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unione europea e fase 2

Coronavirus e ripresa dell'economia continentale. Ancora tanti punti da chiarire e rimane l'incognita tedesca

Daniele Forti scrive al direttore su Mes e dintorni

Nella foto l'europarlamento di Bruxelles

Caro direttore, 

dopo mesi di discussioni e studi la Commissione Ue ha proposto la creazione di un Recovery fund a favore dei 27 paesi membri. In luogo dei 1.600 miliardi di Euro di cui si parlava mesi fa, ora più modestamente si sottoporrà al prima Vertice del 18 giugno un più ridotto piano di 750 miliardi suddiviso in prestiti (loan) e contributi a fondo perduto (grant). Le discussioni andranno avanti a lungo, anche per l’opposizione a tale schema di Austria, Olanda, Danimarca e Finlandia, che vorrebbero eliminare i contributi a fondo perduto. Si prevede che le prime erogazioni potranno avere luogo solo nel 2021, salvo anticipi per 11 miliardi. All’Italia di stima di assegnare 90 milioni di prestiti e 81 milioni di contributi. La Ue si finanzierebbe raddoppiando il proprio bilancio cioè i contributi richiesti ai singoli paesi, oltre alla istituzione di nuove tasse proprie. Nel 2018 l’Italia ha versato alla Ue 17 miliardi e ricevuto fondi per 10,3 miliardi, essendo da sempre un contributore netto.

Secondo la Table A.1: Allocation key di pag. 51 del documento di lavoro ufficiale della Ue (dove non si parla più di Recovery fund ma di “Europe’s moment: Repair and Prepare for the Next Generation, l’Italia riceverebbe 153 miliardi e contribuirebbe per 96 con un netto di 56,7. In questa tabella (che si vuole essere una “preliminary estimation” non si distingue purtroppo fra grant e loan e mancano ulteriori dettagli per paese). La sostanza è che l’intervento Ue, pur posivitivo, si preannuncia modesto e soprattutto in gravissimo ritardo rispetto ai bisogni della ripartenza delle attività produttive e della vita delle famiglie (time is of essence). Esso è inoltre legato ad un piano di investimenti che ciascun paese dovrebbe preparare (volendo da ottobre) è erogabile a rate sulla base della realizzazione di detto piano, che dovrebbe rispettare le priorità indicate dalla Ue (green economy, digitalizzazione…). Insomma, vedremo arrivare qualche soldo forse fra un anno, salvo l’anticipazione di spiccioli, e faremo fatica a fare gli investimenti nei campi proposti! Altre condizionalità dovranno essere esplicitate.

Il 15 maggio si è riunito il Board del Mes, che ha elaborato una Bozza di modello di risposta alla crisi pandemica. L’uso della linea di credito è stabilito nel punto II del documento approvato e riguarda:

-          “Costi sanitari, di cura e prevenzione diretti allo scopo di aiutare il settore sanitario a rispondere efficacemente alla pandemia Covid-19, questi possono includere la parte della spesa pubblica complessiva stimata essere direttamente o indirettamente attribuita a far fronte all’impatto del Covid-19 sul sistema sanitario nel 2020 e nel 2021.

-          Altri costi indiretti relativi alla sanità, cura e prevenzione dovuti alla crisi Covid-19.

I paesi membri che desiderano accedere alla linea di credito Mes dovranno allegare alla domanda un budget di spesa (entro il tetto del 2% del Pil) dettagliato secondo il modello allegato.

Non ci possiamo non domandare che cosa aspetta ancora il Governo italiano a fare detto budget di spesa? Oppure dobbiamo considerare come risposta quanto contenuto nel decreto Rilancio, in cui il fabbisogno finanziario aggiuntivo legato all’emergenza Covid risulta pari a 1,79 miliardi di Euro? Stiamo parlando al massimo di una manciata di miliardi? Appare impossibile arrivare a chiedere 36 miliardi di Euro a fronte di costi sanitari diretti e indiretti legati all’emergenza pandemica.

Inoltre è evidente oggi come debbano essere considerati sogni i propositi di spendere i 36 miliardi al di fuori del budget di spesa come sopra configurato, ad es. c’è chi ha sostenuto che: “Il Mes ci consentirebbe di costruire nuovi ospedali, di rimettere in sesto quelli esistenti, di realizzare case di riposo e reparti sanitari nelle carceri, ci consentirebbe di sovvenzionare la ricerca, di formare medici e di assumere più medici e più infermieri e di pagarli meglio”.

