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il ricordo a  20 anni dalla morte

"Maestro di vita. Questo è stato don Lino". Così don Walter Amaducci alla Messa per l'anniversario

Questo sguardo retrospettivo, come tutta la rivisitazione della personalità di don Lino e della sua attività, ha però un impatto sul presente e sul futuro che rimane l'aspetto più importante

Don Walter Amaducci durante il suo intervento di ieri, in Cattedrale, a Cesena, per i 20 anni dalla morte di don Lino Mancini. Foto Pier Giorgio Marini

Di seguito pubblichiamo il ricordo svolto ieri da monsignor Walter Amaducci durante la Messa in suffragio di don Lino Mancini a 20 anni dalla morte. (cfr testo a fianco). Don Walter ha anche ricordato tutto il cammino compiuto fin qui per fare memoria e portare avanti l'eredità lasciata da don Mancini. E ha lanciato tre linee di lavoro per il futuro. 

Era mezzogiorno di martedì 2 ottobre 2001. All'Istituto "Don Baronio", che fu la sua ultima residenza, moriva don Lino Mancini. Erano passati poco più di sette anni dal giorno del suo secondo infarto (quello del 23 maggio 1994) in seguito al quale don Lino aveva lasciato la guida della parrocchia di San Domenico e proprio nella chiesa di San Domenico si svolsero i suoi funerali, giovedì 4 ottobre 2001. Quel giorno "la chiesa straripava di gente, di affetto, di stima e di riconoscenza. Un ‘maestro di vita per numerose generazioni di studenti’, scrissi nel manifesto funebre a nome del Liceo Classico, dove don Lino aveva insegnato per 29 anni dal 1948 al 1977".

Questo ventennale della morte di don Lino Mancini che oggi celebriamo, si incentra sulla Messa di suffragio per la sua anima, presieduta dal vescovo Douglas in questa chiesa Cattedrale, come accadde nel 2011(decennale della morte) e nel 2016 (centenario della nascita). È la preghiera di tutti noi che senza ombra di dubbio giova davvero a don Lino, come espressione di affetto e di riconoscenza, come testimonianza di comunione e di carità cristiana. Questa breve rievocazione introduttiva della figura di don Lino risponde a una seconda esigenza, quella di conservarne e ravvivarne la conoscenza e il ricordo. Ad un mese dalla sua scomparsa, fu dedicata a don Lino un'intera pagina dal Corriere Cesenate. Già allora chi scriveva, intendeva esprimere la propria gratitudine e il desiderio di farlo conoscere a tutti coloro che non lo avevano mai incontrato o frequentato di persona. Nel frattempo, come ho già avuto modo più volte di raccontare, mi era accaduta una vicenda particolare che annotai nel contesto delle riflessioni scritte in occasione del mio XXV di ordinazione, celebrato il 25 settembre di quel 2001, una settimana esatta prima della morte di don Lino. Scrivevo: «Mentre era in atto il mercatino dell’usato, durante la festa parrocchiale del giugno scorso, sono venuto in possesso di alcuni documenti» (...) una «lettera autografa che Pietro Pironi, condannato a morte, scrisse allo zio Armando (zio suo e mio) il giorno prima di essere decapitato in Germania» e altri documenti ancora più inquietanti. «Si tratta dei quaderni spirituali rigorosamente riservati - come si scriveva allora sulla copertina - e di altri quaderni con appunti lucidissimi di lezioni bibliche o di altri argomenti, appartenuti a don Lino Mancini (19 quaderni in tutto). Don Lino - scrivevo - è ricoverato da tempo nella Casa di riposo "don Baronio". La sua vecchiaia, ormai priva dell’acuta consapevolezza e dei limpidi guizzi di genio (...) sta tramontando pietosamente e come soffocata dai tentacoli del contrappasso. E questi scritti, capitati forse non a caso nelle mie mani, sono adesso dentro una sportina di plastica, su un ripiano di mobile nell’ufficio parrocchiale in attesa di una collocazione almeno un po’ rispettosa o fosse anche solo furtiva e pietosa». Desideravo non solo evitare la dispersione di quei documenti, ma unirli ad altri che certamente esistevano e che andavano rintracciati e raccolti. Dovevano però trascorrere ancora alcuni anni prima che dalla convinzione di opportunità io passassi alla decisione di rimboccarmi le maniche (o tirarmele su come faceva don Lino quando stava per sferrare uno dei suoi attacchi) e presentare al vescovo Lanfranchi la proposta di costituire un'associazione intitolata a don Lino. Era il 21 marzo 2007. L’Associazione Don Lino Mancini, fu registrata presso il notaio Giunchi lunedì 22 ottobre 2007 alle 18,30 e il primo di sei convegni dedicati a don Lino si tenne nel salone di Palazzo Ghini il venerdì successivo, 26 ottobre 2007. Il Consiglio direttivo dell'associazione, da me presieduto, promosse e coordinò una meticolosa raccolta di documenti e testimonianze, e una ricognizione dei suoi scritti e dei suoi interventi. Questo lavoro portò, in tempi relativamente brevi, alla pubblicazione dei tre volumi delle sue Omelie (i primi due nel 2009 e il terzo nel 2010) e alla sistematica catalogazione di altro materiale, in vista di ulteriori pubblicazioni (nel 2014 sarebbero state pubblicate le Conferenze e due anni dopo, nel 2016, le Testimonianze). 2 La ricorrenza del decennale della morte, nel 2011, era stata individuata come il termine entro il quale pubblicare una biografia di don Lino. A tale scopo si costituì un gruppo redazionale formato da nove persone. Il volume (di 448 pagine) stampato dalla Stilgraf e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, fu presentato alla città venerdì 7 ottobre 2011 nella chiesa di Sant'Agostino. I 14 capitoli della biografia intitolata Don Lino Mancini. Una vita per Cristo hanno inteso raggiungere non solo una completezza di informazione, ma anche testimoniare la complementarietà dei diversi punti di osservazione, come già nel primo convegno cercavo di mettere in luce quando dicevo che tutti noi (cito) «avremmo solo l’imbarazzo della scelta se dovessimo esporre in un racconto quello che di indelebile è rimasto nella nostra vita, anche adesso nitido nella memoria, grazie all’incontro con lui, con la sua persona, con i sui insegnamenti. Stiamo riassumendo tutto ciò, in questi giorni, con l’espressione "maestro di vita". Questo è stato don Lino. Sicuramente questo. Ma che altro ancora…? Mi parrebbe per il momento abbastanza presuntuoso affermare “don Lino era questo”: i vari capitoli della sua ricca esistenza ne rivelano anche la complessità, richiedono la pazienza di chi sale su una delle sue amate vette, come il Pollice delle Cinque dita del Sassolungo... (scelto come icona del primo convegno) ... salire in alto per vedere di più, per vedere meglio la realtà che sta all’intorno. Questa salita però si può fare solo insieme. Una testimonianza – per quanto vera e viva – non basta, non ne bastano alcune».

