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Caritas con Pastorale sociale e del lavoro

La lezione di monsignor Castellucci su di una "fede che sa stare al mondo"

Nel primo dei tre seminari di studio, proposti dalla Pastorale sociale e del lavoro insieme a Caritas, monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola nella sua relazione ha guidato l’assemblea in un bel percorso ricco di immagini pregnanti e significative.

La lezione di monsignor Castellucci su di una "fede che sa stare al mondo"

Nel primo dei tre seminari di studio, proposti dalla Pastorale sociale e del lavoro insieme a Caritas, monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola nella sua relazione ha guidato l’assemblea in un bel percorso ricco di immagini pregnanti e significative.

Subito ha fatto notare la prospettiva positiva del titolo. Riflettere sul tema “Trasmettere una fede che sa stare al mondo” manifesta la volontà di vivere come cristiani una presenza che sa mettersi in gioco con la propria identità, ma in un confronto dialogante.

“I cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo” (Lettera a Diogneto): è un richiamo e un invito ad una presenza, magari anche nascosta, ma non per questo meno reale e vitale.

Va considerato certo il contesto politico, sociale e culturale nel quale ci si trova a vivere. Una cosa è la realtà di tanti cristiani (sono più di 200 milioni) che sono perseguitati, altra, come la nostra, quella dove sono avversati o semplicemente ignorati. Chiedersi come trasmettere la fede, ovvero come testimoniare il proprio essere cristiani, significa chiedersi quale chiesa vogliamo essere e far vedere.

Il vangelo ci dice di essere una Chiesa che è sale, luce, lievito, che vive una presenza nel mondo capace di mettere in risalto e di valorizzare qualcos’altro da se. La chiesa non esiste per se stessa. Una chiesa che oggi  prenda atto di essere una “minoranza creativa” (Benedetto XVI), “libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa” (Papa Francesco). Una chiesa preoccupata più del contagio che del conteggio, nella quale si vive con lo stile della gioia data dalla consapevolezza di essere amati. Una chiesa che non cede alla tentazione di rispondere all’arroganza con l’arroganza.  

Forse oggi ci si preoccupa troppo di essere credibili e poco di essere credenti. Tutto questo si fonda sulla speranza che è Cristo risorto e vivo in mezzo a noi. Da qui nasce anche la coscienza dell’appartenenza ecclesiale, sulla quale oggi spesso prevale quella partitica. Da una parte i cristiani a difesa della vita dal suo concepimento alla sua fine naturale, della famiglia e dall’altra quelli della vita migrante e indigente, della salvaguardia dell’ambiente.

Monsignor Castellucci ha concluso dicendo che è necessario recuperare anche la sobrietà, l’essenzialità, l’attenzione e la cura per le relazioni, perché più che la fede, che è sempre un dono di Dio, siamo chiamati a trasmettere le condizioni per accogliere questo dono inestimabile.

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