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Coronavirus e celebrazione della Pasqua del Signore. Il vescovo nell'omelia: "La luce di quest’alba non tramonta mai. È la luce di Cristo”

"Questa Pasqua - si è chiesto il presule in conclusione - così diversa dalle altre, avrà la forza di farci incontrare Dio e di rinnovare e far rifiorire i nostri cuori affranti, di rinforzare le nostre radici per essere piante nuove portarci di germogli carichi di vita e di frutti di amore, di carità, di pace per questo mondo, immerso così tristemente in tenebre fitte?"

Nella foto un'immagine della Messa in corso in questo momento nella Concattedrale di Sarsina. Foto Pier Giorgio Marini

Di seguito l'omelia pronunciata dal vescovo Douglas durante la Messa solenne di Pasqua che viene celebrata in questo momento nella Concattedrale di Sarsina, senza partecipazione di popolo, come prescrivono le norme in materia di Coronavirus. All'altare per il servizio liturgico i cerimonieri don Luca Baiardi e don Marco Muratori. Tra i concelebranti, il parroco di Sarsina don Renato Serra.

Al termine della Messa, come annunciato all'inizio della celebrazione eucaristica da don Simone Farina, il vescovo leggerà la benedizione papale con la quale si potrà lucrare l'indulgenza plenaria.

Ecco il testo dell'omelia.

1. Un'alba nuova

In questo triduo santo ci ha accompagnato il tema della notte. Giovedì: la notte dell’amicizia e dell’intimità; venerdì: la notte del tradimento e della morte; sabato: la notte beata e gloriosa.

Ora, domenica, primo giorno della settimana, al mattino presto, all’alba “Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba” (Mt 28, 1). Mi fermo a riflettere su quest’annotazione temporale: all’alba del primo giorno.

Finora il triduo ci aveva quasi abituati a muoverci di notte, tra le tenebre e in esse a scoprire l’azione misteriosa di Dio nella nostra storia; così di notte la consegna del comandamento dell’amore, il gesto della lavanda dei piedi, il dono di sé in quel pane trasformato; di notte il tradimento dell’amico, le lacrime di Pietro; il grido sulla croce mentre tutto si fa buio; nel buio del sepolcro tutto è avvolto – come di notte - dalle tenebre. Ma ora, è l’alba; è l’alba del primo giorno; è un alba diversa dalle tante albe che queste donne hanno sperimentato nella routine delle loro giornate, sempre uguali, piene di incombenze: dall’alba al tramonto. È questa invece un’alba particolarmente luminosa. È l’alba del primo giorno. Non solo perché è il primo della settimana, ma soprattutto perché rimanda al primo giorno, primordiale, quello della creazione quando Dio creò La luce. Mentre quella luce creata in origine cede il passo alla notte in un ritmo giornaliero che si ripete fino alla fine del mondo, la luce di quest’alba, di questo primo giorno nuovo, invece, non tramonta mai. È la luce di Cristo, “stella del mattino che non conosce tramonto”, come abbiamo cantato stanotte.

 

In questo primo giorno la storia e il mondo rivivono, sono ricreati da una luce che sfolgora eternamente. Canta la Chiesa, ogni mattino di domenica:

 

Già l'ombra della notte si dilegua,
un'alba nuova sorge all'orizzonte:
con il cuore e la mente salutiamo
il Dio di gloria (Inno, Lodi martedì T.O.).

 

Le donne che all’alba del primo giorno vanno al sepolcro non sanno, sono spettatrici di un mistero che le avvolge, inconsapevoli e ignare… Ma in loro c’è la Chiesa ci siamo noi, e noi sappiamo adesso della risurrezione e siamo anche noi attirati da questa luce dell alba del primo giorno.

 

2. La rugiada del tuo amore

C’è un particolare che il vangelo non evidenzia, ma noi, sì, lo possiamo toccare. Queste donne, indossando i sandali, si saranno sicuramente bagnate i piedi in quel mattino di pasqua quando, all’alba, uscirono di casa in fretta per recarsi al sepolcro. La rugiada, era lì, posata dolcemente sull’erba primaverile, appena spuntata, solo i primi raggi di sole l’avrebbero eliminata. La rugiada è benefica per la vegetazione, perché mantiene alto il livello di umidità; la rugiada dona forza e vigore alle deboli e fragili foglie d’erba che stanno per crescere. Scompare la rugiada al primo sole del mattino; ma è immagine di un'rugiada quella dell’amore di Dio in mezzo agli uomini; essa rinfresca, bagna e ammorbidisce tutto.

Partendo da questa immagine, la Chiesa canta al mattino presto del primo giorno della settimana:

 

O Padre santo, fonte d'ogni bene,

effondi la rugiada del tuo amore

sulla Chiesa raccolta dal tuo Figlio

nel Santo Spirito (Inno, Lodi martedì T.O.).

 

3. Bagnarsi gli occhi con la rugiada

Mi sovviene il ricordo di un gesto lontano che la nonna ci invitava a fare, al mattino di Pasqua: uscire di casa al primo sole e nel prato sfiorare con la mano l’erba ancora gravida di rugiada e con le mani bagnate toccarsi le palpebre e farsi il segno della croce. Noi piccoli facevamo tutto questo soprattutto pensando che subito dopo ci attendeva la tavola imbandita con le uova benedette pronte per essere consumate in una colazione che – per questo - era diversa davvero da tutte le altre.

Le mani irrorate dalla prima rugiada del mattino. Quella rugiada, adesso comprendo, era il segno della vita nuova, fresca e promettente. Esattamente come aveva promesso il profeta quando scrisse del Signore:

 

Sarò come rugiada per Israele;
fiorirà come un giglio
e metterà radici come un albero del Libano
 

 

Questa Pasqua, così diversa dalle altre, avrà, domando a me e a voi, la forza di farci incontrare Dio come rugiada, anche se in circostanze così particolari, capace di rinnovare e far rifiorire i nostri cuori affranti, di rinforzare le nostre radici per essere piante nuove portarci di germogli carichi di vita e di frutti di amore, di carità, di pace per questo mondo? In questo mondo immerso così tristemente in tenebre fitte?

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