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vicenda istituto lugaresi

“La Diocesi non vuole mandare via nessuno”

A colloquio con don Ernesto Giorgi, vicario episcopale per l’economia. Nel frattempo è giunta la notizia di un incontro tra la Diocesi e le rappresentanze sindacali, fissato per venerdì mattina

“La Diocesi non vuole mandare via nessuno”

Sul caso dell’Istituto “Lugaresi”, sulla quale abbiamo scritto anche la scorsa settimana, abbiamo posto alcune domande al vicario episcopale per l’economia, monsignor Ernesto Giorgi. L'intervista è pubblicata sul numero dell'edizione cartacea in edicola da questa mattina. Nel frattempo è giunta la notizia di un incontro tra la Diocesi e le rappresentanze sindacali fissato per venerdì mattina. 

Don Ernesto, quale vicario episcopale per l’economia lei si pone come una figura intermedia tra il vescovo e l’economo diocesano. Economo che agisce grazie a una procura civile di rappresentanza giuridica della Diocesi. Cosa ne pensa della vertenza Lugaresi e del comunicato dei sindacati del 28 agosto?

La ringrazio della precisazione. Parlo a titolo personale, ma nella consapevolezza del mio ruolo. Il duro comunicato delle organizzazioni sindacali regionali Cgil-Cisl-Uil Scuola del 28 agosto scorso in cui si accusa la Diocesi di voler “chiudere il Lugaresi” interrompendo le attività formative svolte da Engim con “grave danno sui lavoratori, sugli studenti e sugli utenti fragili” è frutto di un equivoco.

Diciamo subito che la Diocesi non vuole cacciare via nessuno che abbia titolo all’utilizzo della struttura. L’equivoco su cui ha giocato e continua a giocare Engim in tutti questi anni è la sua identificazione con la Congregazione dei Padri Giuseppini che è l’ente proprietario del complesso del “Lugaresi”. Da qui nasce il problema.

Abbiamo dovuto prendere atto che la Congregazione dei padri Giuseppini non è più presente al “Lugaresi” e non ne esercita più la direzione, verificandosi in tal modo l’ipotesi prevista dal documento del luglio 1923 sottoscritto dal canonico Lugaresi e dal vicario generale dei Giuseppini dell’epoca. Nel documento si esplicita chiaramente che “se la Pia Società di San Giuseppe dovesse abbandonare la direzione dell’Istituto, in tal caso essa cederà all’ordinario pro tempore di Cesena il capitale ceduto a norma dell’Istrumento dott. Zanuccoli in data 13 Luglio 1923 perché a sua volta lo impieghi sempre a vantaggio dell’educazione della gioventù di Cesena”.

Perché il ricorso da parte della Diocesi al tribunale chiedendo il sequestro?

Ci siamo trovati di fronte a due dati di fatto messi in atto dalla Congregazione dei Giuseppini: da una parte il progressivo “sfratto” a realtà associative cattoliche ospitate nel complesso e la cessione in uso ad altre realtà (non sappiamo per quali ragioni) di significative porzioni del complesso (l’ex residenza dei padri, altre aule). Dall’altra, alla fine del mese di luglio, la comunicazione verbale a genitori e dipendenti che da settembre la gestione dell’Istituto sarebbe passata a Engim.

Nulla di tutto questo è stato mai comunicato alla Diocesi. Di fronte alla logica dei dati di fatto siamo stati costretti a ricorrere cautelativamente alla richiesta di sequestro.

Perché non avete cercato un dialogo?

A seguito della richiesta di sequestro sono intercorse diverse mail fra il superiore generale dei Giuseppini e il vescovo. L’economo diocesano accompagnato dai legali si è recato a Roma per incontrare il presedente di Engim e il loro legale. Il superiore generale e il presidente di Engim hanno incontrato il vescovo. Nessun esito positivo. Abbiamo offerto il 27 agosto al padre generale un’ultima possibilità di contatto fra i due legali, ma per ora non vi è stata risposta.

Che cosa accadrà alla ripresa della scuola? Engim potrà riprendere le proprie attività?

Ribadisco che noi non cacciamo via nessuno. Rivendichiamo la proprietà dell’intero complesso (residuo di un patrimonio ben più consistente ceduto dal canonico Lugaresi ai padri Giuseppini e ormai svanito). Chi ha un contratto per usare l’immobile potrà farlo, a condizione che l’immobile abbia i dovuti requisiti di legge e non si pretenda che sia la Diocesi a farsi carico della messa a norma dei locali. Infine le dico che, per un incontro con le rappresentanze sindacali, la Diocesi è disponibile in qualunque momento.

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