Il costo della linea di credito è esplicitato nella somma del costo di provvista fondi (0,76%?), il margine dello 0,10%, un rimborso spese di servizio del prestito di 0,005% annuali, un costo una tantum dello 0,25%, una “Commitment Fee non ancora quantificata; mal contati, sarebbero interessi totali dello 0,92% annui? (vedasi il punto 10 del documento Mes datato Lussemburgo, 8 maggio ’20, “Proposal from the Managing Director for financial assistance in the form of a Pandemic Crisis Support”). Qualcuno vuole fare una stima ufficiale? Occorre diradare la confusione totale che regna a propostito del tasso di interesse totale effettivo (c’è perfino chi lo confonde con il margine dello 0,10%). Ieri un funzionario danese del Mes ha lasciato intravedere la possibilità di ridurre il tasso.

Nel frattempo il Tesoro italiano continua a collocare con successo i titoli dello Stato: i Btp a cinque anni hanno un rendimento dello 0,91% e i Btp a 10 anni dell’1,42%! Non si comprende il motivo per cui il Tesoro non abbia proceduto a fare emissioni più voluminose con aste competitive di titoli allo scopo di accumulare liquidità a costi più bassi! Oppure diventa chiaro che in Europa e in Italia c’è una manovra congiunta diretta a spingere il nostro paese nelle braccia del Mes.

La valutazione del tasso che verrà proposto deve essere effettuata anche tenendo conto che il Mes pretende che il proprio credito sia ripagato prima di tutti gli altri crediti vantati verso uno Stato richiedente la linea (credito privilegiato). La linea di credito è soggetta a tutte le condizionalità previste dal Trattato Esm, che non sono modificate.

Perché l’Italia non chiede al Fondo Monetario Internazionale l’emissione di Diritti Speciali di Prelievo per 40 miliardi di dollari? Essi non costituirebbero debito finanziario e il tasso è zero!

In questi mesi il nostro paese ha continuato a ricevere un supporto finanziario efficace dalla Bce, che ha continuato gli acquisti di titoli dei paesi membri sul mercato secondario, con l’effetto di ridurre i tassi a cui i vari paesi si finanziano sul mercato e il differenziale fra gli stessi tassi. La Bce continua il programma di Quantitative Easing di 20 miliardi mensili di acquisti (istituito da Draghi) e il Public Sector Purchase Programme di Euro 750 miliardi di nuova istituzione. Con esso sono state superate le limitazioni di acquisti di titoli dei singoli paesi membri sulle base delle rispettive partecipazioni al capitale della Bce (capital key) e il limite del 33% degli interventi sui titoli di un singolo paese membro sul totale. Da notare che gli interessi passivi sui titoli posseduti dalla Bce (circa 400 miliardi) sono restituiti allo Stato Italiano!

Tale cambiamento di politica (per cui la Bce sta finalmente svolgendo il ruolo di prestatore di ultima istanza agli stati membri) è stato fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di stabilità finanziaria di cui sopra. Alcune ore fa la Bce ha annunciato con un comunicato stampa di aver ampliato il programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp)di € 600 miliardi a un totale di € 1.350 milioni con estensione dell’orizzonte alla fine di giugno 2021.

Esso è stato gravemente messo in discussione dalla sentenza del 5 maggio ’20 della Corte Costituzionale tedesca, la quale ha negato che la Bce dipenda unicamente dalle istituzioni della Unione Europea e in particolare dalla Corte di Giustizia della Ue. Ha affermato la propria autorità, definendo illegittime quelle sentenze della Corte di Giustizia emesse “ultra vires” cioè oltre il potere legale o l’autorità proprie della Corte. Ha definito la UE (in mancanza di una costituzione) come una istituzione basata su trattati internazionali fra stati sovrani, in cui la sovranità conferita è delimitata dalle Costituzioni dei singoli paesi Di conseguenza ha definito inapplicabili quelle sentenze della suddetta Corte che hanno giustificato i programmi di acquisto titoli, in particolare il quantitative easing. Esso avrebbe violato il principio di proporzionalità fra mezzi e fini.

Alla base delle decisioni della Corte costituzionale tedesca (a cui possono adire i singoli cittadini tedeschi) sta di fatto la lamentela di molti risparmiatori tedeschi che hanno visto in questi anni di attività del Governatore Draghi i tassi di interessi diminuire fino a diventare negativi, quindi i loro investimenti soggiacere ad una drastica riduzione di redditività. Non avrebbe potuto esser diversamente visto che gli interventi della Bce hanno riguardato innanzitutto l’acquisto di asset finanziari tedeschi sulla base del principio di “capital key”. Ad avvantaggiarsene è stato però il governo tedesco, che ha pagato tassi negativi e ha visto ridursi il proprio debito. Se all’inizio di agosto la Corte costituzionale tedesca obbligherà la Bundesbank a non partecipare più ai programmi della Bce, potrebbe aprirsi una grave crisi istituzionale europea!

Intanto l’Istat ci informa che negli ultimi due mesi la popolazione attiva è diminuita di 400.000 unità, cioè sono aumentati i disoccupati di quasi mezzo milione, molti dei quali non stanno nemmeno cercando lavoro probabilmente per disperazione.

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