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Presentato ieri Sulóstar, il libro su tutte le poesie di Cino Pedrelli

Un modo per favorire studi approfonditi sul poeta e la nascita di un corso di lingua dialettale

Presentato ieri Sulóstar, il libro su tutte le poesie di Cino Pedrelli

Caro direttore, 

Ieri pomeriggio, domenica 29 settembre, nell’Aula magna della Biblioteca Malatestiana, è stato presentato Sulóstar, il libro di tutte le poesie dialettali di Cino Pedrelli.

Relatore Marino Biondi, coordinatore e autore del volume Enrico Galavotti, insieme ad Annalia, figlia di Cino, che ha messo a disposizione i relativi faldoni degli inediti.

Sono intervenuti Paolo Zanfini, direttore scientifico della Malatestiana, che ha assicurato la fruizione integrale dell’archivio Pedrelli in biblioteca, dopo lunga e laboriosa catalogazione. Gianfranco Lauretano ha chiarito il rapporto letterario tra Tonino Guerra e Pedrelli, di gran lunga favorevole a quest’ultimo. Poi ha rilevato che le istituzioni urbane non fanno abbastanza per valorizzare il dialetto cesenate come espressione molto significativa della cultura locale.

Maurizio Benvenuti ha notato che il dialetto di Cino, essendo molto urbanizzato, non poteva avere quella “purezza” delle parlate periferiche. Marino Mengozzi ha voluto limitarsi a ricordare l’importanza della Società degli Studi Romagnoli, fondata dallo stesso Pedrelli. Il prossimo convegno si terrà il 12 ottobre. Ultimo volume pubblicato, di Paola Errani, sulla Biblioteca dell’Abbazia del Monte.

Quindi è stato li momento della lettura delle poesie in dialetto, a cura di Maurizio Cirioni. L’autore del testo ha sostenuto che Pedrelli, pur avendo scritto La cumetta nel 1949, mentre Tonino Guerra I scarabócc nel 1946, è il vero capostipite della rivoluzione poetica dialettale romagnola del secondo dopoguerra. Infatti tutti i testi della Cumetta (come risulta anche dall’archivio degli inediti) risalgono al biennio 1940-41, mentre Pedrelli si trovava in Libia a combattere contro gli inglesi.

Il Carteggio con Spallicci, pubblicato due anni fa dalla suddetta Società, non indica che Pedrelli fosse diventato uno “spallicciano”, ma, al contrario, che avesse seguito un proprio percorso autonomo, diverso anche da quello di Guerra e di tutto il Circolo santarcangiolese del Giudizio. In Spallicci aveva soltanto trovato conferma, nel 1941, che col dialetto si poteva dire qualunque cosa, e anche meglio che con l’italiano.

Il volume, pubblicato dal Ponte Vecchio, è di 630 pp. e viene offerto a un prezzo politico, proprio per favorire non solo degli studi approfonditi su questo grandissimo poeta, ma anche la nascita di un corso di lingua dialettale (anche solo per principianti), come già successo a Forlì, Imola e, quest’anno, a Ravenna. Proprio per non perdere un patrimonio culturale così rilevante per tutta la Romagna.

Enrico Galavotti

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