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San Rocco, sull'esempio di Francesco d'Assisi

Ovunque passasse trovava appestati o malati da soccorrere e guarire

San Rocco, sull'esempio di Francesco d'Assisi

La Chiesa oggi festeggia due santi: Rocco di Montpellier e Stefano I, re d’Ungheria. Mi soffermerò su san Rocco visto che ha un rapporto speciale con Cesena.

Rocco è un santo francese, ma molto venerato anche fuori dei confini francesi e patrono di numerose città e paesi. Rocco nasce probabilmente intorno all’anno 1345-50 nei pressi di Montpellier nella regione centro sud dell’Occitania. Se vi capita di visitare alcune opere d’arte che rappresentano il nostro santo, spesso lo troverete accompagnato da un cane con in bocca un pezzo di pane. Pochi sanno che rapporto c’era tra l’uomo di Dio e l’animale, ma lo vedremo cammin facendo.

La famiglia da cui nacque Rocco era una famiglia agiata. I suoi genitori lo ebbero in età avanzata, per questo si credette che fosse nato per una speciale grazia celeste. Ricevette un'educazione cristiana forte che lo spinse attraverso la madre che lo indirizzò verso la devozione a Gesù crocifisso e alla Madre di Dio. Già da piccino Rocco si commoveva nel vedere gli indigenti e i malati e nel suo piccolo si mortificava levandosi dal piatto e di conseguenza “dalla pancia” alcuni pezzi di cibo da condividere con chi non ne aveva.

Rocco si innamorò di san Francesco di Assisi e cominciò ad seguirne gli esempi. Non gli mancarono i soldi per poter studiare, intorno ai diciott’anni si iscrisse alla università di Montpellier. Durò poco. Dopo qualche anno sia l’uno che l’altro genitore vennero meno. Decise di dare tutto ai poveri, proprio come Francesco e volle fare un voto: arrivare a Roma a piedi in pellegrinaggio. Non sappiamo perché, ma sappiamo che questo pellegrinaggio gli cambiò la vita con l’abbigliamento tipico dei viandanti: un cappellaccio, una borsa e il classico bastone utile per il cammino e per la difesa personale.

Scese in Camargue e toccando le città di Arles, Tarascon, Aix-en-Provence, Nizza, Savona e Genova e poi in Toscana.. finendo per confluire in quella che era la via francigena, (chiamata anche “romea” poiché conduceva i pellegrini alla Città Eterna) per poi attraversare Lucca, Firenze, Siena. Durante questo pellegrinaggio trovò anche l’opportunità di soccorrere alcuni contagiati dalla peste. Già la peste nera, questa infame malattia che fece fuori un 1/3 della popolazione europea. Arrivò a colpire anche l’Italia.

Ci fu un fatto straordinario che accompagnò Rocco nella sua missione. Un angelo lo invitò a benedire gli appestati con il segno della croce garantendogli la guarigione. E avvenne proprio così. In breve tempo l’epidemia si estinse. Lasciata la strada per Roma si diresse verso l’Adriatico arrivando alla nostra amata città di Cesena, dov’era in corso un’epidemia di peste. Quindi dopo un po’ di tempo trascorso nell’assistenza agli appestati, riprese il suo cammino tornando sulla via per Roma. Vi giunse tra il 1367-68, rimanendovi per un triennio presso l’ospedale Santo Spirito. Riprese il cammino per ritornare alla sua Montpellier passando per Assisi, Rimini, ancora a Cesena, Forlì, Bologna, Modena e Parma. Ovunque passasse trovava appestati o malati da soccorrere e guarire. Arrivò a Piacenza. Nell’ospedale santa Maria di Betlemme si mise ad aiutare gli infermieri nell’assistenza e si beccò il virus. Contagiato, per non rischiare che il morbo si spandesse si trascinò fuori città, in una grotta, lungo il fiume Trebbia. È qui che salta fuori il cane. Senza cibo per giorni, Rocco si sentiva prossimo alla fine, quando (narrano le antiche agiografie), un cane, di razza Bretone, provvide a lui portandogli un pezzo di pane, sottratto dalla dispensa o dalla mensa del suo padrone, finché non si fu ristabilito in salute ed in forze. Ancora sulla strada per tornare a Montpellier e qui le notizie certe si fermano e si confondono con la polvere dei piedi di Rocco. 

Si racconta che Rocco venne scambiato per una spia, il suo aspetto non era dei migliori, e lui non fece niente per difendersi. Finì in prigione (a Voghera o Angera) e qui rimise l’anima a Dio. Morì la notte tra il 15 e il 16 agosto del 1376 o il 1379.

La santa Chiesa lo venera e lo invoca come patrono degli appestati insieme a santa Francesca Romana. Fu canonizzato durante il Concilio di Costanza del 1414. Gregorio XIII introdusse il nome di Rocco nel Martirologio Romano, sotto Urbano VIII la Congregazione dei riti concesse la liturgia delle lodi e la Messa da celebrare in suo onore. Innocenzo XII prescrisse ai Francescani di elevare a festa la memoria forte della citazione del predecessore Paolo IV nella Bolla Cum a nobis di san Rocus, quale membro del III ordine di San Francesco.

San Rocco è un esempio di chi nella malattia si affida a Dio e non alza il dito puntandoglielo contro, ma chiede la grazia della guarigione nella totale fiducia nella Provvidenza.

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