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Scuola di dottrina sociale della chiesa

L'economista Becchetti ieri sera a Cesena: "Generare è la ricetta per essere felici"

È iniziato martedì sera 5 febbraio il II° anno. Martedì prossimo la seconda serata con il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli

Nella foto, l'economista Leonardo Becchetti ieri sera durante la lezione alla scuola diocesana di Dottrina sociale della Chiesa

È iniziato martedì sera 5 febbraio il II° anno della scuola di Dottrina Sociale della Chiesa, promossa dalla commissione diocesana Gaudium et spes. Un appuntamento che ha riunito oltre quaranta studenti, tra vecchi e nuovi iscritti e che declinerà, nei cinque appuntamenti previsti, le tematiche proprie del Compendio.

Prima lezione dedicata alla vita economica che ha visto salire in cattedra il professore Leonardo Becchetti, docente dell’Università di Roma Tor Vergata, editorialista del quotidiano Avvenire e membro del comitato delle Settimane Sociali di Cagliari. “Per capire l’economia di oggi - ha esordito il professore - è necessario compiere quattro passi: conoscere il contesto in cui viviamo, avere una vision, cioè capire dove vogliamo arrivare, elaborare delle risposte e comunicare in modo efficace. Quest’ultimo punto oggi assume ancor più importanza perché i luoghi della comunicazione sono perlopiù spazi di conflitto e di bandiere, anziché opportunità di confronto e di ragionamento”.

La proposta messa in campo dall’economista nella sua lezione è stata quella dell’economia civile e della visione generativa dei rapporti, sia sociali che economici perché, come ha ribadito, “la vita economica trae linfa e si sviluppa dalle relazioni”. Un concetto che trova le radici nel pensiero di Antonio Genovesi, primo teorizzatore e vero precursore dell’economia civile.  “Ecco quindi che occorre ribaltare alcuni preconcetti oggi dominanti, quali la demonizzazione della globalizzazione e la diffidenza verso la rivoluzione tecnologica, seguendo alcune direttrici fondamentali. Se guardiamo alla realtà dei dati dell’economia globalizzata, non è vero che il lavoro stia scomparendo. Anzi, i posti di lavoro sono in realtà aumentati (600 milioni nuovi posti di lavoro dal 2000 a oggi) così come l’aspettativa di vita (93 anni per le donne a Montecarlo, 87 in Italia). Stessa cosa dicasi del ruolo degli strumenti meccanici e dell’ausilio dei robot: non è vero che hanno sottratto lavoro, bensì hanno alleggerito le fatiche del lavoratore, come sempre è avvenuto nella storia della tecnologia. Il vero problema semmai – ha sottolineato Becchetti – è capire come stare in questo contesto di novità. La prima soluzione è puntare sulla formazione nel mondo del lavoro”. Un concetto ben espresso dalla metafora della scala: “il lavoro sta nei frutti di un albero. Per raggiungerli il lavoratore ha bisogno di una scala che si chiama competenze” oggi più che mai indispensabili per battere la concorrenza. “In Italia c’è stata una involuzione delle competenze – ha aggiunto l’economista – anche in campo politico, polarizzando la fiducia non verso chi è capace, ma verso chi convince di più”.

Di fronte a questa situazione le parole chiave diventano felicità e generatività, vero programma politico ed economico del futuro che permette di uscire dalle secche della lotta e del conflitto, per aprire il campo alla felicità e alla realizzazione del bene comune. “Potremmo dire che sei felice più sei generativo, cioè se quello che tu fai è utile per qualcun altro. E questa in economia è la prima verità che si concretizza proprio nel modello cooperativo. La vostra terra di Romagna – ha sottolineato Becchetti – in questo è stata di esempio”. Una prospettiva valida non solo per il contesto locale, ma anche per quello sovranazionale, in un’epoca in cui la cooperazione e la solidarietà tra stati è sempre più messa in discussione. “Sbaglia chi oggi non comprende chenell’epoca della globalizzazione il perimetro degli stati nazionali è troppo piccolo, rispetto al campo da gioco in cui le imprese sono chiamate ad operare. Ecco perché l’Europa va sì riformata, ma preservata. Nella lotta per accaparrarsi la fetta di torta – ha affermato con decisione il professore – dobbiamo comprendere che 1 contro 1 è minore di 2, mentre invece 1+1 diventa 3. La cooperazione vince sempre”.

Dunque quali sono le strade da percorrere per mettere in campo buone pratiche generative, per votare con il portafoglio, si sono domandati i presenti? “Diventano necessari quattro fattori – ha risposto Becchetti - quali la consapevolezza, l’informazione, il coordinamento tra le persone e il prezzo”. A sostegno di ciò sono state presentate alcune iniziative concrete operate sia in Italia che in altre parti d’Europa, che hanno visto i cittadini protagonisti, come le buone pratiche proposte alle Settimane Sociali di Cagliari dove “siamo andati a cercare i nuovi Olivetti e i nuovi Toniolo e ne abbiamo trovati 400 in tutto il Paese”. Oppure il movimento no Slot a sostegno dei dei gestori di bar che rifiutano le macchinette d’azzardo nei propri locali: “Con questa iniziativa siamo entrati nelle scuole e abbiamo coinvolto i ragazzi, così come per i progetti legati al voto col portafoglio, cioè percorsi atti a generare un consumo critico e una scelta consapevole dei prodotti all’interno dei grandi supermercati”.

“Molto altro c’è ancora da fare – ha chiosato Becchetti nel finale – partendo dalle scelte legate alla sostenibilità ambientale, oggi diventate un’importante opportunità di business per molte aziende, per arrivare alla mobilità sostenibile.  Si tratta però di una missione per la quale siamo tutti convocati, come scrivo sui social. In Italia purtroppo si aspetta sempre l’arrivo del leader. La verità però è che nessun leader può risolvere i problemi di un sistema così complesso come il nostro. Ci vuole una sinergia a quattro mani: l’economia, la politica, le imprese responsabili e la cittadinanza attiva”. Tutte riflessioni e opportunità che troveranno spazio nella prima edizione del Festival nazionale dell’Economia civile, che si terrà a Firenze dal 29 al 31 marzo “per rilanciare un’economia plurale e non da leader” ha concluso Becchetti.

E sui migranti ha aggiunto, in chiusura: “L’accoglienza è generativa e non accettare i migranti in patria oggi è una follia. Ne abbiamo bisogno di almeno 50-100 mila all’anno, visti i continui cali demografici in Italia. Quindi ne abbiamo bisogno per sopravvivere. Accoglierli non è solo questione che attiene alla sfera umana, ma più semplicemente a quella economica”.

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