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Rete Re.a.dy, l'intervento dei Popolari per Cesena: "È necessario agire nel concreto contro le discriminazioni"

"Non figura fra gli scopi della rete né la diffusione della c.d. teoria del gender nelle scuole, in violazione della libertà di educazione della famiglia, né il sostegno e l’adesione a eventi tipo Gay Pride", scrivono i Popolari nella loro lettera aperta

Rete Re.a.dy, l'intervento dei Popolari per Cesena: "È necessario agire nel concreto contro le discriminazioni"

Anche i Popolari per Cesena intervengono sul dibattito in corso sull'adesione alla rete Re.a.dy da parte del Comune di Cesena e il comunicato diffuso dal Consiglio pastorale diocesano e dal Consiglio diocesano per le aggregazioni laicali (cfr pezzi a fianco).

Di seguito il testo.

La rete Re.a.dy, che coinvolge Regioni ed Enti Locali, ha lo scopo di contrastare e superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, con un’attenzione particolare rispetto ad altri fattori di discriminazione riconosciuti dalla Costituzione, dal diritto Comunitario e internazionale. 

Per le pubbliche amministrazioni aderenti (al momento circa 230 a livello nazionale; nella nostra Regione fra gli altri i Comuni di Forlì, Ravenna, Rimini, Bologna, Ferrara e tanti altri), la Rete costituisce l’opportunità di uno spazio non ideologico di incontro e interscambio di esperienze e buone prassi finalizzate alla lotta all’emarginazione e al riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt. 

L’adesione a Re.a.dy. da parte del Comune di Cesena, in ottemperanza a una mozione proposta e approvata dal Consiglio comunale ormai cinque mesi fa, si prefigge dunque questi scopi, sia per testimoniare un impegno concreto della città contro le discriminazioni, sia per fornire al personale comunale che opera sul campo strumenti ed indicazioni aggiornate. 

Non figura invece fra gli scopi della rete né la diffusione della c.d. teoria del gender nelle scuole, in violazione della libertà di educazione della famiglia, né il sostegno e l’adesione a eventi tipo Gay Pride. Così come fra gli obiettivi non figura la diffusione dei contenuti e delle previsioni del c.d. Disegno di Legge Zan e neppure l’imposizione di un pensiero unico su identità di genere e orientamento sessuale nella scuola, nel mondo del lavoro, e nella società. 

Riteniamo pertanto che le posizioni assunte dal Consiglio pastorale diocesano e dal Consiglio delle aggregazioni laicali nascano da una non completa o non esatta conoscenza di quelle che sono in concreto le finalità e le attività della rete Re.a.dy. Ci pare che, partendo da contenuti espressi da papa Francesco e dalla Cei – giusti e che condividiamo – se ne ricavi poi un giudizio estremo, che non cita minimamente gli aspetti positivi e che invece attacca con inusuale durezza un disegno di fatto inesistente, forse a causa di ingiustificati timori dovuti a una lettura poco attenta o, in alcuni casi, di una visione che, in nome della tradizione, intende conservare tutto senza discussioni, comprese anche certe storture non in linea neppure coi principi che si professano . 

Rammentiamo con l’occasione che è necessario, invece, leggere con attenzione e senza timori preconcetti, i “segni dei tempi”, come il Concilio ci insegna. Non pertinente agli scopi del Comune – ad esempio – il timore che “favorendo la cultura di indistinzione fra maschio e femmina e l’irrilevanza fra padre e madre” si voglia demolire la famiglia. 

Noi siamo aperti sostenitori della famiglia e ci siamo battuti per realizzare l’Agenzia della Famiglia, da poco istituita nel nostro Comune. 

Riteniamo poi che il riferimento all’eutanasia (tema senz’altro di fondamentale importanza) non abbia alcuna attinenza con la questione, che qui interessa, della lotta alle discriminazioni di natura sessuale e di genere; il volere trattarne insieme non rende onore alla verità. 

Vogliamo invece ricordare che quasi ogni giorno i mezzi di comunicazione di massa ci riportano episodi di violenze a persone cosiddette “diverse” e di pesanti discriminazioni verso Lgbt, che ci devono interrogare anche come cristiani sulle azioni di contenimento di tali fenomeni. Oltre a strumenti legislativi, occorrono interventi educativi e di sensibilizzazione, che creino e sviluppino una cultura del rispetto, anche della diversità. 

Come Popolari per Cesena riteniamo che, oltre alla declamazione di principi, sia necessario agire concretamente contro le discriminazioni anche, ma non solo, nel campo dei diritti Lgbt. 

Sostenendo, tramite l’assessora Labruzzo, l’Assessorato ai Servizi alle Persone e alle Famiglie, siamo convinti di aver operato e di operare per un servizio concreto a favore di chi – anche a seguito della pandemia Covid 19 – si trova ai margini, è bisognoso, è discriminato. Riteniamo che “l’uomo come punto di partenza per un servizio veramente rivolto al bene comune” debba essere anche una persona libera da discriminazioni e condizionamenti, che accede al lavoro e può formare e sostentare dignitosamente una famiglia, inserito ed accolto nella comunità umana e – auspicabilmente – anche in quella cristiana. 

Infine auspichiamo che i due organismi diocesani possano elaborare interventi altrettanto preziosi, puntuali e netti anche su temi di natura economico – sociale, quali l’accoglienza agli stranieri, la salvaguardia del creato, il contrasto all’evasione fiscale e allo sfruttamento dei lavoratori, le politiche di ridistribuzione della ricchezza, la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e tutti quei valori – ugualmente non negoziabili – che ci stanno a cuore, per testimoniare che la Chiesa è vicina al popolo e ne condivide i bisogni e le aspirazioni concrete.  

 

Popolari per Cesena

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