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Il 15 agosto al Monte. L'omelia del vescovo Douglas: "Maria ci insegna a conoscere il Figlio"

Alla scuola di Nazareth, luogo geografico e spirituale per un incontro d'amore con il Padre

Nella foto un momento della Messa presieduta ieri dal vescovo Douglas Regattieri

Dopo il costante afflusso dei pellegrini durante tutta la mattina, ieri pomeriggio nella basilica benedettina di Santa Maria del Monte, venerata in particolare il 15 agosto, il vescovo Douglas Regattieri ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica. Con lui sull'altare, tra gli altri, l'abate dom Mauro Maccarinelli e il vicario generale della Diocesi, monsignor Pier Giulio Diaco.

Durante l'omelia il presule ha sottolineato che Maria ci insegna, alla scuola di Nazareth, a "conoscere fino in fondo il suo Figlio, donato dalla Provvidenza a lei e al mondo. Nazareth: luogo geografico e spirituale ad un tempo per un incontro d’amore con il Padre: Anche per noi. Lo fu per Gesù, lo fu per Maria, lo fu per Giuseppe: lo è anche per noi".

  1. 1.    L’Annunciazione di Malmerendi e di Coda

Noi cesenati saliamo al Monte per l’antica e suggestiva via delle Scalette. A metà del percorso ci troviamo dinnanzi a una piccola edicola, che conserva una bellissima maiolica, opera dell’artista faentino xilografo e ceramista Giannetto Malmerendi. Fu l’abate Clerici a volere dedicare tale celletta all’Annunciazione di Maria. Si legge, infatti, nelle cronache del Monastero benedettino che l’autore “ha ritratto la scena dell’Annunciazione, trattata in bassorilievo, in modo espressivo e originale in cui si ammira qualcosa di nuovo che non è la solita riproduzione pedissequa di chi non ha sentimento e ispirazione. A sinistra un’umile Madonna, seduta, pone all’angelo l’obbiezione della sua purezza verginale, cui il messaggero celeste, fra un misto di venerazione e di stupore per l’umiliazione del Figlio di Dio, risponde accennando, con la sinistra levata in alto, alla potenza dello Spirito santo, figurato come colomba” (riportato da M. Mengozzi, Dal piano al monte: la via delle scalette a Cesena con l’edicola mariana, p. 29).

Anche in Basilica ammiriamo un’altra Annunciazione del pittore cinquecentesco Bartolomeo Coda. La può ammirare il pellegrino entrando, subito a destra nel secondo altare procedendo verso il presbiterio. Realizzata a tempera e olio su tavola lignea, è databile al 1541. Chi ben osserva l’opera scorge i tratti che testimoniano evidenti contatti del Coda con la cultura raffaellesca emiliana, che dal secondo decennio del Cinquecento aveva formato un linguaggio comune a tutta la regione. Da sottolineare che il dipinto è conservato in una ricca cornice decorata, completata nel basamento da un tondo con la “Testa di san Giovanni nel bacile”.

È lecito chiedersi: perché questa insistenza da parte degli artisti, anche qui a Cesena, sul mistero dell’Annunciazione. È presto detto: perché è il mistero che inaugura i tempi nuovi, il tempo della salvezza; perché è l’evento a partire dal quale si comprende – per quanto possibile – tutta la storia salvifica: perché in quel mistero si concentra, come sintesi, tutta la vita di Maria. Nell’annunciazione si riassume tutta l’attesa veterotestamentaria del Messia e si gioisce perché finalmente quell’ “Eccomi” ha segnato l’inizio della nostra liberazione. È noto il testo col quale san Bernardo si rivolge alla Vergine implorandola di pronunciare quel ‘Sì’: “Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza; se tu acconsenti, saremo subito liberati” (San Bernardo, Omelia 4, 8-9). 

In questi anni, nell’occasione che anche oggi ci vede qui riuniti, aiutati dagli affreschi del Longhi che impreziosiscono la Basilica, abbiamo ripercorso la vita di Maria. Ora in quest’ultima riflessione, che conclude il ciclo delle meditazioni mariane del 15 agosto, ci soffermiamo ancora una volta su questo grande mistero: Maria annunciata! In realtà l’Assunta, che oggi celebriamo, non la si comprende se non a partire di qui, da Nazareth: la gloria di Maria si fonda e nasce nell’umiltà e nel nascondimento di Nazareth. Nazareth, anche per Maria, mistero di fede, di silenzio e di amore. Se lo è stato per Gesù, non anche per Maria? Se per Maria, anche per noi!

