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I migranti e quel patrimonio di umanità che c'è in ognuno di noi, nessuno escluso

Intervento del nuovo direttore dell'ufficio diocesano Migrantes, Ettore Rossi. Sostituisce monsignor Silvano Ridolfi

I migranti e quel patrimonio di umanità che c'è in ognuno di noi, nessuno escluso

I 16 anni di collaborazione col parroco don Silvano Ridolfi in San Giacomo Cesenatico (1990-2006) mi hanno permesso, tra l’altro, di respirare il profumo dell’impegno che egli ha profuso in materia di pastorale al servizio dei migranti. Un profumo che conteneva aria depurata dalle scorie della diffidenza e del rifiuto verso il perseguitato, il rifugiato, il profugo, il nomade, lo zingaro, il circense, il semplice migrante. 

La vita degli esseri umani abbraccia anche l’aspetto del mutamento delle loro instabili localizzazioni che possono avvenire in ambito nazionale e/o extranazionale. Io ad esempio da Via Zara mi sono trasferito in via De Amicis poi in via Della Repubblica pur rimanendo nello stesso paese natale.  La parrocchia al contrario è mutata. Il tessuto umano e religioso di riferimento non era più quello iniziale. La sperimentazione di un’accoglienza, ai minimi termini certamente, ma sempre di nuovi rapporti umani e spirituali.

Tutto questo per dire che è patrimonio dell’umanità questo spirito itinerante che sottintende alla ricerca della dimora per eccellenza. Il respiro che don Silvano mi ha regalato è proprio questo: trattare il fenomeno migratorio con cristiana risposta. Il vescovo Douglas, accogliendo la richiesta di don Silvano in merito alla propria sostituzione, che nonostante la sua veneranda età (89) manteneva ancora la carica di direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano, mi ha proposto di occuparmi di questo servizio. Ho accettato non soltanto per spirito di ubbidienza ma soprattutto per il rispetto, lo stupore, la ricerca che caratterizza e promana il soggetto itinerante.

Sarà forse per caso ma… la settimana scorsa in quel di Verona, camminando sotto il sole di questa prima parte di ottobre anomalo e senza dover raggiungere alcuna destinazione particolare ma solo per attendere l’apertura di un esercizio commerciale, scorgo un palazzo decrepito, con diversi piani fuori terra, intonaci ammalorati, vetrate in frantumi, completamente abbandonato, con l’erba nell’area che domina incontrastata l’intera proprietà, recintata da un’inferriata arrugginita e sulla sommità del tetto del palazzo una insegna “Centrale del latte di Verona” (vedi foto). Poi il cancello di ingresso attira la mia attenzione. Al di là dello stesso un’altra insegna sorretta da due sbarre anch’esse vinte dalla ruggine e come se non bastasse, dai rami rampicanti, che, incastonate nel terreno, proponevano a stento la seguente epigrafe: “ACCADEMIA D’ARTE CIRCENSE”. Oh mio Dio. In via Colombo a Cesenatico (dal ’91 al 2003) presso una colonia ci recavamo don Silvano, io e Secondo (ora diacono in san Giacomo come il sottoscritto) a portare liturgia, catechismo, sacramenti a quei ragazzi che in specialità circensi accarezzavano con estrema leggerezza la spiritualità del loro corpo intenti a continuare presso altra sede, per non smentire la loro peculiare identità di soggetti itineranti, lo scopo della loro vita. Ora anche da noi è rimasta la vuota colonia e l’insegna mantiene vivo il ricordo di quei numeri acrobatici ritmati, lo speriamo proprio, dai germi religiosi che settimanalmente cercavamo di seminare nella loro fierezza corporea e spirituale. Erano ragazzi in collegio, lontani dalle loro famiglie circensi per eccellenza itineranti, quest’ultime intente a procurarsi le risorse per costruire il futuro dei loro figli. Il fascino del circo, del tendone che monta e smonta, del carrozzone che arriva e che parte, dell’artista che respira aria sempre diversa. Un acrobatico aspetto del movimento dell’anima e del corpo.

Un invito a portarci nel cuore le esperienze delle nostre migrazioni anche le più piccole, le più brevi, le più subite per motivi di salute o altro (ricoveri, trasferte di lavoro ecc.) affinchè quando si incontreranno quelle “vere” degli altri “fratelli”, non prevalga la diffidenza, il timore, la chiusura ma prevalga lo stupore e il rispetto per la presenza di un essere umano fatto a immagine e somiglianza di Dio indipendentemente dal motivo della sua migrazione. Certo l’immagine non muta, ma la somiglianza invece è dinamica: è caratterizzata dall’uso che se ne fa della libertà di Dio che può contribuire ad avvicinarla o ad allontanarla da Lui: anche in costoro, come in noi, accade a volte che prevalga il moto inverso dell’anima anziché quello virtuoso.

Ed è con serena disposizione d’animo che, certo di poter contare sul solido e insostituibile aiuto di don Silvano a cui rivolgo in comunione con tutta la famiglia diocesana un doveroso ringraziamento per quanto seminato nel suo lungo impegno verso i migranti, mi accingo a raccogliere quei frutti succosi e maturi che pendono dall’albero della fratellanza, scaturito appunto dal lavoro di don Aldo Casadei, don Guido Severi, pace all’anima loro, e don Silvano Ridolfi, a cui tutti dovremmo prestare attenzione e nutrimento.

Il nostro vescovo Douglas, in collaborazione con Caritas e associazione Papa Giovanni XXIII, in diverse occasioni è intervenuto a dare attuazione al fondamento della accoglienza, della protezione, della promozione, della integrazione: la  famiglia accolta in episcopio, il dormitorio per i senza dimora di imminente apertura per favorire la loro protezione, il progetto Terre di Culture per la loro promozione al lavoro, la canonica di Bagnile messa a disposizione per profughi e migranti per favorire la loro integrazione, solo per citare alcuni esempi.

Circa gli appuntamenti diocesani Per Migranti, essi sono stati pubblicati e presentati in occasione della Assemblea diocesana del nuovo anno pastorale: “Lo pose nel giardino perché lo custodisse e lo coltivasse” Educare alla vita buona del Vangelo nel lavoro e nella festa. Orientamenti Pastorali 2018-2019.

Si ricorda che la prossima 105ma Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato si terrà domenica 29 settembre 2019.

Iniziamo il cammino pastorale, confidando nella misericordia del Signore, attraverso il giardino della diocesi, proponendo ai migranti che lo calpesteranno la sua custodia, la sua coltivazione educati alla vita buona del Vangelo nel lavoro e nella festa: si perché la custodia e la coltivazione, il lavoro e la festa, a qualsiasi latitudine attuati, se non permeati dalla vita buona del Vangelo non garantiranno mai l’accoglienza, la protezione, la promozione, ‘ integrazione e aggiungo io, la pace e la giustizia. Grazie per la pazienza accordata e un invito a tutte le comunità parrocchiali: segnalate all’ufficio diocesano migrantes eventuali proposte, iniziative, problematiche di vario genere, caratterizzate, si spera, dal rispetto della dignità umana. 

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