Ho pensato in più occasioni che per una prima conoscenza di don Lino potrebbe essere utile avere a disposizione una breve biografia, a metà strada tra gli articoli di tre - quattro pagine apparsi in questi anni e la corposa biografia pubblicata dieci anni fa. Forse anche a noi tornerebbe gradito ripercorrere rapidamente, ma con qualche sosta appropriata, la ricca storia di don Lino, a partire dalla sua nascita a Gambettola il 3 novembre 1916, dodicesimo e ultimo figlio di Giuseppe e Lavinia Amadori. Le prime tappe sono quelle della sua educazione ricevuta in una famiglia dalle profonde radici cristiane e in parrocchia. Poi l'ingresso in seminario con la provvidenziale opera di discernimento vocazionale operata da don Pietro Severi (futuro vescovo di Palestrina) che lo richiamò dopo un primo giudizio negativo un po' affrettato. I 15 anni di seminario - cinque a Cesena, uno a Bologna e nove a Roma - furono quelli di una formazione intensa e culminarono nell'ordinazione sacerdotale del 3 febbraio 1940 e nella chiusura degli studi biblici alla fine del 1942. La sua azione apostolica si dispiegò a lungo nella veste di assistente ecclesiastico in Azione Cattolica, nello Scoutismo, in Gioventù Studentesca e Comunione e Liberazione.

Fu vero maestro nella molteplice attività di insegnante: al Liceo classico "V. Monti" dal 1948 al 1977, al Seminario regionale di Bologna, alla Scuola diocesana di Teologia e all'Istituto interdiocesano di Scienze Religiose di Forlì e negli svariati corsi di aggiornamento per il clero e per gli insegnanti di Religione. Fu sempre attento alle questioni sociali e politiche, anzi personalmente impegnato in esse secondo la sua lucida concezione dell'integralità della vita cristiana e della sua visione alta e concretissima di "cultura" che connotavano il suo metodo educativo, dentro un orizzonte di fede alimentato dalla Sacra Scrittura e da una vita di Chiesa incentrata su Cristo e mai separabile da Lui. Le due ultime tappe furono quelle di parroco a San Domenico, dal 1976 al 1994 e poi quella faticosa e anche dolorosa dell'ultima stagione che lo vide ospite a Palazzo Ghini, alla Casa del Clero e infine nella Casa di riposo "Don Baronio" dove morì esattamente venti anni fa, il 2 ottobre 2001.