 

 

  1. 2.   La Nazareth di Maria

Sarà rimasta a Nazareth tutta la sua vita? È morta o – per meglio dire - si è addormentata a Nazareth? Non lo sappiamo. Forse a Gerusalemme o a Efeso? Certo è che Nazareth, la sua casa, il suo villaggio, la sua fontana, i suoi vicini di casa, il suo giardino, saranno rimasti impressi nel suo cuore per sempre. Come è per tutti. Chi non ritornerebbe qualche volta alla sua casa di origine? Per ritrovare le cose o quel che resta delle cose che hanno ritmato e segnato la sua fanciullezza, la sua adolescenza, la sua giovinezza? Maria ha lasciato Nazareth? Non lo sappiamo. Certo, il cuore e la sua mente saranno tornati spesso a quel luogo, a quella tavola, a quella cucina, a quel momento in cui una luce le attraversò il corpo e il cuore verginali annunciandole la straordinaria maternità! Nazareth è rimasta, certamente, per sempre nel suo cuore. Forse se n’è allontanò. Sappiamo che un giorno, nei dintorni del lago, coi parenti, aveva cercato di parlare, di vedere Gesù; era andata a scovarlo mente predicava in una casa (Cfr Mc 3, 32-35). Lo aveva poi seguito a Gerusalemme; di questo siamo certi, sul calvario, e poi si era stabilita coi fratelli del suo Figlio nel cenacolo. Dunque Nazareth: un bel ricordo, una dolce memoria, una struggente nostalgia nella quale cullarsi e lasciarsi andare in certi momenti, all’imbrunire del giorno, quando si fa un gran silenzio e riemergono i ricordi del passato… Quando si era ritrovata sola: senza più Giuseppe, senza più il suo Gesù. Sola, sola con il Padre, con l’Eterno. Nazareth era sempre là, sullo sfondo… 

Ricordando Nazareth, Maria avrà rivissuto ciò che il profeta disse del suo popolo. Avrà applicato a sé quelle parole; come se fossero state pronunciate per lei: Quando Israele era fanciullo, / io l'ho amato / e dall'Egitto ho chiamato mio figlio. / A Èfraim io insegnavo a camminare / tenendolo per mano, / Io li traevo con legami di bontà, / con vincoli d'amore, / ero per loro / come chi solleva un bimbo alla sua guancia, / mi chinavo su di lui / per dargli da mangiare. / Come potrei abbandonarti, Èfraim, / come consegnarti ad altri, Israele? /  Come potrei trattarti al pari di Adma, / ridurti allo stato di Seboìm? / Il mio cuore si commuove dentro di me, / il mio intimo freme di compassione” (Os 11, 1.3-4. 8).

     A Nazareth, nel paese della sua infanzia, Ella si sentiva come quel fanciullo, Israele, amato dal Signore, che Dio aveva preso per mano e condotto alla terra promessa.

     A Nazareth, culla della sua fanciullezza, Ella si sentiva stretta dai vincoli d’amore dell’Eterno; un giorno canterà: “ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1, 48).

    Nell’umile casa di Nazareth aveva sperimentato il chinarsi di Dio su di Lei, allo stesso modo con cui l’Onnipotente aveva fatto con il suo popolo, Israele.

    A Nazareth mai l’aveva sfiorata il pensiero che l’Eterno si fosse dimenticato di Lei; ogni giorno sperimentava la commozione e la compassione di Dio per Lei.

    Fu la scuola di Nazareth a rendere il suo giovane cuore capace di affrontare quella spada che avrebbe trafitto la sua anima (Cfr Lc 2, 35). 

    Fu la scuola di Nazareth a insegnarle il silenzio. Vorremmo anche noi pregare e invocare il silenzio di Nazareth, come fece un giorno san Paolo VI: “Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l'interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto” (Paolo VI, Discorso a Nazareth, 5 gennaio 1964).

    Fu la scuola di Nazareth a farle conoscere fino in fondo il suo Figlio, donato dalla Provvidenza a lei e al mondo. Qui a Nazareth - è sempre san Paolo VI che parla – “si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo” (ivi).

    Nazareth: luogo geografico e spirituale ad un tempo per un incontro d’amore con il Padre: Anche per noi. Lo fu per Gesù, lo fu per Maria, lo fu per Giuseppe: lo è anche per noi!

  

 

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