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La condivisione salverà il mondo: al centro l’iniziativa della Comunità “Papa Giovanni XXIII”

Ciò che abbiamo non è nostro, ma è un dono per gli altri

Foto di John Hain, da Pixabay

Quello della condivisione è un principio sacrosanto che indirizza l’uomo verso un nuovo stile di vita.

Condividere significa riconoscere che quello di cui disponiamo non è nostra esclusiva proprietà, ma un dono per gli altri. Già l’altro. È costui il vero soggetto del valore-virtù della condivisione. Un altro me stesso che silenziosamente aspetta in disparte che ci si accorga di lui, della sua presenza, infrangendo il muro dell’individualismo egoista per immergersi in quello dell’altruismo solidale.

Don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, era solito affermare che “la condivisione sta nella consapevolezza che l’altro è me stesso. È la passione per l’uomo che entra dentro di noi. È la gioia di essere fratelli che ci rende insopportabile l’ingiustizia, la strumentalizzazione, l’indifferenza”.

È su questa riflessione che si radica il progetto di costruire una società del gratuito. A prima vista sembrerebbe un proponimento utopico anche se, in realtà, il seme è già stato gettato ed è in fase di crescita. Questa filosofia di vita contraddistingue proprio l’azione dell’associazione, sorta dal nulla nel 1968 per opera del prete di strada riminese.

La visione della cosiddetta “sharing humanity” è contraddistinta dall’hashtag #IoSprecoZero, sul quale è stato elaborato un libretto dove sono contenuti idee e consigli utili per restituire alle cose il loro giusto valore.

Si tratta di poche linee guida, Io spreco zero cibo, Io spreco zero oggetti, Io spreco zero risorse, Io spreco zero tempo, Io spreco zero vita, che ad alcuni possono sembrare inutili o banali, ma che per molti possono fare la differenza al fine di convertire la precaria situazione in cui versano.

Quello della “sharing humanity” si presenta, allora, come un concetto interessante rispetto a quello della “sharing economy”, divenuto un fenomeno di portata globale ma sempre ed esclusivamente rinchiuso dentro la sfera economica dove il pensiero preponderante resta quello del profitto.

Al contrario l’umanità collaborativa trae la sua linfa vitale dalla logica gratuita, riassunta dal motto evangelico “si è più beati nel dare che nel ricevere!” (At 20,35). Ad avvalorare questa tesi, ci pensano gli sviluppi negli studi dell’economia comportamentale. Come riportato da Riccardo Viale in un articolo del 2016, apparso sul settimanale “Corriere Economia”, sembra che “investire negli altri ci rende spesso più felici che farlo su noi stessi. […] donare agli altri è un predittore del grado di felicità individuale […]. E ciò ha degli effetti benefici anche a livello fisico. Ad esempio abbassando nel sangue il livello dell’ormone dello stress, il cortisolo. Esistono però delle condizioni perché ciò possa succedere. In primo luogo chi dona deve considerarlo una scelta e non un obbligo. Inoltre il tuo investimento deve permetterti di entrare in contatto con il soggetto beneficiario. Infine devi avere la consapevolezza che la tua donazione abbia un impatto reale sulla sua vita”.

La propensione alla condivisione può davvero salvare il mondo, innanzitutto aprendoci agli altri, perché è nell’incontro che risiede l’autentica ricchezza, e contribuendo alla realizzazione del bene comune per contrastare le ingiustizie e le distorsioni che avvengono nella società.

Per ulteriori informazioni e dettagli sull’iniziativa, consultare il sito www.unpastoalgiorno.org.

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