Tutti questi fatti, i ricordi e le testimonianze di chi li ha vissuti insieme a don Lino, molti documenti scritti e altri audiovisivi, sono stati accuratamente raccolti e messi a disposizione dall'Associazione, che come ho ricordato sorse nel 2007. Dopo dieci anni di intensa attività, gli "amici di don Lino" ritennero assolto il compito che si erano prefissati. In data 21 febbraio 2017, si riunì a San Pietro l'assemblea dell'Associazione "Don Lino Mancini" che, dopo l'approvazione del bilancio per l'anno 2016 ed inizio anno 2017, decise all'unanimità lo scioglimento dell'associazione. Due giorni dopo fu trasmessa al vescovo copia del verbale dell'ultima assemblea e del prospetto aggiornato della giacenza dei volumi presso la sede associativa di Palazzo Ghini. Fu anche consegnato al vescovo un assegno di oltre duemila euro (2.368), in seguito all'estinzione del conto corrente intestato all'Associazione. Sulla base di tali elementi il vescovo indirizzò successivamente a me una lettera contenente le disposizioni circa i documenti e le pubblicazioni appartenenti all'Associazione e la cura della memoria della figura di Don Lino Mancini. Tutto il materiale d'archivio fu collocato presso l'archivio diocesano, mentre i volumi residui delle pubblicazioni insieme agli atti e ai verbali dell'associazione stessa sono rimasti presso la sua sede ufficiale di Palazzo Ghini.

Questo sguardo retrospettivo, come tutta la rivisitazione della personalità di don Lino e della sua attività, ha un impatto sul presente e sul futuro che rimane l'aspetto più importante. La sua testimonianza di cristiano integrale, di prete zelante, di studioso e di insegnante, di guida autorevole e sicura per le persone e per le comunità, la sua consegna di un "metodo" capace di orientare dentro la novità e l'inedito, dentro il frastuono e la frammentazione, ci danno la possibilità di interpellarlo e di attualizzarne il messaggio ancora oggi, anzi soprattutto oggi. Credo pertanto che, a partire dalla ricorrenza che stiamo celebrando, debba riprendere un impegno nei confronti della figura e dell'eredità di don Lino. Come referente incaricato dal vescovo in seguito alla chiusura dell'associazione, rinnovo la mia disponibilità a raccogliere richieste e proposte e a promuovere un'azione che vedo già necessaria in almeno tre direzioni.

La prima è quella della fruizione dei volumi pubblicati nel decennio 2007-2017 e che in varie occasioni sono stati messi a disposizione nella Libreria di Palazzo Ghini (come in questi giorni) e nella chiesa di San Domenico e che ognuno può trovare e ritirare oggi in fondo alla chiesa Cattedrale a propria totale discrezione. La seconda è quella di agevolare una consultazione telematica, in riferimento ai testi, ma anche alle immagini e soprattutto ai files audio. Ricordo ancora una volta con gratitudine le 115 audiocassette che un mese prima di morire, Peppino Comandini consegnò all'associazione, subito digitalizzate e poi trascritte. La terza, più impegnativa ma a suo modo più urgente, riguarda un lavoro di attualizzazione del pensiero e del metodo di don Lino nel contesto babelico dell'antropologia contemporanea, delle vicende ecclesiali, del panorama culturale, delle questioni sociali e politiche, delle relazioni umane e delle nuove sfide della comunicazione, per la pronta individuazione dei temi che anch'io amo chiamare "inattuali", cioè non legati all'effimero e al transitorio più chiassoso, ma tipici dell'uomo di ogni tempo perché essenziali alla comprensione di sé e della propria traversata sullo scenario della storia.

Sono certo che chi ha conosciuto bene don Lino e ha avuto la grazia impagabile di frequentarlo ha già molte volte operato questo autentico e non pretestuoso discernimento. Credo anche che oggi più che mai ognuno di noi debba accettare e svolgere la propria missione educativa senza riserve, senza deleghe e senza rinvii perché davvero "non di solo pane vive l'uomo". La fame e la sete di "senso" e di verità sono un bisogno primario della persona umana, tanto più impellente e grave, quanto più relativizzato e snobbato, o addirittura relegato nella casella delle "richieste impossibili". La prima lealtà e la prima carità necessarie sono quelle nei confronti di se stessi. Se l'esaltazione della libertà trova in ogni angolo e a ogni pié sospinto paladini e sbandieratori istintivamente percepiti da ciascuno di noi come gli amici e gli alleati più affascinanti, non perdiamo mai di vista l'unico Maestro davvero affidabile, e tratteniamo gelosamente nella mente e nel cuore il suo monito cristallino: "la verità vi farà liberi".

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