua madre con la fede e cosa ha significato per lei?

Mia mamma mi ha trasmesso una teologia che oserei definire “familiare”: l’amore per Dio era la cosa più logica e naturale per lei.

Viviamo in questo mondo perché Qualcuno più grande di noi ci ha donato la vita, ci ama, è Provvidenza. Mi ha insegnato questo. E mi ripeteva sempre: “Non cade foglia che Dio non voglia”, “Il Signore non abbandona i Suoi figli”. Questa fiducia in Dio ha guidato tutta la sua vita. La sua preghiera era semplice, non mancava mai a messa la domenica. Ci ha insegnato a essere persone buone e oneste, a fidarci di Dio. E tutto ciò ha inciso profondamente in me, ma non ha avuto la gioia di vedermi sacerdote. Se n’è andata molto presto, è morta con un infarto fulminante quando avevo 17 anni. C’è una cosa successa non molto tempo prima della sua scomparsa che mi ha molto colpito.

Ci racconti…

Mia madre era semianalfabeta e quindi non aveva certo letto le Confessioni di Sant’Agostino, ma qualche settimana prima di morire si rivolse a me che sono l’ultimo di cinque figli maschi. Mi disse che se fosse scomparsa – ma era un fatto tanto imprevedibile che all’inizio non avevo neppure capito che si riferisse alla sua morte –, non ci saremmo dovuti preoccupare di andare al camposanto e portare dei fiori. Ma mi chiese di far celebrare delle messe in suffragio della sua anima. Anni dopo ho trovato gli stessi concetti nelle Confessioni di Sant’Agostino. Monica, quando si trovava con il figlio ad Ostia dove poi morì, disse al figlio di non preoccuparsi di dove fosse seppellito il suo corpo, ma le chiese di ricordarla all’altare del Signore. Ed è proprio quello che mi ha chiesto anche mia madre. È il testamento spirituale che mi ha lasciato, quando qualche settimana dopo, in pochi attimi, se n’è andata. Le parole di mia madre sono state un grande aiuto nella riflessione sul senso della vita, sulla giovinezza, sul senso della morte che all’improvviso arriva e ti sconvolge la vita.Sono convinto che se non sono caduto a quell’età, così giovane, ad esempio, nel mondo della droga, senza la sua presenza, con papà che era sempre così impegnato con il lavoro, è stato grazie ai suoi insegnamenti così forti, a quell’amore per la vita che mia madre mi ha trasmesso. Il suo esempio di fede è stato un bagaglio sul quale riflettere e da arricchire aggiungendo i miei studi, le mie esperienze, la mia spiritualità.

Sua madre non l’ha vista sacerdote, ma ora lei stesso può celebrare messe in suo suffragio…

Io penso sempre a mia madre. Non c’è giorno che durante la messa non ricordi i miei genitori e tutte le persone belle che ho conosciuto nel mio cammino. Siamo tutti il risultato di questi incontri e di come abbiamo saputo gestirli.

Mia madre è stata una donna che ha saputo solamente amare.

Una donna che per sé chiedeva quasi niente, che si rivedeva nei suoi figli, ai quali cercava di dare tutto quello che il Signore le aveva donato. Tanti giovani sacerdoti, anche nella mia diocesi, hanno ancora le loro mamme: a loro dico sempre di coltivare il rapporto con le madri, che sono delle testimoni che trasmettono, con la loro stessa vita, insegnamenti preziosi per la vita di un prete. La mamma è una persona che ti ama, che vuole il tuo bene e che ti insegna ad amare in modo disinteressato.

Fonte: Sir
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